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 Home page > Attualità > Economia > Abunai-Ki: crisi e opportunità - Il perchè della crisi

Abunai-Ki: crisi e opportunità - Il perchè della crisi

L’ideogramma cinese che esprime il concetto di ’crisi’ è composto da due parti, la prima esprime ’pericolo’, la seconda ’opportunità.

Stiamo vivendo una delle più grandi crisi economiche dopo quella del ’29, se non peggiore. Il fatto è innegabile quanto sbandierato in tutte le salse dai telegiornali alla carta stampata; ma, a parte gli ineccepibili aspetti relegati alla cronaca come le cause, i responsabili, le accuse alle banche e agli speculatori senza scrupoli, ciò che si delinea nell’immaginario collettivo resta un concetto fumoso: tanto rumore e poca chiarezza.
Prendo due piccioni con una fava e partendo da questa considerazione, attinente all’argomento specifico, ne approfitto per presentare la prima puntata di questa rubrica del lunedì il cui primo numero esce il giorno dopo, per cause di forza maggiore, ma che nelle prossime settimane sarà puntuale come un orologio. Naturalmente, nel corso della settimana l’inchiesta si consolida, con la possibilità di aggiungere testi e completare in tal modo il quadro dell’indagine.
 
L’idea di Tema libero, nata da una serie di ragionamenti a cascata sviluppatisi in chat con Francesco Piccinini è quella di una rubrica, appunto, del lunedì che affronti temi che coinvolgono la gente: il fine è quello di approfondire fatti di proporzioni globali o nazionali, portandoli fuori dai confini in cui la cronaca li relega e renderli più comprensibili. Inchieste che, cercando di comprendere le cause dei fatti, non sempre coincidenti con quelle “ufficiali”, possano anche fornire spunti per una discussione; il tutto con un’attenzione maggiore di quella che si presta di solito al “pezzo” letto di sfuggita al bar.
 
Tutto ciò che accade ha sempre una motivazione e, per quanto una verità possa essere occultata o mistificata, di essa restano sempre tracce. È necessario guardare, sfogliare, riconsiderare il passato per costruire un punto di vista attendibile.
 
Tema libero, a cui anche gli altri media sono invitati a partecipare (sono curioso di vedere quali e quante penne raccoglieranno l’invito), presenta e sviluppa inchieste con un’atteggiamento deliberato di sfida nei confronti dei mostri sacri dell’informazione, degli ‘erogatori di verità’, dell’impianto di un’informazione ridondante e a volte eccessiva capace di sovrapporre l’attualità al passato fino a farcelo dimenticare.
 
Siamo investiti da milioni di fotogrammi al secondo, una sequenza di informazioni ad alta velocità; ma si tratta di immagini così sconnesse da renderne quasi impossibile la comprensione; è un film che si chiama storia, in cui il passato contiene i semi del futuro e la spiegazione di ciò che sta per avvenire. Credo che il ruolo dell’inchiesta sia l’opposto del giornalismo di cronaca: non limitarsi a osservare i fatti, ma andare oltre a cercare le cause.
 
La crisi economica del 2008 sta avvolgendo gran parte del mondo occidentale come una nebbia popolata di incubi finanziari. Ha assunto proporzioni mondiali in un’escalation durata pochi mesi: i mutui a tasso variabile sono diventati un peso finanziario inaccettabile per milioni di risparmiatori, ma questa è solo una delle conseguenze, perchè ve ne sono altre subdole e a lungo termine che ancora non si conoscono.
 
Primo fatto curioso: in tutto questo gran parlare, gli esperti sono concordi sulle cause, e da un po’ di tempo molti anche sulle soluzioni da adottare; non ho letto granchè, invece, con altrettanta lucidità analitica sulle conseguenze, gli strascichi. Attenzione, parlo delle conseguenze reali che si succedono sempre ai fatti accaduti e documentati dalla cronaca. Dove sono finite le proiezioni, le stime, le statistiche? Eppure i numeri sono sotto gli occhi di tutti.
 
