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Alcuni ricercatori predissero nel 2011 le rivolte di questa estate

Un team di studiosi della complessità ha predetto anni fa le rivolte di questa estate. Bisogna fidarsi? A voi il giudizio, vi basti sapere che 4 giorni prima che iniziassero le rivolte in Tunisia nel 2011, dando il via alle rivoluzioni in Nord Africa e Medioriente, si erano messi in contatto con il governo americano dicendo "attenzione, qualcosa di grosso sta per succedere".

Nel 2011 scoppiavano le rivolte in Nord Africa ed in Medioriente, poi chiamate impropriamente "primavere arabe". In quel periodo ci si domandò cosa potesse esserne la causa scatenante. Dare una risposta univoca sarebbe ingenuo e sbagliato, visto la complessità e la diversità dei contesti. Qualcuno però ci provò, adottando proprio il metodo che si basa sulla "teoria della complessità". Marco Lagi, ricercatore del New England Complex Systems Institute di Cambridge, scrisse un paper nell'estate del 2011, titolato "The Food Crises and Political Instabilityin North Africa and the Middle East".

Cosa è la "teoria della complessità"? Si basa principalmente sull'assunto della non-linearità dei sistemi. Nel metodo scientifico significa rinunciare alla correlazione diretta dei fenomeni, per analizzarne aspetti più profondi ed apparentemente non collegati da una visibile causa-effetto superficiale. Da Wikipedia: "Un problema è lineare se lo si può scomporre in una somma di sotto-problemi indipendenti tra loro. Quando, invece, i vari componenti/aspetti di un problema interagiscono gli uni con gli altri così da rendere impossibile la loro separazione per risolvere il problema passo-passo e “a blocchi”, allora si parla di non-linearità".

Lagi e colleghi, attraverso lo studio dei fenomeni complessi, erano arrivati alla conclusione che le rivolte si possano predire in base al prezzo del cibo. Quando si supera una certa soglia, le probabilità che si scatenino rivolte di piazza schizzano alle stelle, e non importa a che latitudine avvenga, o per quali motivi "superficiali" sembrano evolvere. I ricercatori sono arrivati a queste conclusione sovrapponendo i dati forniti dall'Onu sul prezzo del cibo nel tempo, il così detto "indice dei prezzi alimentari", alle date delle varie rivolte che accaddero in giro per il mondo negli anni precedenti. Il risultato è il grafico qui sotto.

Può risultare un'analogia ovvia. Più il cibo costa, meno la gente vive bene. Però Lagi e il suo team sono studiosi della complessità, e non si fermano a questo dato di fatto. Quello che emerge dalla ricerca è che esiste una soglia, un punto di non ritorno, oltre il quale, qualsiasi scintilla, anche non direttamente collegata al livello del prezzo del cibo, può scatenare manifestazioni di piazza. Le cause possono poi essere lette in altri modi - autoritarismo del governo, corruzione, prezzo dei mezzi pubblici, eccetera -, ma in tutti i casi studiati esiste una relazione tra il prezzo del cibo e la facilità con cui si scatenano delle rivolte.

Il 13 dicembre del 2011 - cioè quattro giorni prima che Mohamed Bouazizi si desse fuoco in Tunisia per protestare contro i maltrattamenti della polizia, gesto che diede il via a tutte le rivolte in Medioriente ed in Nord Africa - il team di ricercatori scrisse al governo degli Stati Uniti, mettendo in guardia che la soglia che avevano identificato stava per venire superata.

I ricercatori arrivano quindi a suggerire che basterebbe calmierare il prezzo del cibo per "stabilizzare" il pianeta. Ma nella ricerca non dicono solo questo, dicono anche un'altra cosa interessante: l'indice dei prezzi, secondo le proiezioni del 2011, erano in aumento, e Lagi arrivò a scrivere che se non si fossero prese in considerazione misure quali un freno alla speculazione sul cibo, o l'imposizione di limiti nel consumo di carburanti derivati dal mais, entro l'estate del 2013 - questa estate in cui ci troviamo ora - la soglia sarebbe stata di nuovo superata, e con essa sarebbe aumentata la probabilità di rivolte di piazza.

Il grafico qui sotto completa quello precedente, e include i dati fino al maggio di quest'anno. Come si può vedere i prezzi erano in aumento, e siamo praticamente arrivati alla fatidica soglia:

In questi giorni milioni di persone hanno manifestato in Turchia ed in Brasile. Apparentemente sono proteste che nascono da motivazioni diverse, e tra loro del tutto scollegate. Alla luce però di questo studio viene da chiedersi se in realtà, le teorie della complessità non lineari, possano effettivamente darci un diverso punto di vista sulle cause scatenanti delle confuse rivolte nei vari paesi, che non sembrano tra loro correlate, se si guarda il mondo attraverso un occhio "lineare". Proprio in questi giorni, tra l'altro, altre migliaia di persone stanno paralizzando la Bulgaria, e l'estate è appena iniziata, i prezzi del cibo sono in aumento, e secondo le previsioni - finora azzeccate - dei ricercatori, il picco, come si vede nel prossimo grafico, sarà ad agosto.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di GeriSteve (---.---.---.164) 24 giugno 2013 15:18

