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Venezia – Donizetti torna alla Fenice con La fille du régiment

 

Opéra-comique in due atti su libretto di Jean-François-Alfred Bayard e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges, fu la prima opera francese del compositore italiano data a Parigi.

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Dopo quarantasette anni d’attesa è tornata sul palcoscenico di campo S. Fantin La fille du régiment, questa volta in lingua originale, come ben si conviene.

Si tratta di una produzione in tandem col Teatro Regio di Torino, curata nella messinscena dal regista francese Renaud Doucet e dallo scenografo e costumista canadese André Barbe, in arte Barbe&Doucet.

Il genere opéra comique, divertente e scanzonato per definizione, si è arricchito in questo spettacolo di tenero e misurato sentimento grazie al filmato in bianco e nero prodotto da Guido Salsilli che Barbe&Doucet fanno precedere al primo atto: entrati in sala grande ci accoglie, proiettata sul palcoscenico, la nonna novantanovenne di Doucet che in tempo di guerra era stata infermiera (interpretata da Daniela Foà) che ripercorre i suoi ricordi con i nipoti grazie agli oggetti della memoria che ha portato con sé nella residenza assistita dove vive. Come sfuma il filmato ecco ricostruito sul palcoscenico, enorme, il trumeau popolato dai ninnoli dell’anziana signora insieme alle inevitabili scatolette di farmaci e dai cantanti che danno vita ai suoi ricordi di guerra.

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La scena da fiaba contribuisce a conferire il brio e la gaiezza che connotano la protagonista e la storia. I bei costumi sono contestualizzati negli anni Quaranta, coerentemente ai ricordi del tempo di guerra, la regia dà vita e giusto ritmo alla vicenda e anche il disegno luci di Guy Simard è ben calibrato.

Nel ruolo eponimo, Maria Grazia Schiavo che debutta il ruolo, è risultata il giusto “maschiaccio” allevato in caserma, ben sottolineando tuttavia i momenti teneri e lirici che il ruolo richiede. John Osborn esperto del repertorio rossiniano e del primo Ottocento italiano e francese, ha interpretato Tonio con voce squillante e sicura, curata nel fraseggio e nelle languide sfumature e offrendo anche il bis sulla celebre aria “dei nove do di petto”.

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Sulpice è stato interpretato da Armando Noguera, che debuttava il ruolo e ha saputo valorizzare il carattere del personaggio con limpida voce di baritono e presenza attoriale.

Natasha Petrinsky, la Marquise de Berkenfield, mezzosoprano assai scuro, risulta fin troppo austera e compassata, ma risolve il suo ruolo con onore. Buona la prova di Guillaume Andrieux nel ruolo di Hortensius. Completano il cast gli artisti del Coro Dionigi D’Ostuni e Mathia Neglia in alternanza come paysan; Matteo Ferrara come caporal e Federico Vazzola come notaire.

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Non all’altezza della produzione malgrado l’apprezzamento del pubblico Marisa Laurito, nel ruolo recitato della Duchesse de Crakentorp,.

Notevole la prova del Coro del Teatro, istruito dal maestro Alfonso Caiani.

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Sul podio Stefano Ranzani segue tutti imprimendo allo spettacolo un ritmo spumeggiante e spedito ed è ottimamente seguito dall’ Orchestra del Teatro la Fenice.

Grande successo per tutti, applausi a scena aperta e numerose chiamate al proscenio per questo convincente spettacolo a chiusura della stagione lirica.

Marina Bontempelli

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