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 Home page > Tribuna Libera > Jobs: un tiranno competente

Jobs: un tiranno competente

Steve Jobs ha segnato con la sua presenza il tempo nostro, guidando ed organizzando l'individualismo collettivo

Non un visionario, ma un pragmatico, tenace, materiale, tiranno competente.

La stucchevole definizione di visionario, termine che sulla bocca di gretti e cialtroni convervatori viene usato come sinonimo di fanfarone, non deve intaccare minimamente la fisionomia di uno straordinario leader civile, politico ed industriale quale è stato Steve Jobs.

Jay Elliot, ex senion vicepresidente di Apple, nella biografia pubblicata proprio qualche settimana fa, ha definito il suo capo un tiranno competente.

Proprio la competenza, la pedissequa, piatta, materiale, noiosa e pedante competenza è il vero tratto caratteristico di questo principe moderno.

Più Edison che Leonardo, più Bell che Meucci.

Competente perché ne sapeva talmente tanto che la sua volontà era quasi sempre la migliore.

Tiranno perché non ammetteva deroghe alla sua volontà quando non ne vedeva una migliore.

Un genio dell'impresa ma anche un grande intellettuale che leggeva, decifrava e rielaborava i fenomeni sociali.

Come si può dire, dinanzi a tanta personalità, che non nascono più leader politici? Che cosa era Jobs se non il capo di un movimento politico mastodontico? Il movimento che intuì, praticò ed organizzò, l'individualismo connettivo.

Un movimento che guidò l'uscita dalla schiavitù del fordismo, che orientò l'ambizione al successo.

Non voglio essere elegiaco.

Considero il padre della Apple come l'esponente di un filone che speravo risultasse minoritario.

Il filone basato su una cultura proprietaria, dove l'hardware guidava il software, dove il design suppliva ai bachi, dove il marchio dominava sulla collaborazione.

Ma proprio per questo devo riconoscere che Jobs è stato il leader della fazione avversa.

Un leader vincente.

Il suoi partito, quello del Macintosh, dell'IPhone, dell'IPod e dell'IPad, ha lasciato un'impronta indelebile, un'impronta talmente profonda e personale che probabilmente non sopravviverà al suo autore.

Sull'altro versante, dobbiamo proprio oggi riconoscere che Google non sarà legato al destino dei suoi fondatori, che la potenza di calcolo diffusa è straordinariamente più potente della combinazione sociocommerciale dei fattori merceologici che hanno guidato l'Apple.

Dicevamo competenza e non vision, non perché visionario non fosse stato.

Tutt'altro.

Solo che la sua vision era un modo di progettare, sviluppare, gestire e vendere.

Non solo di percepire.

Il tutto con una straordinaria volontà e ambizione, quasi pierinesca: sono il più forte e voglio farlo vedere.

Ma anche: sono il più forte e posso cambiare il mondo con le mie idee.

Politica allo stato puro.

Follia e fame raccomandava Steve ai ragazzi di Stanford, nel 2005, ricordando che lui era un trovatello, cacciato ripetutamente dalla sua azienda e sempre ritornato in sella, grazie ad una suggestione, ad un'idea, ad una passione ed a tanta, tantissima competenza.

Ripartiamo da questa lezione: competenza, sapere e mai imitazione, nemmeno per le cose migliori.

Grazie Steve che ci hai fatto vedere come si fa e come si vince, anche quando non ci é piaciuto.

Hai dato forza e coraggio alle idee che condivido contro la miserabile grettezza di chi vuole speculare sul suo passato.

Fame, follia e competenza.

Che Dio ce la mandi buona.

Nel frattempo ci aveva mandato te.

Ciao Steve...

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