Secondo fatto curioso: i numeri. Si parla quotidianamente di perdite (o di rari rialzi) di centinaia di miliardi di dollari. Quanto sono comprensibili 400 miliardi di dollari a chi è abituato a ragionare con un’economia che su scala mensile va dai 1.000 ai 2.000 euro (o 3.500-5.000 dollari negli USA)?
Probabilmente, sono cifre che risultano per loro natura incomprensibili a causa della loro stessa portata; chi legge le notizie e i numeri della crisi – senza escludere la fascia alta acculturata di laureati e studenti universitari – con tutta probabilità sarà indotto a rapportare queste cifre alla propria scala di valori economici. Ne deriva una visone della realtà inevitabilmente falsata.
Facciamo un esempio banale: il nostro individuo medio, che vive e paga le rate di mutui e finanziamenti con i suoi 1.500 euro al mese, entra in un bar tabacchi; compra un caffè e una brioche (poco meno di 2 euro) e alla cassa acquista anche un gratta e vinci: totale 5 euro. Se, al termine di questa piccola operazione finanziaria, scopre di non aver vinto nulla uscirà dal locale con un’alzata di spalle. Ben consapevole, il nostro avventore ha effettuato un’operazione ad altissimo rischio con pochissime probabilità di rientro anche soltanto del capitale investito, senza batter ciglio. Questo perchè i tre euro investiti nel “gioco” rappresentano una percentuale di investimento irrilevante rispetto alla sua scala di valori economici, così da accettare di correre il rischio. Per contro, di fronte ad operazioni come l’acquisto di immobili finanziati con mutui a tasso variabile (ma è soltanto un altro esempio), i risparmiatori si affidano a consulenti perchè non ne sanno o non ritengono di saperne abbastanza. Ciò che manca o è molto carente è il peso della proporzione dei grandi numeri, indispensabile per dare una collocazione corretta alle cifre che scorrono sulle pagine dei giornali.
 
La crisi ha avuto origine negli Stati Uniti verso la fine dell’anno o almeno è in questo periodo che si è evidenziata in modo eclatante. Ma tutto ha avuto inizio nel 2004, quando il sistema finanziario americano ha legato a doppia mandata due realtà per loro natura collegate; la prima è stata l’aumento progressivo e continuo dei prezzi degli immobili e la seconda è stata una politica a dir poco sconsiderata degli istituti finanziari, disposti ad erogare mutui immobiliari – teoricamente – rifinanziabili entro qualche anno, a chiunque in modo pressochè indiscriminato.
Una volta innescato questo meccanismo, che come tanti altri fenomeni segue il comportamento delle dinamiche sociali, non è più stato possibile disinnescarlo. L’escalation ha coinvolto a macchia d’olio istituti finanziari e banche statunitensi che a loro volta si sono indebitate sul mercato internazionale esportando come un virus la miccia di una bomba di proporzioni senza precedenti. E la bomba è esplosa nonostante – tardi – anche i governi, americano prima ed europei poi, siano intervenuti cercando di anticipare o arginare il fallimento di pilastri della finanza con pesanti esborsi di denaro: banche e compagnie assicurative.

 
Terzo fatto curioso: chi paga il rischio? I governi non sono fatti di governanti; sono solo quelli che identifichiamo come governi, un nome per avere un riferimento, una convenzione un po’ perversa che ci aiuta a dimenticare che in ciascun paese, soprattutto ne contesto finanziario, il governo siamo noi. Ci troviamo di fronte ad un problema circolare: il governo americano con i soldi dei contribuenti (generalizzazione lecita e realista) sostiene i colossi finanziari sull’orlo del fallimento, perchè questi non sono in grado di esigere il credito contratto con gli stessi contribuenti, che in qualche modo sono chiamati a salvare se stessi. Questo circolo vizioso è alimentato dal fattore tempo. Il ricircolo (su scala mondiale si può parlare tranquillamente in questi termini) di denaro su larga scala interviene come effetto ritardante creando l’illusione che il problema sia mantenuto sotto controllo, mentre il sistema pubblico avvia parallelamente un processo di ripresa.
Alla fine, il rischio sostenuto dalla massa di risparmiatori/piccoli investitori è pagato dagli stessi a prezzi di usura legalizzata.
 
