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25 aprile. La storia inedita di Don Morosini, il martire di Roma Città Aperta

Ecco un nuovo 25 aprile. Una nuova commemorazione, una nuova giornata della memoria. Ne sono passate tante, ognuna diversa, ognuna col suo messaggio, con i suoi nuovi o vecchi protagonisti della politica, della storia del nostro Paese.

Ha un sapore particolare questo 25 aprile 2010. Scrive Filippo Rossi su "FareFuturo", il magazine on line legato al presidente della camera Gianfranco Fini: "No, oltre alle discussioni ? importantissime, intendiamoci ? su strategia e tattica, su democrazia interna, sullo strapotere della Lega, su coordinatori, vice coordinatori, poltrone e strapuntini, sui numeri della politica, insomma, c’è dell’altro, c’è molto altro. C’è qualcosa, forse d’impalpabile, che, però, alla fine dei conti fa davvero la differenza, qualcosa che può spiegare quello che sta succedendo meglio di retroscena legati indissolubilmente alla cronaca di queste ore".

25 aprile. La storia inedita di Don Morosini, il martire di Roma Città Aperta

 
Questo qualcosa ha a che vedere con parole magari un po’ in disuso, magari un po’ fuori moda che, però, hanno – ne siamo convinti – ancora un senso per la maggioranza assoluta degli italiani. Le buttiamo là alla rinfusa proprio per la loro importantissima impalpabilità.

Parole come decoro, come serietà, come integrità, come legalità. Parole come sobrietà. Come stile. E come moderazione. Parole come dialogo e come pacatezza. Parole come altruismo e condivisione. Parole come libertà. E come dignità. E come responsabilità.

Parole come partecipazione. E come cultura. Parole, anche, come patria. Parole come Italia. E come rispetto. E parole come democrazia. Come umanità. Come bellezza. Come doveri. E come diritti. Come onestà. E come laicità. E come accoglienza. Come comunità. Come integrazione.

Parole come futuro. Come fatica. Come lavoro. Come amore. Come speranza e come prospettiva. Parole come utilità. E come felicità. Sono tante e altrettante potrebbero essere”.

Può sembrare paradossale che queste parole vengano da un movimento che un tempo si riconosceva, si trovava almeno in parte (ci riferiamo alla Svolta di Fiuggi del 1995), dalla sponda opposta di chi festeggiava il 25 aprile. Ma se ciò accade è un segno dei tempi e va preso in grande, grandissima considerazione. Vuol dire che la Società cambia e che il Futuro è di chi lo vuole costruire facendo criticamente tesoro della storia, ma al tempo stesso guardando a ciò che fa storia.
 

Per questo vorrei ricordare, anche se brevemente, una figura della quale poco si sa e che invece ha fatto e fa parte della Storia del nostro Paese, contribuendo con il suo sangue alla Libertà di Roma e dell’Italia dal Nazifascismo, fucilato a Forte Bravetta, a Roma, in quel lontano 3 aprile 1944. Ce ne resta addirittura una importante traccia cinematografica, ma privata di una contestualizzazione: “Roma Città Aperta”, un film del 1945 diretto da Roberto Rossellini, con la partecipazione di Anna Magnani ed Aldo Fabrizi, straordinario nell’interpretazione del Martire.

Parlo proprio di Lui, Don Giuseppe Morosini, Ciociaro, di Ferentino, Missionario della Congregazione di S.Vincenzo, e Cappellano militare, insignito di Medaglia d’Oro al Valor Militare. Già nominato, per la sua innata propensione nei confronti degli altri, Assistente Ecclesiastico presso l’Istituto Marcantonio Colonna di Roma.

A 24 anni, subito dopo la sua Ordinazione, entra nella “Fortes in Fide”, una associazione cattolica che, fondandosi su un nerbo sociale storico molto importante, celava la sua operatività concreta ed il suo interventismo con il soccorso e la formazione culturale liberale e religiosa in favore delle fasce sociali più disagiate. E certamente fu proprio questo aver voltato le spalle al suo passato che ne sancì definitivamente la sua sentenza a morte.
 

Un vero Patriota quindi, un partigiano che contribuì tenacemente, con la parola, il calore, la dottrina della Chiesa, alla Liberazione di Roma dal nazifascismo. Un vero “monaco guerriero” di romantica memoria. Una definizione peraltro non certo stiracchiata, ma che trova una conferma nelle stesse parole di Sandro Pertini, come poi vedremo. 
 

Fu un’infiltrata, una spia asservita all’Asse Roma-Berlino che riuscì ad ottenere informazioni sulla operatività del religioso, giocando sulla grande ingenuità di un amico fidato di Don Giuseppe, quello stesso che Lui aveva accolto ed abbracciato nella sua casa, consentendogli di studiare a Roma. Fu così che ne dette notizia ai Nazi-fascisti, ma a quelli che avevano sede a Roma.

