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Voci dalla crisi 3 - "Si son bevuti un’Italia..."

Continua il nostro viaggio tra i cittadini italiani che provano a far quadrare i conti, minacciati più dall’inettitudine della classe politica che non dalle vuote parole della finanza tutta spread e bund.

C’era una volta, in un paesino del nord Italia costeggiato dal Naviglio, un vecchietto calvo e sporcaccione che tifava Milan, come il sottoscrittoche insisteva nel dire che i locali, nonostante la crisi economica, erano sempre pieni zeppi di avventori ben disposti a spendere. 

La realtà, che è invece facilmente constatabile, parla di esercizi commerciali in perenne difficoltà, continuo ricorso ai nuovi canali del business per cercar di fare qualche coperto in più, perché se oggi non “prendi il coupon per questo o quel deal” ci pensi due volte prima di sederti a tavola o dietro al bancone di un american bar.

Conosciamo oggi Agatino, ventinovenne bartender siciliano che ha deciso di mettersi a nudo e confessarmi i suoi pensieri e i suoi progetti per il futuro.

Spinella: “Ciao Tino, dunque tu sei uno di quei tizi ben vestiti dalle cui mani passa ciò che beviamo quando cerchiamo di far colpo su una donna…”

Tino: (sorride) “Diciamo pure così, se ti fa piacere!”

Spinella: "Sei un bartender professionista. Hai un tuo locale o ti sposti in base alle serate che ti si prospettano?”

Tino: "Lavoro in uno di quelli che venivano chiamati pub una volta, oggi alcuni preferiscono definirsi lounge bar. Un po’ più fighettino del rozzo pub anni ’80-90…”

Spinella: "Prepari da bere agli avventori?"

Tino: "Non solo! Le mie mansioni includono anche l’approvvigionamento del magazzino. Quindi sono anche responsabile degli ordini ai fornitori, gestisco un po’ la baracca ma il locale non è mio".

Spinella: "Hai fatto dei corsi specifici per professionalizzarti?"

Tino: "Certo, ma la pratica sul campo è forse la cosa più formativa: ho lavorato a Roma, in Sicilia praticamente dappertutto e ad Ibiza".

Spinella: "Chi è il tuo cliente tipo?"

Tino: "Maschio, 25 anni, un giovane lavoratore mediamente scolarizzato. E spende meno di quanto non spendesse un universitario qualche anno fa".

Spinella: "Suppongo che il prodotto che si consuma maggiormente dalle nostre parti sarà…"

Tino: (mi interrompe) “Alcolici di ogni tipo! Vino, birra, cocktails…Vodka!"

Spinella: "È un lavoro che ti soddisfa?"

Tino: "Mi piace, soprattutto quando racconto ai clienti i cosiddetti Trivia".

Spinella: "Sarebbero?"

Tino: "Aneddoti, soprattutto legati alle particolarità di un cocktail. Alcuni te li spiegano al corso, altri li apprendi, altri ancora te li inventi. Come quella volta che ne raccontai uno sul Tequila Sunrise: tequila, succo d’arancia e sciroppo di granatina rosso come il sangue…"

Spinella: "Ti va di raccontarlo anche a me?"

Tino: "In Messico, sulle spiagge di Acapulco, una coppia stava facendo sesso in maniera molto passionale. Accanto a loro, un bicchiere pieno di succo di tequila e succo d’arancia. Non si sa come, ma la donna perse diverse gocce di sangue me…”

Spinella: (lo interrompo bruscamente) “Ti prego, penso di aver intuito di che sangue si trattasse… ma non è vera questa leggenda!”

Tino: "Assolutamente no! Ero stanco e gli avventori al bancone, quella sera, mi sembravano particolarmente suggestionabili. Magari adesso la raccontano in giro!”

Veniamo interrotti da una telefonata che raggiunge Tino sul cellulare aziendale. Dal tenore della conversazione intuisco che si tratta di un problema sulla fornitura di bibite a base di rum e succhi di frutta.

Tino: "…poco male (dice terminando la conversazione), se fosse accaduto in estate mi sarei incavolato come una bestia, quelle bottiglie si vendono come il pane nei mesi caldi!"

Spinella: (ridendo) "Ti riferisci a quegli obbrobri pieni di zucchero e con un vago sentore di rum?" 

Tino: "Esatto! Soprattutto le ragazze ne bevono in quantità industriali!”

Spinella: "Delle buongustaie quindi", chiedo ironicamente.

Tino: "L’inclinazione del bevitore tipo è cambiata parecchio: a parte le quantità, anche il gusto è molto cambiato. Ora bevono per sballarsi. Prima stavano una sera davanti ad un long drink, oggi ingurgitano Quattrobianchi in continuazione, purché costi poco e salga alla testa”.

Spinella: "Guadagni bene con questo lavoro? Quante ore ti tocca fare?"

Tino: ”Bah, negli ultimi quattro anni le cose sono parecchio cambiate. Ho un giorno libero ogni settimana, prendo cinquanta euro a sera, più una carezzina fuori busta perché mi occupo del management: faccio anche i turni di lavoro e sono io che pago i ragazzi che servono ai tavoli. Sulle ore invece…"

Spinella: "Invece cosa?"

