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Il sacrificio inutile di Damiano Ville e dei suoi commilitoni

Non basta additare le responsabilità della politica, per ripagare tante vite spezzate dal fuoco incrociato della Nato e dei Talebani.


La presenza delle truppe italiane in Afghanistan non trova alcuna giustificazione di ordine militare, non ha nessuna motivazione dietro l’aspetto umanitario. La missione militare italiana è fallimentare e l’anno 2010 per l’Italia è il peggiore degli anni trascorsi nell’impegno in oriente.

Il 9 mattina, con la pioggia che cade sulle spalle della mia città, Francofonte, giunge la notizia della morte del caporalmaggiore dell’esercito italiano, in forza agli Alpini, Sebastiano Ville da tutti conosciuto col nome di Damiano.

E’ un mio compaesano Damiano, così ancora giovane la cui vita è fin troppo ingiustamente impegnata e consegnata ad una necessità che non gli appartiene, che non appartiene agli Italiani ed ai Siciliani, in una guerra che non è mai servita alla nazione, che non serve al suo popolo, che non assicura i confini nazionali degli Stati impegnati nel conflitto afghano, che tuttavia serve alla tutela degli affari dei privati, dei gruppi di poteri, dell’economia liberista, così tanto invasiva dei bisogni collettivi e delle necessità dei troppi disoccupati e dei lavoratori, ai quali le guerre negano o strappano ogni possibilità di sviluppo e di una dignitosa soddisfazione occupazionale. Non basta additare le responsabilità della politica, per ripagare tante vite spezzate dal fuoco incrociato della Nato e dei Talebani.

La presenza delle truppe italiane in Afghanistan non trova alcuna giustificazione di ordine militare, non ha nessuna motivazione dietro l’aspetto umanitario.

La missione militare italiana è fallimentare e l’anno 2010 per l’Italia è il peggiore degli anni trascorsi nell’impegno in oriente. I costi dell’intervento italiano in Iraq, nel Libano e in Afghanistan, oltre a quelli elevati ed impagabili in termini di vite umane, strappa risorse utilissime allo sviluppo della nostra terra e comprime quelle che devono essere destinate all’occupazione dei nostri giovani, soprattutto al sud.

Quel sud che è capace di immolare le vite dei suoi figli, per una causa così lontana dai bisogni reali di tanta gente che reclama lavoro e stabilità, sicurezza dell’ambiente e tutela della salute, che vuol uscire con forza dalla gabbia di una politica beffarda ed impietosa, che sa soltanto estendere il suo controllo in ogni settore della vita pubblica e privata, per sottoporla alle sue sfrenate ed indecenti condizioni di asservimento. Francofonte è una cittadina presa ormai da decenni nella morsa di una grave crisi economica ed occupazionale, a causa della quale l’attività tradizionale della coltivazione della pregiatissima arancia-tarocco è stata defraudata delle sue potenzialità commerciali. Qui è vissuto Damiano, da qui è partito per trovare un lavoro dignitoso, non pensando certo di trovare la morte a causa di esso.

Provo una forte indignazione nel sentire le dichiarazioni di circostanza dei politici nazionali e locali, meglio farebbero se stessero zitti, alleggerendoci la vista della loro presenza nelle tv pubbliche e private e nelle piazze.

Resterà nella nostra memoria, purtroppo, l’eco dell’amaro grido di dolore di una famiglia che piange un suo congiunto, un ragazzo arruolatosi convinto di fare la cosa giusta per avere un ruolo nella società contemporanea, ma inconsapevole della miseria intellettuale dei nostri governanti.

Il nostro pensiero va anche ai compagni di Damiano Ville morti insieme a lui nello scenario di questa sciagurata disavventura afghana ed a tutti i nostri militari caduti nelle guerre infami, nelle quali i politici italiani infondono il loro aberrante orgoglio.


ARCHIVIO: Afghanistan. Dal 2004 sono morti 21 soldati italiani


Commenti all'articolo

  • Di paolo (---.---.---.152) 13 ottobre 2010 19:41

    Caro Raiola


    Ti sei beccato quello che ti meriti . Questo e’ quello che ci si deve aspettare da un comunista " nel senso ideologico attualmente in voga che non crede nel materialismo dialettico " . Capire cosa significa questa frase e’ oltre le mie possibilita’ percio’ passo oltre .
    Sono stato e sono ancora oggi sempre piu’ convinto che la guerra in Afghanistan sia stata una scelta demenziale e forse anche criminale che per di piu’ non ha per nulla risolto il problema del terrorismo . Anzi .
    E’ anche pero’ vero che sentire , nell’anno di grazia 2010 , chi propende per un "dialogo" con i talebans per avviare una normalizzazione o e’ illuminato di luce divina o e’ piu’ semplicemente un povero idiota .
    Probabilisticamente parlando propendo per la seconda opzione .

    paolo

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