11 anni fa la morte di Carlo Giuliani. Cos’è successo davvero quel 20 luglio in Piazza Alimonda
Ricorre oggi l’anniversario dell’omicidio di Carlo Giuliani. Lo scorso marzo avrebbe compiuto 34 anni. Ieri questo post pubblicato su Giap dal collettivo Wu Ming ha dato adito ad un’interessante discussione. Generalizzando: siamo sicuri che le narrazioni dominanti inerenti l’omicidio Giuliani, siano quanto meno “corrette”?
Lo Stato italiano ha emesso il suo verdetto già da alcuni anni: il carabiniere Mario Placanica è stato prosciolto dall’accusa di omicidio; avrebbe sparato per legittima difesa e l'uso dell’arma fu giudicato legittimo. E' questa la famosa sentenza del 2003, quella che verteva sulla quantomeno affascinante perizia che voleva il proiettile che ucciderà Carlo deviato accidentalmente da un calcinaccio lanciato in aria, probabilmente, da un manifestante.
Perché allora continuare a parlare di questa storia? Perché per molti le cose non sono andate così e tentare di bonificare le “narrazioni tossiche” è per alcuni una pratica necessaria.
Per ovvie ragioni non è possibile descrivere qui il come si è arrivato a quel venerdì 20 luglio 2001, si potrebbe partire da Göteborg da Seattle o da prima ancora, per aver un’idea del clima che si respirava a Genova in quei giorni basti pensare al dispiegamento delle forze in campo: 18 mila uomini tra Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato e Forestale, si parla di possibile attacco terroristico, di sacche di plasma infetto che i manifestanti, venuti da tutto il mondo, lanceranno contro le forze dell’ordine per seminare il terrore, una zona della città ligure viene blindata, denominata zona rossa, recintata e presieduta da uomini e carri armati, per la prima volta si parla del "black bloc" (termine che la stampa italiana storpierà in "black block" e diventerà, a tutt'oggi, rozzo sinonimo di un’infinità di cose: violenti, anarco-insurrezionalisti, vandali, saccheggiatori e quant’altro).
Verso le ore 17.00 del 20 luglio, la compagnia Echo dei carabinieri (uno dei reparti formati nei mesi precedenti al G8, le famose "Compagnie di contenimento ed intervento risolutivo" nate per fronteggiare la manifestazione e su cui tanto si potrebbe dire) esegue un ordine insolito: caricare il legittimo corteo che stava sfilando in via Tolemaide all’altezza di via Caffa, così da colpirne un fianco. Data la conformazione urbanistica veniva di fatto preclusa ogni via di fuga ai manifestanti alcuni dei quali, trovandosi imbottigliati, decidono di reagire.
A questo punto all’Arma dei Carabinieri la situazione sfugge di mano, sono costretti a ripiegare in modo disordinato e precipitoso, uno dei due Land Rover che chiudevano la carica delle forze dell’ordine (con a bordo Mario Placanica, fatto salire precedentemente perché colpito da un attacco di panico e lievemente intossicato dai lacrimogeni che doveva passare al maggiore Cappello, più bravo di lui, a detta del carabiniere semplice, nel lanciarli contro i manifestanti) si blocca in piazza Alimonda, incapace di continuare la manovra a causa di un cassonetto, i carabinieri si trovano a neanche trenta metri dalla camionetta, alcuni manifestanti continuano gli scontri (poche decine a fronte delle centinaia di cui si parlò subito dopo i fatti).
A questo punto succede l’irreparabile. Alle ore 17.27 Placanica arma la pistola e minaccia di aprire il fuoco; Carlo Giuliani, che secondo alcune ricostruzioni si troverebbe a più di 3 metri dal Land Rover (e quindi non a distanza ravvicinata come illude la foto di Reuters che fece il giro del mondo), raccoglie un estintore vuoto precedentemente rimbalzato contro la vettura e lanciato da un altro manifestante (da una simile distanza quale danno avrebbe potuto recare?), in questo preciso momento viene raggiunto da un proiettile all’altezza dello zigomo sinistro e si accascia al suolo (due colpi furono esplosi, il secondo verrà trovato molto tempo dopo, conficcato nella chiesa di Nostra Signora del Rimedio). La vettura con a bordo tre Carabinieri (anche se diversi testimoni giurano che fossero quattro gli uomini in divisa) fa retromarcia e poi manovra in avanti, passando per due volte sul corpo del giovane. Carlo continua a perdere sangue, gli si avvicina un manifestante inglese, sente il suo polso debole ma ancora presente, poi i carabinieri si riorganizzano, lanciano altri lacrimogeni, caricano i manifestanti, forse calpestano, forse prendono a calci il corpo di Carlo e riconquistano la piazza.
Esiste poi un cono d’ombra, prima che sopraggiunga la scientifica e l’ambulanza. In questo lasso di tempo, circa venti minuti, succedono ulteriori episodi su cui mai è stata fatta luce: il fotografo Paoni viene malmenato (riporterà una mano fratturata, oltre a varie contusioni), le sue due macchine fotografiche distrutte, un carabiniere si piega sul corpo ormai senza vita di Carlo, compare un sasso insanguinato vicino al volto dilaniato del ragazzo, poi arrivano alcuni giornalisti ed il vice questore aggiunto Lauro si lancia nell’indimenticabile inseguimento di un manifestante rimasto nelle vicinanze, indicandolo come l’assassino; intanto la jeep con a bordo Placanica scompare dalla scena per correre in ospedale (oltre a Placanica un altro carabiniere era stato lievemente ferito negli scontri).
La sera stessa il mondo politico parla di legittima difesa, Ciampi invoca la fine delle manifestazioni di protesta e frasi come “se l’è andata cercando” iniziano pericolosamente a circolare. Il giorno dopo è la volta della Diaz e di Bolzaneto, un’altra storia.
I commenti più votati
Commenti all'articolo
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina
Se non sei registrato puoi farlo qui
Sostieni la Fondazione AgoraVox