Tino: "Beh, non saprei quantificartele esattamente: diciamo undici ore al giorno, magari dodici. Però se devo andare a far la spesa diventano anche quindici!"

Spinella: "Una vita votata alla bottiglia!"

Tino: "E’ un lavoro che prende molto tempo. I ragazzi dei tavoli invece lavorano meno".

Spinella: "Quanti ne avete?"

Tino: ”Otto, la metà dei quali in regola con una qualche forma contrattuale".

Spinella: "Com’è cambiato il consumo di alcolici con la crisi?"

Tino: "L’accisa sugli alcolici è aumentata. Noi stiamo contenendo i prezzi, sperando nella fidelizzazione del cliente che trova una qualità che spesso altrove è un miraggio. Da noi non berrai mai qualcosa di travasato".

Spinella: "Nel senso che…"

Tino: "Alcuni gestori di pub e locali travasano un liquore di scarsa qualità nella bottiglia di un prodotto di marca. Da noi non rischiamo. Non posso far passare per Caol Ila (un noto whisky scozzese, n.d.r.) una bottiglia di Glen Grant".

Spinella: "Certo, nemmeno Michele, che è un intenditore (faccio il verso alla pubblicità Glen Grant di qualche tempo fa, n.d.r.) cascherebbe nel tranello!"

Tino: "Infatti, non penso che ne valga la pena: se trovi l’intenditore fai una figuraccia!"

Spinella: "Di quanto si è ridotto l’incasso per un’attività come quella che ti impiega?"

Tino: "Beh, i mesi morti, tradizionalmente gennaio, febbraio ed il mese di agosto, potevano garantirti incassi anche di 1600 euro a serata, nel 2009Oggi, se a gennaio chiudo cassa con 700 eurostappiamo una bottiglia".

Spinella: "Una perdita di oltre il 50%?”

Tino: "Decisamente, con la crisi economica si tende a bere meno. D’altronde è una cosa non indispensabile. È un vizietto, una cosa che fai per non rimanere col sentirti un emarginato sociale”.

Spinella: "E i minorenni? È vero che bevono tanto?" 

Tino: "Suppongo di sì, ma non da me. Non devono mettere piede nel locale: il fatto di essere in crisi non autorizza ad utilizzare ogni mezzo per realizzare un profitto. Se una sera ho la cassa vuota e si presenta una scolaresca di sedicenni che ordina una bottiglia di Sassicaia (un vino estremamente costoso, n.d.r.) li invito ad alzarsi e ad andare in un fast food. Nemmeno la birra…”

Spinella: "Hai notizie di qualche collega che ha dovuto chiudere il locale per colpa della crisi?"

Tino: "Hai presente quel locale che ha fatto la storia della ristorazione catanese nella zona del centro storico, il ‘The Other Place? Da un anno ha cessato l’attività. Era uno dei pub storici della città, non è riuscito a sopravvivere alla crisi”.

Spinella: "Un brutto colpo, come te lo spieghi?"

Tino: "Cambia la tipologia di cliente, ormai la maggior parte dei locali offre scarsa qualità per avere prezzi concorrenziali. Se vuoi la qualità devi pagarla. Girando pochi soldi, chi sposa la qualità è destinato a morire o deve reinventarsi per i vari tipi di cliente che ti si presentano."

Spinella: "Pensi che usciremo da questa crisi economica?"

Tino: "Credo di sì, con il tempo e con una nuova presa di coscienza: siamo noi la fonte di reddito per queste elite e lobby che vogliono annientarci. Loro non possono esistere senza noi comuni mortali."

Spinella: "Come si potrebbe, nella pratica quotidiana, fare qualcosa per combattere la crisi?"

Tino: "Come ti dicevo ci vorrebbe una presa di coscienza che canalizzi le spese in canali economici differenti: il mercato equo e solidale ad esempio! Senza dimenticare che ogni centro commerciale che sorge è una condanna a morte per un piccolo commerciante. E poi tagliando i consumi superflui."

Spinella: "È evidente che l’Italia è, oggi più che mai, quella nave sanza nocchier di dantesca memoria. Hai mai pensato di andar fuori dal tuo paese?”

Tino: (sorride con un pizzico di malinconia) "Sono figlio di emigranti, proprio come te. Mio padre lavorava in Volkswagen. Ci penso sempre ad andarmene, da quando avevo sei anni. Tra qualche settimana partirò per la Svizzera. Cercherò di fare un’esperienza lì. Poi mi piacerebbe girare il mondo grazie al mio lavoro. Amo il mio paese, ma qui si comincia a star male. Ormai si son bevuti un’Italia!

Un altro figlio abbandona la madrepatria per cercar fortuna in paesi in cui ancora i regimi possono considerarsi antropocentrici, a differenza di un’Italietta che mette al primo posto i desideri di una casta di banchieri.

Buon viaggio Tino, che tutti i tuoi sogni possano diventare realtà.

 

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