Non ha risposto alla domanda. D’altra parte non è che ci contassi.
Lei scrive: "In ballo c’è la proposta ideologica di superamento reazionario del sistema democratico. Basta leggere qualcosa di Dugin per capirlo, è assolutamente chiaro."
Bene, poniamo che questo sia vero, che i bisbigli di Dughin si riversino nell’orecchio di Putin passando da un orecchio all’altro di Glazyev. Lei pensa che stringere d’assedio la Russia, minacciarla (non facciamo finta che questo non sia, per favore), mostrificare il suo presidente, possa indurla ad abbandonare certe tentazioni?
Oppure non è vero piuttosto il contrario, che quanto più l’assedio si stringe, le minacce aumentano, la mostrificazione diventa assordante, tanto più l’indignazione, l’offesa per accuse che non si riconoscono fondate, la tendenza a semplificare e polarizzare i termini dello scontro, spinge esattamente nella direzione che, a parole, si vorrebbe contrastare?
Anche questa è una domanda retorica: certo che è così, è ovvio. E’ tanto ovvio che, ne sono certo, anche i promotori della campagna contro la Russia di Putin lo sanno perfettamente. E se lo sanno, come è sicuro, allora la loro campagna ha un verso nominale e uno sostanziale che sono di segno opposto. Uno buono per i gonzi, che sperano di armare contro il Nemico, e l’altro per indurre il Nemico a diventare un nemico reale. Propaganda di guerra, appunto.
Però mi chiedo una cosa: questi signori, i maestri di pensiero, i grandi proprietari di mezzi di informazione, che organizzano e alimentano la propaganda di guerra, non temono che se le loro strategie fossero smascherate la gente si incazzerebbe con loro?
Non scorgono i primi chiari segni rivelatori della diffidenza nei destinatari delle loro rappresentazioni tendenziose? E se si ritrovassero, soli, a suonare le trombe di guerra in mezzo ad una moltitudine che li osserva ostile, che finalmente si rende conto di come abbiano tentato di usarla come carne da cannone? Se mai dovesse accadere non sarebbe affatto divertente.
Quale sarebbe invece il modo migliore per indurre la Russia a starsene lontana dal nuovo Rasputin (sempre che vi sia qualche fondamento nel pericolo segnalato con tanta accurata verosimiglianza)? Vabbè, soprassediamo.
Scrive: "Ho già scritto tre o quattro articoli sui cambiamenti di paradigma politico nel mondo. Russia e USA sono al centro dell’attenzione, ovviamente, non solo perché sono i "grandi", ma anche perché in questi due paesi i cambiamenti in corso sembrano in procinto di produrre crisi sistemiche."
Si, è vero: qualcosa è cambiato (bel film). Però non saprei dire se le crisi sistemiche che si annunciano tenderanno al segno negativo o a quello positivo nelle loro tendenze principali. Penso si possano anche rappresentare le tendenze incombenti come crisi di una crisi. Se così fosse il segno sarebbe positivo. Ma molto dipende da come viene vissuto individualmente il contesto attuale. Non c’è dubbio che per l’uno per cento della popolazione mondiale (la parte fortunata) la crisi di ciò che ora costituisce le basi del suo benessere sarebbe una vera iattura. D’altra parte per la componente meno fortunata e più numerosa dell’umanità la iattura sarebbe la permanenza dello stato di fatto. Questo stato di cose, così come è ora, costituisce già una situazione di crisi: le tensioni sono diventate troppo acute, il sistema era mal tarato e ha consentito che si superasse il livello di tensione fino al punto di rottura.
Dunque forse è bene che questo contesto vada in crisi: magari riesce a ritrovare un equilibrio più stabile. Si tratta di capire se potrà essere una crisi controllata oppure un disastro. E’ difficile dire se una volta innescato il crollo del superattico abusivo il resto dell’edificio rimarrà in piedi.
Molto dipenderà da quelli che avranno le maggiori responsabilità nella vicenda. Se saranno persone oneste, e avranno a cuore i loro simili e rispetto per loro, potremmo uscirne bene. Questo esclude la greppia neocon-sionista, ovviamente. Quella per cui Putin è il Nemico.