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Commento di

su Craxi. Quando gli 80' spaccano (e non chiedono neppure scusa)


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4 gennaio 2010 22:43

Massimo Pini: «Craxi temeva di essere ucciso con un caffè in cella»Corriere.it 01 gennaio 2010
Italioti cattocomunisti che non siete riusciti nell’impresa di sottomettere l’Italia alla vostra cultura del potere finitela di fare i moralisti; voi che avete elevato a morale la doppiezza di togliattiana memoria.
Renzo Riva

Craxi “si fece nemici gli israeliani”

«Se torno in Italia, mi uccidono». A Massimo Pini che andava a trovarlo ad Hammamet, Bettino Craxi confidava i suoi timori. «Era convinto che in Italia lo avrebbero gettato in un carcere in modo umiliante. E prima o poi gli avrebbero somministrato una tazzina di caffè. Nelle loro mani, diceva, sarò assassinato». Editore, ex alto dirigente di Iri e Rai, oggi vicepresidente di Fondiaria-Sai, Pini è stato amico e biografo di Craxi. E ora che si riparla dell’ex leader socialista a dieci anni dalla scomparsa, è la persona giusta a cui chiedere se, come sostiene Rino Formica, Tangentopoli fu un complotto di palazzo. Lo fu, secondo Pini, anche se oggi «molti personaggi fanno finta di non ricordare».

Il Craxi da lui conosciuto era «un leader anticonservatore, deciso a rompere la cappa distesa sull’Italia da Dc e Pci. Alcuni suoi comportamenti si ritrovano in Berlusconi, che come Craxi è un leader anomalo, non uomo dell’establishment. Craxi era più uomo del popolo, ma tutti e due manifestano un forte spirito nazionalista, un grande amore di patria». L’ipotesi avanzata da Formica che Di Pietro non agisca di sua iniziativa ma «sia utilizzato» è, secondo Pini, «molto convincente perché quello che accade oggi è la continuazione di un processo avviato nel 1992. E dietro c’è sempre lui. Se facessimo una ricostruzione storica e scientifica di quello che è successo dal ’92 in poi ci accorgeremmo che Craxi subì pesanti attacchi esterni. L’ala guerrafondaia degli Stati Uniti lo mise nel mirino dopo l’episodio di Sigonella». Si fece nemici gli israeliani, perché disse che Mazzini aveva addestrato terroristi con uno scopo rispettabile, quello di liberare la sua patria. Era un assist formidabile ai palestinesi. «Si era esposto molto, il leader israeliano Peres insorse». Nemmeno gli inglesi lo amavano. «Il ministro del Tesoro Brittan diceva che l’Italia era un Paese da abbandonare al suo destino. E i giornali britannici lanciavano accuse pesanti. Come oggi contro Berlusconi. Stessa situazione che si ripete».

Bisognerebbe capire, secondo Pini, in questi attacchi prima contro Craxi e ora contro Berlusconi come si inserisce Di Pietro. «Non abbiamo ancora capito bene chi è veramente Di Pietro. E credo che Veltroni abbia fatto un danno enorme al Pd prendendoselo come alleato, un errore da dilettante. Come è possibile credere che Di Pietro sia un partner affidabile per una strategia politica di lungo termine?». Se il presidente della Repubblica deciderà di ricordare Craxi, nessuna sorpresa «perché fra i due c’era un dialogo, Napolitano era allora capo dell’ala migliorista del Pci e manifestava interesse per l’azione politica di Bettino, anche se non poteva farlo apertamente: avrebbe spaccato il Partito comunista».

Se vorrà ricordare l’ex leader socialista, «credo che lo farà con un approccio realistico e storico, non certo per una riabilitazione, non solo perché Craxi non ne ha bisogno, ma soprattutto perché quella parola, riabilitazione, è infausta, la usa- vano in Unione Sovietica, quando avevano distrutto un avversario, dopo la morte lo riabilitavano». Nonostante l’eventuale ricordo del capo dello Stato, nonostante la via o il giardino che gli dedicherà la Moratti aMilano, Claudio Martelli ritiene difficile «una riconciliazione a sinistra» sul nome di Craxi. Ma Pini ribatte che «se per riconciliazione s’intende una grande alleanza di centrosinistra, non ha più senso perché i socialisti sono passati quasi tutti con Berlusconi, uno come Brunetta sarebbe incompatibile con un governo conservatore, non a caso anche Cicchitto, che viene dalla sinistra di Lombardi, sta con Berlusconi, l’unico che ha dimostrato di voler scardinare un sistema bloccato».

Pini andava spesso a trovare Craxi ad Hammamet. «Si sentiva abbandonato. Ma non voleva parlare del passato. Gli interessava capire cosa stava accadendo. L’ultima volta l’ho visto poco prima che morisse. Aveva deciso di scrivere un’autobiografia. Io dovevo aiutarlo a raccogliere il materiale. Documenti che poi ho usato per la biografia da me scritta per Mondadori. È una storia dell’uomo Craxi». All’ingresso della sua casa di campagna, in Toscana, Pini ha attaccato una targa di marmo con la scritta «Lo statista Bettino Craxi fu ospite in questa casa 1973-1992». La prima volta ci andò appunto nel ’73, nei giorni in cui in Cile cadeva Salvador Allende.

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