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Ungheria, il programma contro i diritti umani di Orbán vince ancora

Viktor Orbán, primo ministro dell’Ungheria dal 2010, ha vinto ancora una volta con la sua agenda dichiaratamente contraria ai diritti umani.

Cosa è accaduto negli ultimi tempi in Ungheria ce lo dice la scheda sul paese contenuta nel Rapporto 2021-2022 di Amnesty International, appena pubblicato.

DISCRIMINAZIONE

Persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuate

A giugno, l’Ungheria ha adottato una legge omofobica e transfobica, che ha vietato l’accesso ai minori di 18 anni a materiale che promuove o ritrae “la divergenza dall’identità personale corrispondente al sesso alla nascita… o l’omosessualità”. La nuova legge violava i diritti alla libertà d’espressione, alla non discriminazione e all’istruzione. A luglio, la Commissione europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Ungheria.

Donne

Il governo era ancora riluttante a ratificare la Convenzione di Istanbul, che aveva sottoscritto nel 2014, sostenendo che la Convenzione promuoveva “l’ideologia di genere” e la “migrazione illegale”.

Le donne hanno continuato a subire una diffusa discriminazione di genere. Molte politiche e comunicazioni governative hanno attivamente rafforzato gli stereotipi di genere, promuovendo i ruoli domestici delle donne e minimizzando l’importanza dell’uguaglianza di genere.

La riluttanza dei datori di lavoro a fornire modalità di lavoro flessibili, combinata con la tradizionale assegnazione di compiti di cura all’interno della famiglia alle donne, ha esacerbato l’impatto negativo della pandemia da Covid-19 sulla parità di genere.

Rom

È perdurata la discriminazione nei confronti dei rom. I bambini provenienti da famiglie rom che vivono in povertà hanno continuato a essere separati dalle loro famiglie e affidati a cure statali a lungo termine, anche se questa pratica è vietata dalla legge ungherese sulla protezione dei minori.

Il Gruppo di lavoro del Consiglio per i diritti umani, che si è riunito dal 1° al 12 novembre, si è detto preoccupato per la diffusione di discorsi di odio razzista contro i rom e altre minoranze e per i crimini d’odio.

DIRITTO ALLA PRIVACY

Più di 300 cittadini ungheresi sono stati identificati come possibili obiettivi dello spyware Pegasus, un prodotto dalla società di tecnologia di sorveglianza Nso Group. Organi d’informazione hanno identificato le autorità ungheresi come potenziali clienti della società. Gli esperti di Amnesty International sono stati in grado di confermare, attraverso prove tecniche, diversi casi in cui lo spyware era stato installato con successo su telefoni, alcuni dei quali appartenenti a giornalisti. La legge ungherese sui servizi di sicurezza nazionale continuava a violare l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti umani, secondo una sentenza della Corte europea dei diritti umani nel caso Szabó e Vissy vs. Ungheria del 2016.

A luglio, in una sentenza unanime nel caso Vig vs. Ungheria, la Corte europea dei diritti umani ha rilevato una violazione del diritto alla privacy per i controlli di polizia rafforzati utilizzati nel 2013, nel momento in cui Dávid Vig, allora avvocato e accademico, fu fermato e perquisito ai sensi delle norme della legge sulla polizia.

DIRITTI DI RIFUGIATI E MIGRANTI

A gennaio, l’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) ha sospeso le operazioni in Ungheria, dopo che il governo non ha tenuto conto di una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del dicembre 2020, sfavorevole alla sua legislazione e alle sue pratiche in materia di asilo. La Corte aveva stabilito che i respingimenti su larga scala introdotti dalla legge nel 2016 violavano l’obbligo dell’Ungheria di garantire ai richiedenti asilo un accesso effettivo alla protezione internazionale. Nel 2021 si sono verificati oltre 71.000 respingimenti al confine serbo-ungherese.