Un giochino – che tutti possono provare – per capire il meccanismo. Supponiamo di avere una comune carta di credito; abbiamo un limite di prelevamento agli sportelli automatici di 2.000 euro al mese. Ciò vale dal giorno 1 all’ultimo di ciascun mese del calendario.
Ma l’addebito sul conto corrente della carta di credito avviene soltanto il 15 del mese successivo; se nel mese di ottobre preleviamo 2.000 euro da sportelli bancomat, questo importo sarà accreditato sul nostro conto corrente il 15 di novembre.
Bene, allora possiamo farci finanziare involontariamente dalla banca, complici altrettanto involontari i servizi interbancari (l’ente che gestisce in Italia Visa e le altre carte di credito).
Fra la metà e la fine del mese, preleviamo – pur non avendoli sul conto – 2.000 euro di contanti a diversi sportelli bancomat utilizzando la carta di credito. Visti i limiti di prelievo giornalieri, saranno necessari circa 8 prelevamenti, con un costo di 3 euro ciascuno.
Totale, 2.000 euro prelevati e 32 euro di spese.
Il mese successivo, fra il giorno 2 e il giorno 12, preleviamo nuovamente 2.000 euro con la stessa carta di credito, guardandoci bene dallo spenderli. Il giorno 14 li verseremo in contanti sul conto corrente. Il giorno 15 arriva il pagamento della carta di credito del mese precedente e tutto funziona a meraviglia. Abbiamo creato dal nulla un finanziamento di 2.000 euro!
Il primo mese in effetti le cose vanno esattamente in questo modo, ma dal secondo tutto si complica, perchè incrementiamo il nostro debito di almeno 32 euro di costi derivati dai prelievi, che il terzo mese sono diventati quasi 100. Se ciò potesse proseguire all’infinito, i nostri duemila euro prelevati il primo mese (e mai reintegrati) in un anno costerebbero 32 euro x 12 mesi, ovvero almeno 382 euro, il che corrisponde a qualcosa di simile ad un interesse annuo di poco inferiore al 20%!
Quanto può durare il giochino? Al massimo, nella migliore delle ipotesi, quattro, cinque mesi. Poi che succede? Ci sono delle sentinelle matematiche che operano automaticamente con i nostri conti correnti. Incrociando i dati questi controllori implacabili “scoprono” che per almeno quindici giorni al mese il conto è scoperto di oltre 4.000 euro; senza troppi complimenti ci ritroviamo costretti a riconsegnare allo sportello della banca la carta di credito e rientrare improvvisamente di 4.000 euro sul conto. Più le spese.
È accaduto ciò che si può definire in gergo (non finanziario), che abbiamo “sfondato” la carta di credito. Questo è naturalmente solo uno dei tanti modi, ma tutti inevitabilmente in un tempo più o meno uguale, portano allo stesso risultato. Teoricamente, se fosse possibile, l’unica soluzione sarebbe poter espandere il giochino utilizzando altre carte di credito, prima con altrettanti conti su banche diverse e poi cominciando a rivolgerci con banche francesi, spagnole, tedesche ecc.
Ciò che abbiamo fatto in modo dilettantistico, è stato contrarre un debito con un istituto bancario e successivamente cercare di rivenderlo allo stesso istituto, il quale ovviamente non ha nessuna intenzione di aiutarci nei nostri propositi, anzi, per essere certi che non accada, il sistema dei controlli automatici, tanto complesso quanto stupido, si innesca quasi sempre anche se l’operazione viene compiuta involontariamente e soltanto perchè abbiamo bisogno di contanti e siamo soliti versare altri contanti sul conto. Come dire piuttosto che correre dei rischi è meglio correre ai ripari.
La domanda che sorge spontanea, alla fine di tutto questo ragionamento (provare per credere, nda), è come mai su larga scala si riesca ad arrivare sull’orlo della bancarotta del sistema finanziario senza che intervenga nessun meccanismo di controllo, di qualsivoglia natura. Perchè, se controllo ci fosse stato, certo è che molti mutui immobiliari americani negli ultimi quattro anni non sarebbero mai stati erogati.
Con questo primo articolo, su Tema libero ci poniamo delle domande a cui troveremo risposta, scovando nelle pieghe di una storia assai recente che – guarda caso – ha inizio quasi contemporaneamente alle prime avvisaglie della crisi. Un’inchiesta in cui, attraverso elementi da sempre sotto gli occhi di tutti, cercheremo di sollevare una discussione argomentata anche dai fatti. Anticipo che prenderemo in esame un caso su piccola scala, quello del crac Parmalat (guarda caso così simile al crac dell’ambrosiano che coinvolse qualche decennio fa la banca, la P2, Gelli e compagnia).
Anche nel caso della famiglia Tanzi il meccanismo è potuto sfuggire ai sistemi di controllo grazie ad escamotage finanziari, geniali quanto delinquenziali. E non si parli di pentimenti perchè la gestione finanziaria del sistema Tanzi/Parmalat/Parmatur era ben lontana dal manifestare alcun tipo di scrupolo.
 
