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Venezia, al Teatro La Fenice il Faust di Gounod

Il nuovo allestimento coprodotto con il Teatro Comunale di Bologna conferma il cast del 2021

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Titolo di riapertura del Teatro dopo il secondo confinamento pandemico nel giugno 2021, Faust è tornato in laguna sul palcoscenico del Selva che ha ritrovato suo assetto originale.

L’opera di  Charles Gounod vede anche quest’anno una messa in scena del regista Joan Anton Rechi. la sua idea nasce da un frammento del film Intervista di Federico Fellini in cui i protagonisti, Anita Ekberg e Marcello Mastroianni, già avanti con gli anni, guardano con nostalgia le immagini della famosa scena alla Fontana di Trevi ne La dolce vita. Questo dunque il punto di partenza: Faust come una malinconica star del cinema sul viale del tramonto al quale si presenta Méphistophélès che gli vende la possibilità di recuperare la giovinezza e ne diventa il regista / burattinaio della vita. Rechi si avvale dell’illusione del cinema per passare da un Faust vecchio e depresso ad uno giovane ed esuberante e cerca l’ambientazione cinematografica attraverso citazioni filmiche: la locandina gigante di Giulietta degli spiriti, Mefistofele nei panni grotteschi di Marlene Dietrich ne LAngelo azzurro, le vermiglie labbra morse, logo di The Rocky horror picture show, ma sono apparizioni slegate che non riescono a creare una vera e propria continuità nell’ atmosfera di set cinematografico.

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Certo è che lavorare su un libretto dalla drammaturgia confusa e incongruente come quello di Barbier e Carré non gli ha reso la vita facile e l’idea, di per sé interessante, non è stata nemmeno sostenuta con la forza che avrebbe richiesto dalle scene di Sebastian Ellrich, così come la breve coreografia del cancan è risultata una parodia di sé stessa, mentre i costumi di Gabriela Salaverri, sgargianti e vivaci e le luci di Alberto Rodríguez Vega hanno contribuito favorevolmente alla scena.

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Sul piano musicale l’opera è risultata decisamente convincente, grazie all’accurata direzione di Frédéric Chaslin, maestro concertatore e direttore della smagliante orchestra del Teatro, che ha saputo mettere in rilievo il carattere di grand-opéra e dare l’opportuno risalto sia alle importanti parti corali che ai brani più intimi e interiori.

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Grande mattatore sotto ogni punto di vista, Alex Esposito, dalla forte carica di diabolico Méphistophélès anche in calze a rete, la cui voce di basso-baritono è risultata maestosa e sicura in tutta la gamma con grinta sardonica da vendere. Il dottor Faust è impersonato dal tenore peruviano Ivan Ayon Rivas, di cui proprio ieri è giunta la notizia essere stato designato tra i vincitori per l’anno 2021 del Premio Abbiati per l’interpretazione del Duca di Mantova nel Rigoletto della Fenice con la regia di Damiano Michieletto, anch’esso premiato. Buona anche la prova di Carmela Remigio, Marguerite, benché sacrificata un po’ dalla regia. Efficace Paola Gardina nel ruolo en travesti di Siébel. A completare il cast Armando Noguera, Valentin; Julie Mellor, Marthe e William Corrò, Wagner.

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Coprotagonista il Coro del Teatro, istruito dal maestro Alfonso Caiani.

Successo e applausi per tutti, ovazioni entusiastiche dedicate ad Esposito.

Marina Bontempelli

 

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