A marzo, la Corte europea dei diritti umani ha stabilito che trattenere i richiedenti asilo in aree note come “zone di transito” corrispondeva a detenzione illegale. Il caso riguardava una famiglia iraniano-afgana di cinque persone (tra cui una madre incinta e tre minori), detenute nella zona di transito della città di Röszke in condizioni inadatte, senza cibo o cure mediche adeguate, circostanza che equivaleva a un trattamento disumano e degradante. Questa situazione, combinata con la mancanza di una base legale per la detenzione e con la sua durata, equivaleva anche a detenzione illegale. Dopo un primo rigetto della loro domanda di asilo, ai richiedenti era stata concessa la protezione sussidiaria.

A luglio, la Corte europea dei diritti umani si è pronunciata per la prima volta sui respingimenti nel caso Shahzad vs. Ungheria, relativo al diniego di accesso alla procedura di asilo e all’espulsione violenta di un cittadino pakistano da parte di agenti di polizia ungheresi nel 2016. La Corte ha ritenuto che l’Ungheria avesse violato il divieto di espulsione di massa e il diritto a un rimedio effettivo. Tale pratica tuttavia è continuata.

LIBERTÀ D’ESPRESSIONE, ASSOCIAZIONE E RIUNIONE

La legge sulla “trasparenza delle organizzazioni della società civile in grado di influenzare la vita pubblica” (la nuova LexNgo) è entrata in vigore il 1° luglio, portando a un ulteriore controllo e stigmatizzazione delle Ong.1 La nuova legge era necessaria per una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue del giugno 2020, secondo cui la legge del 2017 sulla trasparenza delle Ong introduceva restrizioni discriminatorie e ingiustificate alla libertà di associazione. Tuttavia, pur abrogando la legge precedente, il parlamento ha introdotto nuovi regolamenti che ancora una volta hanno indebitamente limitato il diritto alla libertà di associazione. La legge ha prescritto audit annuali delle Ong, il cui patrimonio totale superava i 20 milioni di fiorini ungheresi (55.000 euro). Le Ong hanno espresso preoccupazione per il fatto che queste nuove disposizioni potrebbero portare ad audit arbitrariamente selettivi e intimidatori da parte delle autorità.

Nella sua decisione del 16 novembre 2021 sulla LexNGO 2018 (“Stop Soros”), la Corte di giustizia dell’Ue ha stabilito che l’Ungheria aveva violato sia le direttive Ue sulle procedure che quelle sull’accoglienza, introducendo un motivo di inammissibilità per respingere quasi automaticamente le domande di asilo di coloro che arrivano in Ungheria attraverso un “paese di transito sicuro”. La Corte ha anche rilevato che l’Ungheria ha illegalmente criminalizzato le attività di coloro che hanno fornito assistenza ai richiedenti asilo.

DIRITTO A UN PROCESSO EQUO

Nonostante una sentenza della Corte europea dei diritti umani del 2016 secondo cui la destituzione del presidente dell’ex Corte suprema ungherese, András Baka, aveva violato il diritto a un processo equo e il diritto alla libertà d’espressione, l’Ungheria ha continuato a non attuare la decisione e a non adottare misure generali per proteggere da interferenze indebite il diritto dei giudici alla libertà d’espressione e altri diritti. L’Ungheria non è stata in grado di presentare un piano d’azione aggiornato entro dicembre 2021.

Uno sviluppo positivo è stato il verdetto della Corte costituzionale ungherese, emesso a marzo, con il quale è stata dichiarata incostituzionale la disposizione che consentiva la detenzione preventiva illimitata in attesa di una prima decisione, poiché violava il diritto alla libertà; la Corte ha ribadito che la detenzione preventiva doveva avere un limite assoluto. La norma è stata pertanto abrogata a settembre.

La relazione annuale della Commissione europea sullo stato di diritto ha individuato problemi che minacciavano seriamente lo stato di diritto in Ungheria. La Commissione non è stata in grado di indicare alcun sostanziale miglioramento rispetto ai risultati della relazione del 2020. Il sistema ungherese di pesi e contrappesi, così come la trasparenza e la qualità del processo legislativo sono rimasti motivi di preoccupazione.

 

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