• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Donna da Raqqa, Isis è terrore ma Asad non è alternativa

Donna da Raqqa, Isis è terrore ma Asad non è alternativa

(di Lorenzo Trombetta, Ansa)

Lo Stato islamico a Raqqa, nel nord della Siria, comanda col terrore ma l’alternativa all’Isis non sarà mai la violenza dal regime degli Assad: ne sono convinti esponenti della società civile di quello che è stato il primo capoluogo siriano a vedere la fine della dominazione del potere di Damasco e il primo a vedere imposta l’autorità del jihadismo venuto dall’Iraq e dai quattro angoli del Pianeta.

“Solo pochi giorni fa a Raqqa, in una piazza pubblica, una donna è stata flagellata dall’Isis perché indossava un velo sul viso leggermente trasparente”, racconta all’ANSA Muna, pseudonimo di una degli attivisti che da quasi quattro anni lottano in maniera non violenta contro il potere di Damasco e contro l’Isis. “Non è vero che i jihadisti hanno consenso perché offrono servizi”, prosegue la giovane, incontrata dall’ANSA a Gaziantep, a poche decine di chilometri dal confine turco-siriano.

Qui, gli attivisti delle zone siriane di guerra si incontrano periodicamente per scambiarsi esperienze e stabilire una rete trasversale che superi le divisioni delle varie realtà siriane. Muna a Gaziantep non è velata. Indossa una giacca e un paio di jeans e ha il viso leggermente truccato. Ha circa 25 anni: “Noi donne a Raqqa siamo tutte costrette a coprirci dalla testa ai piedi.

Un giorno – racconta – ero in un negozio senza guanti e il padrone mi ha intimato di uscire per non rischiare di essere arrestato assieme a me dalla ‘polizia’ dell’Isis”. Nel quadro della rivolta armata anti-regime, nella primavera del 2013 le forze governative si erano ritirate da Raqqa, prima città a esser dichiarata “libera”.

Ma già nel giugno, le avanguardie dell’Isis si sono impadronite di parte del capoluogo, che agli inizi di quest’anno è stato poi dichiarato capitale in Siria del neonato Stato islamico. “La rivoluzione è stata soffocata da questi barbari dell’Isis. Hanno cancellato tutte le libertà che eravamo finalmente riusciti a conquistare”, afferma Muna.

Un suo collega di Dayr az Zor, città nell’est siriano anch’essa dominata dai jihadisti, racconta di un alto numero di miliziani occidentali in forze allo Stato islamico. “Non c’entrano con la Siria e a loro non interessa nulla la nostra lotta per la libertà”, dice Kamel. “Dopo aver subito i crimini tremendi dell’Isis in molti rimpiangono oggi i tempi della dittatura di Assad”, concede Muna.

“Ma noi che abbiamo vissuto entrambe le violenze sappiamo che il regime non è certo l’alternativa al jihadismo. In un certo senso – prosegue la giovane attivista – la prolungata repressione e la politica degli Assad di dividere i siriani su base etnica e confessionale ha contribuito alla radicalizzazione e alla frammentazione attuale”.

Prima di tornare a casa, Muna attende a Gaziantep di ricongiungersi col “garante”: un ragazzo che ha accettato di “garantire di fronte all’Isis” fingendosi suo fratello. “Noi donne non possiamo entrare e uscire dalla città senza la garanzia di un nostro parente o presunto tale. Ma devo tornare, perché il lavoro clandestino di noi attivisti sotto il dominio dello Stato islamico oggi è quanto mai necessario”. (***

L’immagine raffigura pellegrini shawaya, dell’area di Dayr az Zor, in un mausoleo a Raqqa (Myriam Ababsa, 2001).

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di Persio Flacco (---.---.---.183) 20 dicembre 2014 21:27

    "Isis è terrore ma Asad non è alternativa". Onestà intellettuale vorrebbe che i termini della proposizione fossero invertiti: Assad è oppressione ma l’alternativa è l’ISIS.
    Se il regime cadesse, come è caduto in metà della Siria, chi fermerebbe lo Stato Islamico, quelli che a malapena oggi riescono a contenere il suo attacco ad una cittadina curda in mezzo al deserto? I ribelli democratici? Non prendiamoci in giro su questioni drammatiche come il futuro della gente di Siria. Se il regime cadesse nulla e nessuno potrebbe impedire che la Siria diventi lo Stato Islamico. La Siria e poi l’Iraq, e poi?

    In realtà le potenze straniere che hanno pesantemente influito sulla genesi e sull’incancrenirsi della crisi siriana hanno avuto, e forse ancora hanno, la possibilità di aiutare la Siria e il suo popolo ad uscirne senza rimanerne distrutti.

    Non dovrebbe essere necessario ricordare che dal 2012 in Siria vige una costituzione pluralista e democratica; che la carica di presidente, da ereditaria qual’era, è diventata elettiva a suffragio universale; che ora è consentito a qualsiasi istanza politica di presentare i suoi candidati rappresentanti in parlamento.