E già... Perché sembra, con buona certezza, che lo stesso Comando Generale della Ghestapo, insediato proprio a Ferentino, nel Villino Pro, dove viveva con la sua Famiglia il Principe Cesare Pro (Nonno Paterno dell’Amico Don Cesare Pro PIGNATELLI, che ci fa dono di una foto “unica” che ritrae quasi tutti gli appartenenti alla “Fortes in Fide”: al centro in alto il Nonno Cesare, davanti a Lui Don Giuseppe Casali, ed a sinistra il giovanissimo Don Giuseppe Morosini), lo conosceva bene.

E lo conosceva bene per la assidua frequentazione di quella casa, autentico centro di riferimento “movimentista”.

Fu tuttavia arrestato dai nazifascisti “romani” il 4 gennaio del 1944 mentre raggiungeva il Collegio Leoniano, in via Pompeo Magno, in Prati, con l’accusa di aver passato agli Alleati la copia della mappa del settore difensivo tedesco davanti a Cassino, oltre che del possesso di una pistola, rinvenuta tra la biancheria, e del deposito di armi ed esplosivi nascosto nello scantinato del Collegio Leoniano.

Detenuto nel carcere di Regina Coeli, nella cella n. 382, per 3 lunghissimi mesi fu invano “duramente” torturato perché “sputasse” i nomi dei suoi complici. Nonostante l’intervento e l’intercessione anche di Pio XII, oltre che di grandissime personalità dell’epoca, venne fucilato dai nazisti il 3 aprile successivo nel Forte Bravetta. Nel plotone di esecuzione composto da 12 militari della P.A.I. (Polizia dell’Africa Italiana), all’ordine di: "Fuoco!", in dieci spararono in aria. Rimasto ferito, Don Morosini fu ucciso dall’ufficiale fascista che comandava l’esecuzione con due colpi di pistola alla nuca.
 

Lui, nei mesi della sua cruda prigionia, certamente era cosciente della inevitabilità della Sua sorte, e fu proprio Don Giuseppe Casali a portargli il conforto, l’affetto vero dei “fratelli”, il giorno prima dell’esecuzione. La sua serenità era visibile a tutti. Ed a questa non restò indifferente il Presidente Sandro Pertini, che ebbe modo di incontrarlo e conoscerlo proprio in quei tragici momenti, e così lo ricordò:

« Detenuto a Regina Coeli sotto i tedeschi, incontrai un mattino Don Giuseppe Morosini: usciva da un interrogatorio delle SS.. il volto tumefatto grondava sangue.. Con le lacrime agli occhi gli espressi la mia solidarietà: Egli si sforzò di sorridermi e le labbra gli sanguinarono. Nei suoi occhi brillava una luce viva. La luce della sua fede. Benedisse il plotone di esecuzione dicendo ad alta voce: "Dio, perdona loro: non sanno quello che fanno". Il ricordo di questo nobilissimo martire vive e vivrà sempre nell’animo mio »

Una figura, quella di Don Giuseppe Morosini, che la Chiesa può annoverare certamente tra le sue fila di Martiri, quegli uomini che hanno sostenuto la popolazione nei momenti terribili successivi alla proclamazione di “Roma Città Aperta”con una Fede profonda, con una straordinaria vicinanza affettiva verso i più disagiati e verso gli Ebrei e che lo portò ad inserirsi in un quadro generale tattico-strategico, per conoscere, per quel che era nelle sue proprie possibilità, movimenti, strategie e dislocazioni di armi e uomini

Ed ogni anno, proprio il 3 aprile, lo ricorda anche Ferentino, suo paese natale, in Ciociaria, a 70Km da Roma, una cittadina evidentemente ricca di una storia che va ben oltre la sua generica conoscenza, come lo stesso principe Don Cesare PRO PIGNATELLI ci ha insegnato camminando per le sue strade, gemellata peraltro con Avellino nel “Premio Cultura” a lui intitolato, di cui è presidente e fondatore, insieme al defunto collega Alberto Cedrone, l’irpino Prof. Carmelo Testa, cittadino onorario di ben nove città italiane, tra cui la stessa Ferentino, e tra i primi ad entrare, al comando del Gruppo “Friuli” nella liberata Bologna. 

Una gigantografia campeggia dietro l’altare del Duomo della Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, che domina dall’alto tutta l’alta Valle del Sacco. E’ l’immagine di un uomo sorridente, di un sacerdote che ancora oggi rassicura con il suo sguardo intenso e profondo, chi si avvicina a Lui, chi vive in quelle terre, anche se non lo conosce.
 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.109) 24 aprile 2010 09:18

    COMPLIMENTI !!

    Donna Grazia, hai scritto uno splendido articolo.

    Un ricordo come quello del caro Don Giuseppe che certamente fa Onore a TUTTI quelli che si sono adoperati con tenacia ed autentico sprezzo della vita per darci  LIBERTA’ e DEMOCRAZIA, quelle stesse continuamente minate da ogni parte, in primis da quell’indifferenza a questi valori, tutt’altro che casuale.. VOLUTA !! 
    E voluta da tutto quel "movimento socio-culturale" che controlla letteratura, filosofia, storia e comunicazione, la Società insomma, ormai da circa 30 anni, da dopo il ’68-’75..

    Una Società che non conosce la sua Storia, è un albero senza radici, senza il suo fondamento, che quindi non sa in che direzione crescere, quale, in che direzione, deve essere la sua evoluzione futura.
    .. E’ un palloncino al vento ancorato da un filo sottile, facilmente dislocabile a piacimento, in particolare da coloro che amano "manipolare" o tenere i fili delle più becere alchimie, contando appunto sull’ignoranza della Gente, talmente presi dal loro tornaconto da non curarsi che quel filo potrebbe anche rompersi.

    Qui il compito di coloro che sono latori della Storia.. e non semplici ripetitori delle storielle riportate da libercoli sciocchi e/o da internet : rinsaldare le radici e le ancore, gli ormeggi, alla Realtà, da cui ripartire con razionalità e concretezza per far fronte alle grandi sfide del futuro, non ulteriormente demandabili, per la criticità a tutto tondo della situazione attuale.. 
    Questo deve essere l’imperativo di Chi sente dentro di sé una simile responsabilità sociale e culturale. 

    Don Cesare I° PRO PIGNATELLI

  • Di Grazia Gaspari (---.---.---.3) 24 aprile 2010 10:46
    Grazia Gaspari

    Cesare ti ringrazio, ma come già ti ho detto, il merito va tutto a quelle persone che sono i protagonisti della nostra storia. 


    Don Morosini, un prete che avrebbe potuto defilarsi e invece si è prodigato per tutti. Un combattente, un partigiano., un martire: non ha fatto i nomi dei suoi compagni nemmeno sotto tortura per non arrecare loro il benchè minimo danno!

    Il Vaticano ha spesso polemizzato con la Teologia della Liberazione, i gesuiti e tutti quei sacerdoti che in America latina sono scesi a fianco dei campesinos e della popolazione contro le dittature. 

    In realtà la Chiesa cattolica ha da sempre annoverato tra le sue fila dei veri e propri combattenti che al momento opportuno sono scesi apertamente in campo! Purtroppo ha sempre cercato di minimizzare e di nascondere! Posso anche capire i motivi. Peccato perchè sono pagine straordinarie di coraggio e di amore.

    Capisco Sant’Agostino quando dice: "ama e fai ciò che vuoi" Ciò che conta è l’amore, l’aiuto al prossimo.... il resto (disquisizioni e formulette dottrinali) è secondario!
  • Di (---.---.---.27) 24 aprile 2010 11:49

    Cara Grazia, bellissimo articolo che mi ha commosso. Nel marzo del ’44 il fratelli più grandi di mio padre, Mario e Bruno ( infatti io mi chiamo Brunamaria), partigiani in Abruzzo, furono catturati dai tedeschi e torturati a morte ( lingua e occhi strappati) affinché parlassero ( cosa che non fecero), poi bruciati e buttati non si sa dove, mio nonno non ritrovò mai più i loro resti. Sono fiera di apprtenere ad una famiglia di persone che hanno combattuto ( mio padre, mio nonno e mia madre partigiani) per la libertà di questo Paese.

  • Di (---.---.---.32) 24 aprile 2010 12:05

    un bellissimo articolo che ci ricorda le nefandezze del nazismo...le torture..e poi le orribili esecuzioni..
    iva testa

  • Di pv21 (---.---.---.197) 24 aprile 2010 19:48

    Veniamo all’attualità. Fini ha traghettato, con difficoltà, lo MSI ad AN e poi dentro il PPE. Ora sembra aver perso il timone della nave che punta verso il partito "carismatico". Potrebbe essere l’inizio dell’inversione a U per molti nostalgici vecchi e nuovi. Occorre subito ritrovare il valore di Parola e Merito ... (altro => http://www.vogliandare.it/nat/nc1.html

  • Di Filippo Cusumano (---.---.---.214) 25 aprile 2010 00:56
    Filippo Cusumano

    Veramente un bell’articolo, Grazia. Complimenti. Filippo Cusumano

  • Di Rocco Pellegrini (---.---.---.3) 25 aprile 2010 09:42
    Rocco Pellegrini

     Bene Grazia, davvero commovente quest’articolo. Si può stare dalla parte della libertà sotto tutte le bandiere perché quel che conta non è la maschera ma la sostanza che splende nel cuore di un essere umano. Giuseppe Morosini illumina e giustifica una generazione che seppe dare se stessa a vantaggio di tutti, un gigante del coraggio e della perseveranza...

     Grazie, ancora.

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