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Una “megadiscarica” in una ZPS (Zona di Protezione Speciale)? Accade in Italia, in provincia di Roma

Sono ancora nitidi gli echi della travagliata storia del sito destinato ad ospitare i rifiuti di Roma Capitale, che quella stessa area che il sindaco Alemanno aveva individuato come idonea, torna al centro degli appetiti dei cercatori di soluzioni non sempre intelligenti per risolvere il problema dell'immondizia.

Ci troviamo di nuovo nel territorio del Comune di Allumiere, a pochissimi chilometri dal centro di Civitavecchia. E la distanza tra il sito precedente (che faceva parte del Centro Tecnico Militare per la Difesa NBC) e quello attuale, è appena di qualche centinaio di metri, in località Spizzicatore.

Un aspetto singolare di questa vicenda è che l’azienda Renerwaste, del gruppo Green Vision Ambiente, pensa di costruire un mega impianto di compostaggio (e non solo) per un minimo di 70.000 tonnellate annue di rifiuti (ma a regime sarebbero 250.000) all’interno di una ZPS, una zona di protezione speciale inserita nella rete Natura 2000, che per la cronaca deve solo all’Europa l’istituzione ed è finalizzataa proteggere i territori più idonei alla conservazione delle specie animali elencate nell'Allegato I e di quelle migratorie (uccelli).

Ma cos’altro c’è di sospetto in un progetto di cui la Renerwaste ha già presentato l’istanza di autorizzazione alla Provincia di Roma da dipingerlo come “il cavallo di troia per la megadiscarica”?

E’ proprio questa l’espressione utilizzata dalle associazioni della società civile (vedi manifesto) che si occupano di ambiente e salute (comitato No Megadiscarica di Allumiere, ISDE-Medici per l’ambienteScarica la DiscaricaForum AmbientalistaNo alla discarica, Piazza Pulita e Nessun Dorma) che in un’assemblea pubblica, a cui ha dato il proprio patrocinio l’Assessorato all’Ambiente del Comune Civitavecchia, hanno analizzato puntualmente perché questo progetto sia contro qualsiasi ragionevole idea di sostenibilità ambientale.
 
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Emiliano Stefanini, Scarica la Discarica

Ma non ci troviamo di fronte al solito “no” a tutto, dove l’immondizia diventa un problema insolubile, perché, come ha spiegato Emiliano Stefanini, uno degli organizzatori della manifestazione, esisteva già un progetto per trattare esclusivamente i rifiuti di Allumiere e dei comuni dell’area, ma provenienti dalla sola frazione umida della raccolta differenziata porta a porta per ottenere compost di qualità. E naturalmente non si parlava di occupare un’area posta addirittura all’interno della ZPS, per legge incompatibile con impianti di trattamento rifiuti.

 
E, come hanno sottolineato sia Mauro Mocci, medico di base (ISDE-Medici per l'Ambiente) che Fulvio Floccari, nefrologo presso l’Ospedale San Paolo, il progetto della Renerwaste non solo non rispetta la ZPS, ma è a pochi metri di distanza dal Centro chimico del Ministero della Difesa dove sembra siano ospitati materiali altamente pericolosi come l’iprite. Il tutto si dovrebbe inserire inoltre in un’area compromessa da oltre sessant’anni di servitù energetica per la presenza di tre centrali termoelettriche e di un porto tra i primi nel Mediterraneo per traffico passeggeri e merci. Tutti elementi che lo studio di Renerwaste sembra ignorare completamente, considerando il territorio vergine sotto il profilo dello stress ambientale.
 
Ma, chiede Floccari, se la raccolta differenziata di Allumiere (un comune virtuoso con il 70% di raccolta porta a porta) non supera le 430 tonnellate annue a cosa serve un impianto da 70.000 tonnellate di rifiuti tra urbani e scarti del legname? Anzi a chi serve? Non certo al territorio che al massimo produce 10.000 tonnellate di rifiuti trattabili.
 
Il progetto Renerwaste in realtà non mira solo a produrre compost ma anche gas da utilizzare per produrre energia elettrica (15 GWe/anno) tramite un cogeneratore e quindi sono previste ulteriori emissioni in atmosfera di CO2, ossidi di azoto, ossidi di zolfo e polveri.
 
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Slide "Produzione diossine da inceneritore"

Ma c’è dell'altro da sapere, perché Green Vision-Ladurner, che controlla Renerwaste, come viene indicato nella newsletter on line dell’Autorità portuale di Venezia presente sullo stesso sito dell’aziendasfrutta “un trattamento meccanico-biologico per lo smaltimento dei rifiuti urbani che permette di ottenere 50 tonnellate di combustibile ogni 100 tonnellate di rifiuti. I più grandi sono a Fusina (Venezia) e La Spezia”. Ecco apparire un sottoprodotto nuovo di tutto quello che non diventa compost: il Combustibile da rifiuti (Cdr), utilizzabile in centrali a carbone o cementifici. E così come a Fusina, anche a Civitavecchia è pronta una centrale Enel riconvertita a carbone, quella di TVN, e se non bastasse ne è disponibile un’altra, quella TVS di Tirreno Power (Sorgenia).