Da almeno cinque anni le cose stanno precipitando in una precisa direzione, mentre la benda mediatica ce l’ha messa tutta per farci girare la testa da un’altra parte. La cosa forse più sconcertante, che lascia veramente di stucco e, purtroppo, lascia ben poco spazio ai fraintendimenti, è che mentre le cose iniziavano a precipitare a rotta di collo, non solo venivano lanciati allarmi da diversi punti di osservazione, ma si stava mettendo a punto in Europa un meccanismo in grado di evitare proprio questo genere di situazioni. Parliamo del Nuovo accordo per il capitale, noto come Accordo di Basilea II. Ironia della sorte, Basilea II sarebbe diventato operativo dopo alcuni anni di test, proprio nel 2008. Gli strumenti per vederci chiaro c’erano, ma si è ritenuto molto più “prudente” far finta di nulla ed ignorarli.
Ma questo è soltanto l’inizio.
 

Commenti all'articolo

  • Di Damiano Mazzotti (---.---.---.154) 12 novembre 2008 13:03
    Damiano Mazzotti

    Ottima idea... chissà che non succeda anche l’inpensabile.... E cioè che he qualcuno inizi a confessare i propri misfatti più o meno grandi.. 

    • Di Enrico Miglino (---.---.---.184) 1 dicembre 2008 10:30
      Enrico Miglino

      L’impensabile mi pare proprio... impensabile, a meno che non si riesca a tirare fuori con le pinze la verità nuda e cruda, semplice, documentata dai fatti. A quel punto, per puro opportunismo ma chissenefrega, qualcuno parla per cercare di mettersi all’asciutto il più presto possibile.

      Enrico

  • Di osservatore solitario (---.---.---.13) 28 novembre 2008 11:14

    Questo è successo ( e succederà ancora ) perchè tutti ( incluse le TV che giornalmente ci raccontano ciò che avviene nelle " Borse di tutto il mondo ) hanno più interesse per l’economia finanziaria che per quella reale , dando ( soprattutto agli sciocchi e agli sprovveduti ) l’illusione di facili e rapidi guadagni.

    • Di Enrico Miglino (---.---.---.184) 1 dicembre 2008 10:28
      Enrico Miglino

      In effetti è assolutamente condivisibile, il tuo punto di vista, però ... non sempre le cose vanno come certi se le aspettano, soprattutto se ci si mette di buzzo buono per rompere le scatole. In effetti (dai un’occhiata alla seconda puntata), la storia insegna, eccome, basta ricordarsi che esiste ed andare a riprendere in mano cose dette e mai più riprese, apposta, dai media. Dalla prossima settimana, inoltre, ti anticipo che l’inchesta dopo un’introduzione necessaria sui fatti, prende in mano la questione storica con un esempio reale e tutto sommato su scala ridotta (solo qualche centinaia di milioni di euro anziche miliardi di dollari) e poi cerchiamo di capire che cosa è realmente successo. Le informazioni e le notizie in effetti ci sono, ma spesso sono anche orchestrate ad arte per essere incomprensibili; il trucco è proprio sempre lo stesso, mettere in piedi un palinsesto di informazioni veloci che altrettanto velocemente si esauriscano. Poi se riprendiamo il passato e un po’ di inchiesta "vecchio stile" condotta sul campo, qualche fortunata coincidenza, qualcuno che parla perchè non sa bene quel che dice, la verità non aspetta altro che venire alla luce...

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