L’attuale premier ritiene che i parlamentari si oppongano ad essere ridotti di numero e di importanza alla stregua dei tacchini che non vedono di buon occhio l’avvicinarsi del Natale;
Ø al contempo egli medesimo voterà “si” in occasione della prossima tornata referendaria non nell’interesse del Paese, ma nell’interesse di sé medesimo per evidenti vantaggi che ne trarrebbe la sua formazione politica dall’accoglimento dei quesiti referendari;
Ø voteranno, invece, “no” gli esponenti della Lega Nord per un simmetrico motivo di svantaggio derivante per il loro partito politico sempre dall’accoglimento dei quesiti referendari;
Ø la stessa Lega Nord, dopo aver avuto per anni il proprio cavallo di battaglia politica nella lotta agli sprechi di «Roma ladrona», è oggi contraria all’abolizione delle costose ed assolutamente superflue Provincie perché ne amministra alcune nelle regioni settentrionali;
Ø la classe dirigente del principale partito dell’opposizione, da parte sua, è sempre stata in lotta senza esclusione di colpi contro l’attuale premier, salvo quando si è trattato di stabilire insieme per le prossime consultazioni elettorali europee un quorum ben arduo da superare per i partiti minori della sinistra, suoi concorrenti elettorali diretti;
Ø l’Associazione Nazionale Magistrati, infine, dinanzi allo sfascio del nostro sistema giudiziario, forse preferirebbe che tutto continuasse così e vi è il fondato sospetto che non dispiaccia ai suoi componenti continuare ad esercitare un potere abnorme, certamente esulante i limiti indicati dalla Costituzione, e magari senza rendere conto adeguatamente del proprio operato alla pubblica opinione.
I cittadini assistono attoniti e si chiedono se e quando questi «vizi privati» diventeranno «pubbliche virtù» secondo il pensiero di Bernard De Mandeville, quello della favoletta delle api.