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Le circostanze ripetibili: narrazione di una vittoria contro il racket

Di Ugo Di Girolamo (---.---.---.19) 2 settembre 2012 21:03

Il suo modo pacato, civile di ragionare mi induce a proseguire il dibattito con Lei per precisare alcune cose.

1- Circa l’identificazione tra antiracket e camorra le faccio osservare che non sono io a operarla e ad attribuirla a lei. E’ tutto l’articolo che corre sul filo di questa identificazione non espressamente detta ma sottesa. E’ lei che parla di "modello Ercolano" ...grazie al quale ..." i clan camorristici della zona sono stati praticamente sgominati nel giro di un lustro".

Guardi io sono di Mondragone, area dei mazzoni (ovvero area dei casalesi), tra il duemila e il duemilatre il magistrato Raffaele Cantone (che lei conoscerà di fama) sferrò una offensiva micidiale contro un clan tra i più potenti della provincia di Caserta. Fece terra bruciata, arresto tutti, ma proprio tutti i compnenti della banda che imperversava da un tempo indefinito. A Mondragone quasi tutti gioirono, ci fu un deputato che si sbilanciò ad affermare "... quì la camorra non esiste più, lo Stato ha vinto". E’ inutile che le stia a raccontare il seguito, può immaginarlo da solo.

2- Antistato, è lei che parla di "...una contro-istituzione che sembra essere più radicata dello Stato". Contro e anti significano la stessa cosa, istituzioni e Stato sono significati intercambiabili.

3- "Per quanto riguarda il ceto politico che lei (giustamente) stigmatizza, è bene notare che esso è sempre espressione del popolo che rappresenta" , si in ultima analisi è così, ma questa è una espressione che poi non porta a nulla e nasconde l’autonomia di un ceto sociale (quello politico) che in quanto portatore di interessi propri differenti da quelli degli amministrati ha delle proprie dirette responsabilità nella gestione della cosa pubblica. Il magistrato Piergiorgio Morosini ha pubblicato a fine 2011 un libro nel quale ripercorre tutti i rapporti tra ceto politico e mafie in 150 anni di storia unitaria. Cosa che ho fatto pure io in un articolo precedente che le consiglio http://mafiepolitica.blogspot.it/2010/08/mafie-e-politica-150-anni-di-rapporti_07.html, solo per la brevità rispetto al libro.

Tutto questo non è assolutamente volta a sminuire la validità e la positività dell’esperienza di Ercolano, né è mia intenzione giudicare negativamente il suo articolo (per il quale ho espresso un voto positivo), la mia intenzione era semplicemente quella di richiamare l’attenzione di quanti sono interessati alla sconfitta definitiva delle mafie su quello che io (con una mia pubblicazione nel 2009), Nino Di Matteo e Piergiorgio Morosini nel 2011 abbiamo definito il nodo centrale della questione mafiosa: il rapporto tra politica e clan, nonché la rottura di questo rapporto attraverso una lotta alla corruzione, vista quest’ultima come la porta d’ingresso dei clan nelle istituzioni.


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