    Si può certamente sostenere, e con qualche ragione, che l’applicazione di queste norme costituzionali dipende dal regime; che il regime potrebbe, esercitando il potere che ha su ciò che rimane della Siria, vanificare ciò che esso stesso ha voluto fosse scritto nella legge fondamentale dello stato.

    Giusto. Ma se al regime, nelle precarie condizioni in cui si trova, venisse offerta l’alternativa tra il disastro della caduta e la possibilità di diventare una delle forze politiche che condividono il potere di governo, cosa giustifica la sicurezza che non accetterebbe? Come potrebbe rifiutare accampando quei diritti di sovranità che, almeno formalmente, ancora oggi può vantare, se rifiutasse apertamente la legalità democratica?

    Non potrebbe rifiutare, e la Siria avrebbe almeno una possibilità di uscire dalla crisi pacificamente.

    Quelli che si occupano della crisi siriana dal punto di vista umanitario dovrebbero essere ben coscienti che il maggior crimine contro l’umanità che si possa commettere nei confronti del popolo siriano è quello di lasciarlo nelle mani dell’ISIS. Qualunque soluzione alternativa, per quanto sia piccola la possibilità di successo, dovrebbe essere tentata.

    Sempre che al primo posto vengano messi i diritti umani del popolo siriano e non l’interesse geopolitico di qualche potenza straniera a liquidare, a qualsiasi prezzo, un regime ritenuto scomodo.

  • Di (---.---.---.225) 22 dicembre 2014 10:35

    Persio Flacco rispetto ogni sua opinione pur non condividendone una virgola. Però quando parla di nuova costituzione, di possibilità di pluralismo politico, di carica presidenziale elettiva, risulta perfino ridicolo, e non lo dico come offesa, perché dimostra di argomentare su un paese di cui non conosce nulla se non quello che le è piaciuto credere. L’opposizione interna negli ultimi 4 anni è stata progressivamente costretta all’esilio o arrestata, quell’opposizione presentata alle elezioni è un’opposizione fantoccio, lo sanno tutti, tanto che uno dei candidati presidente è poi entrato nel governo di Bashar.... i dipendenti pubblici vengono portati a votare, spesso la cabina elettorale ha porte aperte quando le schede non sono precompilate. La realtà è che in Siria nel mezzo del chiasso causato solo dallo Stato Islamico spariscono ancora ora oppositori e attivisti che condannano Assad e gli islamisti, tutto questo sfruttando la legge antiterrorismo della nuova costituzione. Il regime invece che amnistiare questa galassia silente non violenta continua ad arrestarla e privarla di diritti. L’alternativa di un regime buono opposto all’islamismo è una abile costruzione degli Assad che imbroglia chi non conosce la Siria e chi cade nel ridicolo parlando di elezioni pluraliste e nuova costituzione senza sapere realmente di cosa parla. Lei ha mai letto realmente la costituzione? Ha mai parlato con avvocati siriani che giornalmente sono alle prese con gli effetti della nuova legge antiterrorismo, o le denunce di HRW su come questa venga usata contro oppositori? Ma da su...

  • Di (---.---.---.183) 23 dicembre 2014 20:13

    Premesso che apprezzo e uso l’informazione che SiriaLibano fornisce ai suoi lettori, e che personalmente di questo vi ringrazio, continuo a non condividere l’affermazione che la vostra scelta prospettica sia l’unica vera e autenticamente utile.

    In casi come la crisi siriana esistono disegni che possono essere percepiti solo se visti dall’alto, come i disegni di Nazca. La vostra scelta, ripeto: utile e meritoria, è di comunicare quello che avviene sul terreno, vicino alle persone che la crisi la vivono direttamente.
    Chi, come voi, ha parenti e amici torturati o uccisi dal regime di Assad, chi si trova in mezzo alla distruzione causata dalle sue bombe, ai corpi dilaniati di donne e bambini, non può non sentire come un insulto ogni argomentazione che prenda le distanze da quella realtà, che suoni giustificazione o tolleranza per gli autori di quei crimini: lo capisco.

    Tuttavia dovreste tenere presente che esistono decisori potenti che influiscono su ciò di cui siete testimoni, che quei drammi e quelle ingiustizie li determinano da molto lontano, che non sono affatto coinvolti in nessuna delle mille ingiuste tragedie che quotidianamente avvengono e di cui voi siete partecipi.

    Io cerco di seguire i loro ragionamenti, di prevedere le loro mosse, di ricostruire le loro ragioni e i loro obiettivi, col desiderio che avete anche voi: che la gente comune torni a vivere nella normalità, che smetta di essere colpita.

    Della sorte dei combattenti mi interessa poco. Chi prende le armi per ragioni più o meno condivisibili, per affermare la giustizia o l’ingiustizia, lo fa per uccidere o per essere ucciso, accetta il suo destino e cerca di determinarlo per sua scelta. Ma le persone pacifiche, gli inermi: che sono la sostanza, l’anima, il futuro, di un paese o di un popolo, quelli desidero che siano rispettati e difesi a prescindere.

    Se per ottenere questo, per avere il male minore per loro, ritengo sia necessario arrivare a patti col diavolo, ebbene lo dico con franchezza e chiaramente.

