Francia, la resa e i conti
Dopo la dissolution di Macron, il Rassemblement National di Le Pen e Bardella potrebbe arrivare alla cohabitation e guidare il governo francese. Che ne sarà, delle loro mirabolanti promesse economiche? Melonisation o destruction?
Le elezioni europee portano in dono all’Europa la resa dei conti tra il presidente francese, Emmanuel Macron, e la sua opinione pubblica, che ha continuato a premiare il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, confermando lo sgretolamento del fu centro transalpino.
Non mi dilungherò nella ricerca di motivazioni al gesto di Macron. Se spregiudicato giocatore d’azzardo o impulsivo uomo politico ormai al capolinea. A oggi, la versione che leggo più frequentemente citata è quella secondo cui Macron vuole ammannire all’elettorato francese ciò che il medesimo pare invocare da tempo: il Rassemblement National. Dell’imperitura serie “attenti a quello che desiderate: potrebbe avverarsi”. Praticamente, un vaccino per la grogne francese, che a ogni elezione europea si sfoga sparando contro l’esecutivo in carica.
UN VACCINO PER LA GROGNE FRANCESE?
Secondo la tesi, Macron vorrebbe dar modo a Le Pen e Bardella di rompersi le ossa sulla realtà prima delle presidenziali del 2027, a cui Macron non potrà comunque partecipare. Non mi dilungherò neppure coi soliti caveat sul doppio turno elettorale francese, nato per tagliare le estreme. Oggi sono le estreme a scorrazzare per il campo di gioco, a dire la verità, quindi vedremo che farcene del doppio turno e della sua logica.
Ma Le Pen e Bardella puntano alla normalizzazione del loro brand partitico, ripulito da veti e ripulse storiche. In Francia si chiama dédiabolisation, alll’incirca “sdemonizzazione”, che è un concetto e un vocabolo piuttosto interessante. Mentre in Italia siamo ancora spintonati dalla ola che si è levata per il successo di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia, che ricorda un po’ il 41 per cento di Renzi ad altre elezioni europee, ci si chiede se Le Pen e Bardella punteranno alla “melonisation“, cioè a essere percepiti e incorporati nel mainstream partitico e culturale, altre termine che leggiamo ripetuto alla nausea per Meloni.
Il punto vero, visto che da lì si deve passare, resta l’economia. La Francia è ormai da tempo il punto di pressione della costruzione europea. Ne ho scritto più volte, negli ultimi anni e ultimi mesi, e vi rimando a quegli scritti. Trovate un paio di link evidenziati in questo articolo. Ieri e oggi i mercati finanziari hanno reagito con nervosismo all’annuncio di Macron, con rialzo dei rendimenti sui titoli di stato francesi (e italiani, attenzione), e azioni delle banche transalpine martellate dalle vendite.
Gli osservatori hanno quindi preso a osservare nervosamente lo spread tra Bund e OAT, il che sarebbe anche interessante se non fosse soprattutto “divertente”, vista la crisi esistenziale tedesca. Ma parliamo di economia, quindi. Chi mi legge sa che ho segnalato già due anni addietro, in occasione delle presidenziali, il rischio Le Pen e il rischio RN: non parlano più di uscire dall’euro ma puntano di fatto a distruggere il mercato unico Ue, il che è lo stesso.
Vediamo se intanto hanno aggiunto qualcosa alla collezione di policy che, in caso dovessero arrivare al Matignon con maggioranza assoluta, potrebbero e dovrebbero tentare di mettere in pratica. A partire dalla legge di bilancio 2025, che vedrà la Francia in procedura per deficit eccessivo e con un debito-Pil al 110 per cento. Per questo motivo il governo uscente di Gabriel Attal e del ministro dell’Economia Bruno Le Maire, ha delineato nuovi tagli di spesa, che sono finiti nel mirino del montante malcontento.
UN PROGRAMMA DI PROMESSE ESORBITANTI
Come si concilierà la prossima “austerità” col libro dei sogni del RN? Per ora, i lepenian-bardelliani hanno buon gioco a respingere quello che in Italia è già attuato e pare destinato a esserlo anche in futuro: la deindicizzazione delle pensioni. Eccola, la best (o worst) practice dei paesi in affanno fiscale, vero detonatore dell’incazzatura populista innescato dall’ultima fiammata inflazionistica. Malgrado la riforma pensionistica di Macron, costata sommovimenti di piazza per lunghi mesi, la spesa previdenziale resta su una traiettoria molto problematica.
Il RN chiede, tra le altre cose: riduzione dell’ Iva dal 20 al 5,5 per cento sui prodotti energetici, in quanto di prima necessità; consentire alle imprese di aumentare i salari fino al 10 per cento in esenzione di contribuzione (nel senso che la contribuzione la mette la fiscalità generale); nazionalizzare le autostrade per poter ridurre i pedaggi del 15 per cento (sic); smantellare letteralmente l’eolico, per restituire alle famiglie i 5 miliardi di sussidi ad esso versati; un piano da 20 miliardi di “sostegno d’urgenza” alla sanità; creare un ministero per la lotta alle frodi (fiscali, contributive, commerciali); rilanciare il nucleare e uscire dal sistema europeo di prezzi dell’energia, per beneficiare i propri residenti; creare un fondo sovrano per migliorare la remunerazione dei risparmi dei francesi e orientare i risparmi verso i settori strategici e innovativi; una varia gragnuola di sussidi a giovani, anziani e famiglie.
Ripeto: questa è solo una minima parte delle richieste ma, come si nota, dal costo abnorme. E notate anche il tema che ricorre dalle nostre parti: come impedire che i risparmi nazionali siano rapiti e portati all’estero. Raccogliere 500 miliardi di euro in cinque anni tra il risparmio liquido francese e dirottare verso il sistema produttivo francese, in particolare piccole, medie e micro imprese. Lo stato deve garantire una remunerazione minima di due punti percentuali sopra l’inflazione. Très vaste programme.
Che vi ricorda? La garanzia pubblica sui fondi pensione, che qualche nostro accademico prestato al risparmio previdenziale ha pensosamente elaborato, restando serissimo, arrivando rigorosamente dopo la problem solver regina del giornalismo italiano, s’intende. E anche l’obbligo per le casse previdenziali italiane di investire nella nostra economia reale, propugnato anche da finanzieri molto assertivi e abituati a elaborare sopra le righe. Anche questa è una best o worst practice della politica europea, come la deindicizzazione della spesa pensionistica? Pare di sì ma la differenza tra le due è che una è onirica e l’altra viene sponsorizzata dalla realtà Chi vincerà? ah, saperlo.
MELONISATION O DESTRUCTION?
Per riassumere e sintetizzare alcuni punti in ordine assai sparso: Un eventuale governo Bardella, se avrà la maggioranza la sera del 7 luglio, tenterà di attuare questo programma oppure punterà alla melonisation dicendo che nun ce stanno li sordi e problema vostro che avete creduto ai miei programmi elettorali? E se le promesse verranno rimesse nel cassetto dei sogni, come reagirà l’elettorato francese? Come quello italiano, accettando e votando a maggioranza Giorgia che porta l’Italia sempre più in alto, là dove manca l’ossigeno, oppure incazzandosi e riversandosi distruttivamente nelle strade?
E che accadrebbe, in questo secondo caso, alla Francia e all’Europa? Parigi ha già avuto un declassamento dalle agenzie di rating. Che servono a poco fin quando non tornano improvvisamente a servire e muovere i mercati.
Esistono numerosi punti di contatto tra il RN e Fratelli d’Italia. Sia a livello di promesse che di obiettivi europei, nel senso di depotenziare la Commissione e rinviare il tutto al Consiglio, puntando a una non meglio precisata “confederalizzazione”, dove abbiamo “prima i francesi”, gli italiani, i tedeschi, gli olandesi eccetera eccetera. Tranne, come fa la nostra Meloni, chiedere li sordi all’Europa cattiva e accentratrice. Ecco, il RN sarà orgogliosamente autosufficiente in termini finanziari oppure sarà sovranamente mendicante come i nostri compatrioti affratellati?
Basta attendere, e lo scopriremo. Per ora ribadiamo che la Francia rischia di destabilizzare l’intera costruzione europea, che lo spread italiano ha mostrato sin qui di muoversi in sincrono con quello transalpino, e questa è tutto fuorché una sorpresa.
Dalla dédiabolisation alla melonisation è un viaggio periglioso. Soprattutto perché i francesi, a differenza degli italiani, si incazzano. Come cantava un Conte assai migliore di quello che la sorte burlona ha regalato agli elettori italiani negli ultimi anni.
P.S. E mentre tutti si concentrano sulla resa dei conti Macron-RN, ecco (forse) il patto frontista delle sinistre plurali e litigiose, per usare un blando eufemismo mentre il leader dei Républicains punta ad alleanze col RN, facendo inalberare mezzo partito. Tempi sempre più interessanti.
- Prendi nota: il Financial Times spiega tutti gli scenari che la cohabitation può produrre
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