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Venezia, al Teatro la Fenice I lombardi alla prima crociata

In prima rappresentazione assoluta dell’edizione critica della partitura pubblicata da The University of Chicago Press, l’opera di Giuseppe Verdi torna in laguna dopo 178 anni.

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I lombardi alla prima crociata, opera composta da Giuseppe Verdi su libretto di Temistocle Solera, deve la sua nascita al successo di Nabucco e ne ricalcò per certi versi le orme quale narrazione dello scontro fra popoli di diversa cultura e religione, con un’imponente presenza del coro in scena a rappresentarli. Naturale si prospetta sempre il confronto tra le due opere, e di certo a vincere è sempre Nabucco, ma non è difficile mettere nella giusta luce I lombardi e nel caso delle recite fenicee, per esempio, sono state le luci a prevalere.

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Certamente avrebbe giovato una forma più spettacolare della messa in scena che il regista Valentino Villa, lo scenografo Massimo Checchetto e la costumista Elena Cicorella non hanno inteso dare. L’ambiente è generico, per quanto suggestiva risulti la croce luminosa che squarcia il fondo scena -l’hangar di cemento- e vaga è anche l’ispirazione islamica della scena degli ultimi due atti. La scelta dell’ambientazione contemporanea dell’opera è soprattutto connotata dagli onnipresenti mitra imbracciati dai combattenti e dal rapido apparire di un chioschetto kebab oggetto di esproprio e saccheggio alla presa di Gerusalemme. Il coro schierato con le foto delle vittime, già visto…in Nabucco. Sul versante dei drammi personali in primo piano, l’invidia e la rivalità tra fratelli, il regista ha voluto integrare il proprio lavoro spiegandoli con frasi desunte dalla narrazione biblica di Caino e Abele, proiettate. Adeguato all’insieme il disegno luci di Fabio Barettin e i movimenti coreografici di Marco Angelilli.

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Se si dispone, però, di un raffinato esperto verdiano sul podio quale è Sebastiano Rolli, e si sente molto motivata l’orchestra del Teatro, la drammaturgia verdiana prende vita perché la consapevole e rispettosa esecuzione della partitura colma le incrinature di qualsiasi impresa operistica. In questo caso, poi, in cui si è scelto di eseguire l’edizione critica di I lombardi alla prima crociata, preparata da David R.B. Kimbell per The Works of Giuseppe Verdi / The Operas of Giuseppe Verdi (University of Chicago Press e Casa Ricordi), basata sulla partitura autografa di Giuseppe Verdi, conservata nell’Archivio Storico Ricordi a Milano, le scelte compositive e drammaturgiche di Verdi e del suo librettista sono salvaguardate.

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Anche le voci hanno contribuito al successo della produzione. Una compagnia molto ben preparata, bravissimi tutti i cantanti su cui spiccano Michele Pertusi (Pagano) dalla bella voce di basso che sa usare con intelligenza imprimendo un’appassionata intensità di fraseggio al suo personaggio e Antonio Poli (Oronte) tenore dalla voce generosa che ha dimostrato consapevolezza del fatto che la drammaturgia nasce dalla vocalità. Roberta Mantegna è stata una Giselda dalla voce sicura e luminosa, solo gli acuti estremi sono apparsi poco coperti. Comprimario di lusso Antonio Corianò, Arvino. Ben figurano Marianna Mappa, Viclinda; Adolfo Corrado, Acciano. A completare il cast Mattia Denti, Pirro, e Barbara Massaro, Sofia. Puntuale l’intervento di Christian Collia, un priore.

L’eccellente coro del Teatro, preparato dal maestro Alfonso Caiani, è praticamente sempre in scena e stringe il cuore che debba cantare ancora con la mascherina: un sacrificio non da poco che ci permette di assistere alle rappresentazioni e dunque, a loro, un ringraziamento sentito.

Serata felice e brillante, anche se a parlar di guerra in questo periodo vien la pelle d’oca. Ottimo successo e molti applausi.

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