    Lei non crede che sia possibile uscire dalla crisi negoziando col regime, che sia necessario ad ogni costo che Assad cada, perché anche l’ISIS è meglio, perché se anche Assad fosse l’unica alternativa all’ISIS questa alternativa andrebbe rifiutata.

    Questa è esattamente la posizione di quelle potenze straniere che fin dall’inizio hanno rifiutato ogni mediazione, che hanno scelto di non agire per riformare il regime, di non tentare nemmeno di spegnere le fiamme del conflitto quando ancora era possibile, bensì di porre un solo imperativo: il regime deve cadere.
    Beh, non sono d’accordo: l’imperativo dovrebbe essere la salvaguardia della popolazione civile, non la caduta del regime.
    E il fatto che SiriaLibano o Trombetta o qualsiasi altro trovi ridicola questa mia posizione, che poi è la posizione che dovrebbe assumere chiunque consideri il diritto internazionale come riferimento principale del suo agire, non mi smuove di un millimetro.

    Lei sa, Trombetta, che il regime ha consegnato le sue armi chimiche: l’atomica dei poveri, l’arma di dissuasione più convincente contro possibili attacchi. Lo ha fatto grazie alla minaccia delle armi e al lavoro della diplomazia.
    Per motivi analoghi ha riformato le istituzioni siriane, su pressione della diplomazia russa e della minaccia di attacco NATO, varando una nuova costituzione, offrendo, perché costretto, la possibilità di risolvere il conflitto pacificamente.

    Ma lei afferma, con una sicurezza contraddetta da questi precedenti, che il regime non accetterebbe di svolgere elezioni libere sotto la supervisione degli organi di garanzia internazionali. E continua a sostenere che il regime deve cadere ad ogni costo, anche se il costo maggiore: lei lo sa, lo pagherebbe la popolazione civile della Siria.

    E’ in buona compagnia: Arabia Saudita, Qatar, Turchia, USA e tutti gli altri paesi accodatisi alla loro iniziativa, riuniti nel gruppo Amici della Siria, la pensano come lei. Lo pensano per la Siria, lo pensavano per la Libia: una crisi fotocopia di quella siriana.
    Fotocopia per gli slogan, per il programma e le procedure seguite, per le posizioni adottate, e perfino per la nomenclatura scelta per i vari organismi dell’organizzazione e dei gruppi.
    L’unica differenza di rilievo tra l’una e l’altra crisi è il fatto che il Consiglio di Sicurezza ONU non ha potuto decretare per l’abbattimento manu militare del regime a causa del veto di Russia e Cina.

    Osservi cosa è oggi la Libia, cosa è diventata a causa dell’imperativo di abbattere Gheddafi, come vive la sua popolazione, quali sono le sue prospettive, e mi dica: davvero pensa che la Siria meriti lo stesso destino?

    Anzi: un destino peggiore, perché se la Libia oggi è un paese distrutto nella sua integrità politica e sociale, se è è frantumata in enclaves più o meno colorate da integralismo di varia natura: religiosa, tribale, politica, alla Siria si prospetta invece l’unificazione sotto una sola entità integralista. Una entità che per i suoi eccessi sembra la caricatura tragica dell’integralismo islamico.

    Lei ha pensato su quante e quali armi metterebbe le sue mani l’ISIS se il regime dovesse cadere? E’ ben cosciente che buona parte degli specialisti militari che ora servono sotto Assad passerebbero sotto le bandiere nere dello stato islamico?
    Che l’ISIS si impadronirebbe di tutte le risorse economiche del paese, come in parte ha fatto in Iraq (altro stato distrutto per nobili motivi)? Che farebbe alle minoranze non conformi al suo fanatismo esattamente ciò che ha fatto in ogni territorio che ha conquistato?

    Sul serio lei pensa che sia ridicolo tentare ogni strada, anche la più ardua, affinché questo non avvenga?

    Ma se lei onestamente è convinto che questo non avverebbe, e se lo dimostrasse con argomenti convincenti, le garantisco che sarei in prima fila a gridare per la caduta del regime.

    Io credo che non vi sia alcuna possibilità di impedire che l’ISIS prenda il posto di Assad, credo che SiriaLibano avrebbe molti più cadaveri di innocenti da compiangere se questo avvenisse.

    Onestamente, farebbe correre questo rischio alla popolazione siriana?

  • Di (---.---.---.14) 27 dicembre 2014 19:16

    P. Flacco quello che normalmente le risponde qui è A. Savioli non L. Trombetta. La posizione di SiriaLibano non è univoca, ci sono diverse penne e anime.

    Tuttavia avrò il piacere di rispondere a questo suo lungo commento se copierà quanto scritto sopra su SL, non perchè non voglia farlo su AgoraVox, ma perchè qui non ho a disposizione per la mia risposta la quantità di caratteri che ha lei. Su SL potrò risponderle in modo più lungo e argomentato. Cordialmente, A. Savioli
  • Di (---.---.---.14) 28 dicembre 2014 11:50

    PF. Forse le può interessare....quando parla di accordi col regime. 

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità