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2 Giugno: servire la patria

2 Giugno: servire la patria

La parata del 2 giugno è come il concerto di Capodanno da Vienna: non si può perdere e - accetto qualsiasi critica - magari con una lacrimuccia che sgorga dalla coda dell’occhio.

Come disse qualcuno, sono un pacifico ma non un pacifista, sono per il porgere evangelicamente l’altra guancia, ma poi basta. Lo stesso Gesù almeno una volta nella vita si incazzò, prese la frusta e menò colpi ai mercanti che avevano trasformato il tempio in un suk. Quando ci vuole, ci vuole.

Chi, come me, appartiene alle generazioni sottoposte alla naja obbligatoria, sa di cosa parlo. Oggi che la costrizione è volontaria tutto è diventato professionale: fare l’artigliere o il poliziotto è diventato un lavoro come un altro; be’, non proprio come, perché bisogna mettere in conto il rischio della vita per un Bene Superiore.

Alcuni reparti più di altri maturano al loro interno una solidarietà tutta particolare, lo spirito di corpo, che ti fa sentire così anche dopo il congedo. Così è per gli alpini, così per i Lagunari dove ho prestato servizio. Forse è il fatto che la nostra leva è sempre stata a livello locale, più che regionale, che la caserma era a cinque minuti da casa, che ci si ritrovava al battaglione con i propri amici di bar, che l’ufficiale superiore era un compagno di liceo, che comunque ti sentivi figo con il fazzoletto rosso ed il leone di san Marco al collo, fatto sta che semel lagunare, semper lagunare, anche quando un tuo compagno viene ucciso a Nassiriya.

Nei miei mesi di naja ho avuto la fortuna di incontrare un sergente maggiore, un firmaiolo si diceva allora, che mi ha fatto capire perché ero stato chiamato a dare un anno della mia vita interamente allo Stato, perché ciò era più importante rispetto al fatto di perdere un anno di stipendio da "civile". Penso di essere stato uno dei pochi fortunati a cui è stato fornito questo messaggio: per tutti la naja è (era) un gran rompimento, con disciplina e procedure assurde, addestramenti inutili e tanto tempo perso allo spaccio o sulla branda.

Il sergente maggiore Parodi, una sera che ci eravamo trovati insieme a fare la guardia al Comando, mi illustrò il ruolo strategico del nostro corpo, e quindi di ognuno di noi: difendere la costa dal Tagliamento al Reno in caso (allora) di un attacco da parte delle truppe del patto di Varsavia. Dato l’allarme dovevamo essere immediatamente dietro le dune della spiaggia a respingere il tentativo di invasione. Il centro della questione era che oguno di noi era chiamato a difendere non un concetto astratto di patria, ma cose concretissime come la propria casa, la moglie, i figli, i genitori ed i fratelli, gli amici, la propria terra in senso fisico, palpabile.

Questa è l’essenza di quell’art. 11 della nostra carta Costituzionale, là dove si dice che l’Italia ripudia la guerra. Esserne coscienti è un piccolo mattoncino per la costruzione della pace, anche se in armi.

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