    La teoria della complessità è uno strumento importante di analisi della realtà. Però le conclusioni semplicistiche sono attraenti, ma quasi sempre fuorvianti.
    L’aumento di costo del cibo è certamente un elemento scatenanrte delle rivolte (lo è stato anche nella rivoluzione francese) ma i morti di fame non fanno rivoluzioni, soprattutto non fanno rivoluzioni in nome di principi contro le prepotenze burocratiche, per l’istruzione, la sanità, in difesa della laicità e degli alberi.
    Sia nel nord africa che -e ancor più- in Turchia e Brasile c’è stato un lungo progresso economico, ed è proprio l’uscita da situazioni di indigenza che consente di affermare la propria dignità di esseri umani e cittadini. Certo, perchè questo accada occorre un periodo consistente di benessere economico, ma sono anche necessari altri fattori socioculturali che indichino che un altro mondo sarebbe possibile.
    Credo che sia in Turchia che in Brasile fattori socioculturali importanti siano state le promesse elettorali che hanno fatto vincere gli attuali governanti e che però non sono state mantenute.
    E’ soltanto in questi contesti che l’aumento di costo dell’autobus e gli sperperi per il calcio o il rischio di perdere l’ultimo fazzoletto di verde a favore di un santuario del consumismo e un altro dell’islamismo diventano fattori scatenanti.
    Credere che fenomeni di evoluzione sociale così complessi siano riducibili al solo costo del cibo è ingenuo.
    Credere poi che qualcuno preveda il futuro sulla base di alcune previsioni azzecccate significa calcare le orme di chi credeva alla previsioni delle fattucchiere dimenticandosi le tante previsioni fallite e l’ambiguità di quelle realizzate.
    GeriSteve

    • Di (---.---.---.104) 24 giugno 2013 21:33

      Quello che dici è giusto, ma le teorie della complessità ignorano il dato sociologico di per sé, ma sono interessate al sistema in generale. In questo ambito per "complessità di un sistema" non si intendono le sue proprietà intrinseche oggettive, ma piuttosto le proprietà dell’insieme costituito dal soggetto osservatore (e creatore del "modello") ed il modello stesso. Sistemi di questo tipo hanno reazioni non-lineari. In questo caso si parla in accademia di "comportamento emergente" (nel nostro caso, le rivolte). È grossomodo la stessa dinamica che può avere un nutrito stormo di uccelli in volo. Tradotto: non importano le motivazioni nel particolare, ma solo le risultanze sistemiche a determinate condizioni - la soglia del prezzo del cibo - che, indipendentemente da tutto il resto, se oltrepassate rendono statisticamente più probabile l’emergere del comportamento sistemico osservato. 

      Come dici giustamente, non basta solo questo livello di analisi, ci mancherebbe. Però è interessante, perché queste scienze matematiche sono appena all’inizio del loro corso, e nel prossimo futuro saranno pronti i computer quantistici, macchine adatte a risolvere problemi di questo tipo
    • Di Lorenzo C. (---.---.---.104) 24 giugno 2013 21:39
      Lorenzo C.

      Non mi sono firmato, scusa, sono l’autore del pezzo (:

    • Di (---.---.---.119) 26 giugno 2013 13:55


      Progresso economico in Brasile e Turchia senz’altro, ma come sta il loro indice di Gini?(non che quello italiano sia bello). Dalla sintesi di Lorenzo non capisco bene se i teorici della complessità prevedano anche dove le rivolte accadranno e in quel caso come ci riescano, usando un indice dei prezzi unico su scala mondiale? La relazione con i costi del cibo e dell’energia è interessante, se si considera che il Brasile viaggia molto a bioetanolo. Però da canna da zucchero, non da mais...
      DAC76

    • Di Lorenzo C. (---.---.---.24) 27 giugno 2013 22:19
      Lorenzo C.

      Il FAO Food Price Index è un indice creato dalla FAO che tiene conto di 55 materie prime legate al cibo divise in 5 gruppi (Carni, Latticini, Cereali, Grassi, Zuccheri). Viene aggiornato con cadenza mensile, sia in termini nominali che reali, ed è costruito per segnalare le variazioni dei prezzi degli alimenti pesati per su una dieta media. L’indice si basa sui prezzi mondiali, e quindi non calcola le differenze da paese a paese, ma la tendenza globale. Per questo motivo il luogo dove potrebbero manifestarsi proteste non è individuato, e i ricercatori non possono individuarlo (potrebbero scoppiare anche in Italia, per dire, e agosto è vicino, chissà). Quello che fanno è solo rilevare che c’è una qualche relazione intrinseca tra questo indice e la facilità con cui vengono a scatenarsi rivolte in tutte le parti del mondo, rivolte che magari superficialmente non hanno come motivazione nemmeno citata il prezzo del cibo

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