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Violenza - Società: costruzione (e distruzioni) della semantica occidentale

Mai come in questi tempi la comprensione della violenza può rivelarsi cruciale per il futuro delle comunità e della società che abitiamo.

Leggo sul Fatto Quotidiano del 10.01.2019 un articolo che s'interroga sul "valore" della guerra per l'Occidente. L'autore suggerisce che, se proprio la guerra partecipa alla struttura sociale, possiamo liberarci della guerra solo costruendo strutture sociali alternative.

Lo spunto mi interessa talmente tanto che ho appena pubblicato un libro al riguardo (uscito proprio il 10.01.2019!): Violenza ↔ Società. Costruzioni (e distruzioni) della semantica occidentale (Meltemi): 6 capitoli epistemologici sul corrente medi@evo, sugli aspetti economici e monetari della violenza, sulle sue inerenze sessuologiche e culinarie, sulla sua estetica e sulle sue funzioni giuridiche.

Molti si erano già occupati dello stesso tema: da Freud e Róheim, che individuavano un desiderio di guerra immanente nell'essere umano, a Hölldobler e Wilson, che hanno rilevato la guerra anche nel mondo delle formiche. Tutti analizzano il "problema" della violenza come un elemento da rimuovere. Sospendere il giudizio sulla violenza (senza condannarla o tollerarla), invece, svela un significato ambivalente; svela due funzioni della violenza: quella di strumento principale tramite cui ordinamo il mondo naturale e quella di elemento in grado di sovvertire l'ordine culturale.

La società occidentale attiva forme più o meno esplicite di violenza, espresse in paradigmi sessuali, economici, giuridici e religiosi, che si manifestano tanto nelle arti quanto nelle politiche finanziarie o nei social network o nella giustizia. Una riflessione trasversale consente di cogliere tali paradigmi quali strumenti che regolano il patto sociale, e consente di capire a quante forme di violenza prendiamo parte anche inconsapevolmente ogni giorno.

Se è proprio vero che la violenza repelle l'Occidente e che la società sente di doverla espellere, allora serve innazitutto verificare quali comportamenti apparentemente pacifici nascondano un significato violento intrinseco e, d'altra parte, quali comportamenti apparentemente distruttivi sostengano il patto sociale. Molti paradossi si annidano tanto nei discorsi pacifisti quanto nelle rivendicazioni sovversive. Dai gilet gialli francesi alla legge sulla legittima difesa, dalla lotta contro la violenza sulle donne agli attentati terroristici, passando per le manovre di borsa o di finanza pubblica, la violenza ci circonda ogni giorno e la legittimiamo inconsapevolmente, anche quando la critichiamo.

Capire il significato ambivalente della violenza nella nostra società serve a capire come possiamo sostituirla e in quali agenzie sociali possiamo operare per trasformare la società, se vogliamo farlo.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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