 
Occorre anche considerare come sarebbero necessarie migliaia di metri cubi d’acqua per trattare i rifiuti, acque reflue destinate a finire, dopo alcuni processi di depurazione, nel fiume Mignone il quale termina in mare esattamente in corrispondenza della spiaggia di Sant’Agostino, appartenente al Comune di Tarquinia, ma utilizzata prevalentemente dai cittadini di Civitavecchia.
 
Ma allora come mai da un piccolo progetto destinato al compostaggio e solo di quanto proveniente dalla raccolta differenziata di un piccolo comune, si è arrivati ad un impianto che potrebbe ospitare a regime addirittura 250.000 t/anno, arrivando a interessare l’intera Regione Lazio e persino parti della Toscana e dell’Umbria, e dove si prevede di trattare anche sabbie, rocce, altri rifiuti oltre lo stoccaggio di “sovvalli di ricircolo” che la giurisprudenza classifica come rifiuti speciali?
 
Possibile che nessuno sapesse nulla e che all’improvviso sia esploso il problema dopo che le associazioni di salvaguardia dell’ambiente e della salute sono venute in possesso della richiesta di Renerwaste protocollata alla Provincia di Roma a maggio scorso?
 
Come prevedibile sono piovute critiche sull’operato del sindaco di Allumiere, Augusto Battilocchio, appena rieletto nelle ultime elezioni amministrative, per il fatto di non aver reso pubblico un progetto dal sensibile impatto ambientale, che investe pesantemente anche i territori dei comuni limitrofi.
 
Chiamato in causa, Battilocchio ha tentato una difficile difesa dopo aver premesso che Allumiere è uno dei primi comuni d’Italia nella raccolta differenziata. Il progetto Renerwaste risulta, sempre secondo il sindaco, difforme rispetto a quanto previsto ed approvato e quindi i volumi da trattare dovrebbero essere non superiori alle 30.000 t/anno, ma ha rinviato alla riunione convocata il 5 luglio presso al Provincia di Roma una decisione che a questo punto è politica e tecnica allo stesso tempo.
 
La richiesta di autorizzazione, tuttavia, è basata su un progetto ben più consistente di quello di cui parla il sindaco di Allumiere e sarà su quello che verrà effettuata la Valutazione d’incidenza ambientale, che non potrà comunque non tenere conto della Zona di protezione speciale.
 
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Enrico Luciani, vice sindaco di Civitavecchia e Roberta Galletta, assessore all’Ambiente

Un giudizio negativo è stato espresso anche dal vice sindaco di Civitavecchia, Luciani, che nel suo intervento ha bocciato l’opera che non è altro che la discarica di Roma cacciata dalla porta e rientrata dalla finestra. Anche per il sindaco di Tolfa, Landi, quella di Allumiere è “una scelta unilaterale” che avrebbe potuto essere evitata con il coinvolgimento dei comuni vicini. L’impianto rischia di mettere fuori gioco tutti gli investimenti effettuati per incrementare il turismo, il consumo dei prodotti locali, la tutela dell’ambiente.

 
E non ci vuole molto per capire come anche alcune iniziative imprenditoriali in essere o programmate, siano minacciate da impianti del tipo proposto da Renerwaste: in particolare il parco acquatico di Acquafelix e le future Terme di Civitavecchia, poste a un paio di chilometri in linea d’aria dal sito dello Spizzicatore.
 
In una sala affollatissima di cittadini molto preoccupati, presenti esponenti di Pd, RifondazioneComunista, SEL, Italia dei Valori ma anche del Movimento 5 Stelle e delle liste civiche, è intanto stata avviata la raccolta firme contro la megadiscarica e altre iniziative di mobilitazione presso la Provincia, coinvolgendo la cittadinanza di Tarquinia, la cui economia è prevalentemente basata sull'agricoltura.
 
Ma valeva davvero la pena di compromettere ulteriormente un territorio per 14 posti di lavoro? A parere di Roberta Galletta, Assessore all’Ambiente del Comune di Civitavecchia, la salute è un bene primario che va tutelato insieme al patrimonio ambientale e questo impianto invece non farebbe che peggiorare la situazione di un territorio già ampiamente sfruttato da un numero ragguardevole di sorgenti inquinanti.
 
Ricordiamo che alcuni anni fa si convertì a carbone la centrale elettrica nonostante il parere contrario della cittadinanza, accadrà la stessa cosa per questo megaimpianto?

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.14) 13 luglio 2012 17:08

    Paolom

    Ringrazio Giorgio Zintu per l’articolo, che mi chiarisce alcune domande: perchè centrali a carbone a Civitavecchia? Perchè una discarica per Roma,"temporanea" e piccola vicino ad Albano?

    • Di Giorgio Zintu (---.---.---.137) 13 luglio 2012 20:39
      Giorgio Zintu

      Grazie per l’apprezzamento e soprattutto per l’attenzione con cui segui questi problemi. Purtroppo dietro queste scelte prese "al vertice", c’è anche una responsabilità di tutti nel non individuare per tempo le soluzioni più logiche e meno costose che permettano a ciascuna comunità locale di prendersi carico dei problemi legati ai rifiuti, prima che altri sfornino il peggio.

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