Premesso che apprezzo e uso l’informazione che SiriaLibano fornisce ai suoi lettori, e che personalmente di questo vi ringrazio, continuo a non condividere l’affermazione che la vostra scelta prospettica sia l’unica vera e autenticamente utile.
In casi come la crisi siriana esistono disegni che possono essere percepiti solo se visti dall’alto, come i disegni di Nazca. La vostra scelta, ripeto: utile e meritoria, è di comunicare quello che avviene sul terreno, vicino alle persone che la crisi la vivono direttamente.
Chi, come voi, ha parenti e amici torturati o uccisi dal regime di Assad, chi si trova in mezzo alla distruzione causata dalle sue bombe, ai corpi dilaniati di donne e bambini, non può non sentire come un insulto ogni argomentazione che prenda le distanze da quella realtà, che suoni giustificazione o tolleranza per gli autori di quei crimini: lo capisco.
Tuttavia dovreste tenere presente che esistono decisori potenti che influiscono su ciò di cui siete testimoni, che quei drammi e quelle ingiustizie li determinano da molto lontano, che non sono affatto coinvolti in nessuna delle mille ingiuste tragedie che quotidianamente avvengono e di cui voi siete partecipi.
Io cerco di seguire i loro ragionamenti, di prevedere le loro mosse, di ricostruire le loro ragioni e i loro obiettivi, col desiderio che avete anche voi: che la gente comune torni a vivere nella normalità, che smetta di essere colpita.
Della sorte dei combattenti mi interessa poco. Chi prende le armi per ragioni più o meno condivisibili, per affermare la giustizia o l’ingiustizia, lo fa per uccidere o per essere ucciso, accetta il suo destino e cerca di determinarlo per sua scelta. Ma le persone pacifiche, gli inermi: che sono la sostanza, l’anima, il futuro, di un paese o di un popolo, quelli desidero che siano rispettati e difesi a prescindere.
Se per ottenere questo, per avere il male minore per loro, ritengo sia necessario arrivare a patti col diavolo, ebbene lo dico con franchezza e chiaramente.
Lei non crede che sia possibile uscire dalla crisi negoziando col regime, che sia necessario ad ogni costo che Assad cada, perché anche l’ISIS è meglio, perché se anche Assad fosse l’unica alternativa all’ISIS questa alternativa andrebbe rifiutata.
Questa è esattamente la posizione di quelle potenze straniere che fin dall’inizio hanno rifiutato ogni mediazione, che hanno scelto di non agire per riformare il regime, di non tentare nemmeno di spegnere le fiamme del conflitto quando ancora era possibile, bensì di porre un solo imperativo: il regime deve cadere.
Beh, non sono d’accordo: l’imperativo dovrebbe essere la salvaguardia della popolazione civile, non la caduta del regime.
E il fatto che SiriaLibano o Trombetta o qualsiasi altro trovi ridicola questa mia posizione, che poi è la posizione che dovrebbe assumere chiunque consideri il diritto internazionale come riferimento principale del suo agire, non mi smuove di un millimetro.
Lei sa, Trombetta, che il regime ha consegnato le sue armi chimiche: l’atomica dei poveri, l’arma di dissuasione più convincente contro possibili attacchi. Lo ha fatto grazie alla minaccia delle armi e al lavoro della diplomazia.
Per motivi analoghi ha riformato le istituzioni siriane, su pressione della diplomazia russa e della minaccia di attacco NATO, varando una nuova costituzione, offrendo, perché costretto, la possibilità di risolvere il conflitto pacificamente.
Ma lei afferma, con una sicurezza contraddetta da questi precedenti, che il regime non accetterebbe di svolgere elezioni libere sotto la supervisione degli organi di garanzia internazionali. E continua a sostenere che il regime deve cadere ad ogni costo, anche se il costo maggiore: lei lo sa, lo pagherebbe la popolazione civile della Siria.
E’ in buona compagnia: Arabia Saudita, Qatar, Turchia, USA e tutti gli altri paesi accodatisi alla loro iniziativa, riuniti nel gruppo Amici della Siria, la pensano come lei. Lo pensano per la Siria, lo pensavano per la Libia: una crisi fotocopia di quella siriana.
Fotocopia per gli slogan, per il programma e le procedure seguite, per le posizioni adottate, e perfino per la nomenclatura scelta per i vari organismi dell’organizzazione e dei gruppi.
L’unica differenza di rilievo tra l’una e l’altra crisi è il fatto che il Consiglio di Sicurezza ONU non ha potuto decretare per l’abbattimento manu militare del regime a causa del veto di Russia e Cina.
Osservi cosa è oggi la Libia, cosa è diventata a causa dell’imperativo di abbattere Gheddafi, come vive la sua popolazione, quali sono le sue prospettive, e mi dica: davvero pensa che la Siria meriti lo stesso destino?
Anzi: un destino peggiore, perché se la Libia oggi è un paese distrutto nella sua integrità politica e sociale, se è è frantumata in enclaves più o meno colorate da integralismo di varia natura: religiosa, tribale, politica, alla Siria si prospetta invece l’unificazione sotto una sola entità integralista. Una entità che per i suoi eccessi sembra la caricatura tragica dell’integralismo islamico.
Lei ha pensato su quante e quali armi metterebbe le sue mani l’ISIS se il regime dovesse cadere? E’ ben cosciente che buona parte degli specialisti militari che ora servono sotto Assad passerebbero sotto le bandiere nere dello stato islamico?
Che l’ISIS si impadronirebbe di tutte le risorse economiche del paese, come in parte ha fatto in Iraq (altro stato distrutto per nobili motivi)? Che farebbe alle minoranze non conformi al suo fanatismo esattamente ciò che ha fatto in ogni territorio che ha conquistato?
Sul serio lei pensa che sia ridicolo tentare ogni strada, anche la più ardua, affinché questo non avvenga?
Ma se lei onestamente è convinto che questo non avverebbe, e se lo dimostrasse con argomenti convincenti, le garantisco che sarei in prima fila a gridare per la caduta del regime.
Io credo che non vi sia alcuna possibilità di impedire che l’ISIS prenda il posto di Assad, credo che SiriaLibano avrebbe molti più cadaveri di innocenti da compiangere se questo avvenisse.
Onestamente, farebbe correre questo rischio alla popolazione siriana?