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Dove va il web? Tra copyright e i nuovi sistemi di potere

Qual è lo spazio della proprietà intellettuale in rete?

Apriamo l'anno con la domanda che, credo, ci guiderà per tutti i prossimi 12 mesi: dove va il pensiero? Non è tanto un richiamo all'aria verdiana, quanto il nodo economico su cui ci stiamo arrovellando da tempo: in rete vale ancora, ed è soprattutto un sistema utile e redditizio, lo statuto proprietario delle proprie opere intellettuali?

Sotto questa nuvola si muovono dati concreti: musica, video e soprattutto informazione. Di chi sono e come si possono usare? La notizia che viene da New York segna una svolta: i grandi giornali americani (con i due gemellini della qualità in primafila: New York Times e Washington Post) hanno promosso la costituzione di un'agenzia (NewsRight) di controllo dei propri materiali in rete, affidandole la riscossione dei diritti: una specie di Equitalia delle news.

Due sono le questioni in ballo su cui bisogna capire cosa pensiamo e da che parte stiamo, sia come individui, che come sistema paese.

La prima riguarda l'annosa questione del copyright.

La seconda una più sottile e decisiva questione relativa al ruolo dei nuovi poteri in rete.

Sulla prima siamo alle solite.

E' davvero possibile ingabbiare l'aria? Ma soprattutto è utile e profittevole? E' davvero decisivo per la qualità dell'informazione che si debbano pagare diritti di citazione per le notizie di tutti i giorni, anzi, di tutti i minuti? Vi pare plausibile che un sistema che si basa sullo scambio e la presunzione di assoluta e generale conoscenza delle informazioni in real time debba essere segmentato e rallentato da un sistema di pedaggi? O, piuttosto, come ci rammenta un grande giornalista americano: l'informazione è gratuita, è la conoscenza che va pagata? Comprendo bene, che, al giro di boa, le grandi testate, che fino ad ora hanno lucrato sulla rendita di posizione di essere quelle meglio posizionate nella raccolta e distribuzione delle notizie, ora si sentano con l'acqua alla gola.

Ma è davvero un diritto inalienabile proteggere le proprie capacità di partenza? O la società progredisce proprio grazie alla possibilità di estendere ed abilitare il maggior numero possibile di persone nelle attività più pregiate? Come si sentivano i copisti alla fine del '500, con l'avvento dei primi torni a caratteri mobili? Non era un titolo, faticosamente conquistato, di grande qualità intellettuale sapere scrivere in quell'epoca? E non sarebbe stato utile proteggere e stimolare la motivazione ad imparare a scrivere, promettendo grandi guadagni nella mediazione della calligrafia? Oggi l'informazione è una commodity, una materia prima di base, sulla cui circolazione si crea valore.

La circolazione ed il relativo valore d'uso avrebbe detto uno che di proprietà se ne intendeva, prevalgono sulla gestione e sul relativo valore di scambio.

Del resto l'intero sistema musicale dimostra come la diffusione oggi è funzione più pregiata e strategica per gli autori della compravendita dei singoli brani.

Ma è il secondo il punto decisivo che si pone: chi deve guidare il processo di riorganizzazione del sistema semantico-informativo? I net provider o i content provider? Ossia deve decidere Google o Le Monde? Io credo, in apparente contrasto con quanto detto, che debbano essere gli autori, ossia tutti gli utenti, i protagonisti.

E dunque delegare ai net provider l'allestimento dei sistemi semantici intelligenti, limitandosi ad esigere solo una gabella per l'inserrimento dei propri contenuti, mi sembra un modo subalterno per ritirarsi dalla scena.

Oggi a decidere il modo in cui si pensa e cosa si pensa è il software, ossia i sistemi automatici intelligenti che guidano, formattano e intermediano ogni nostri pensiero.

Dunque è lì che bisogna essere, e su quel terreno che si deve negoziare.

Se la massa critica dei grandi giornali internazionali, invece di inseguire l'aria delle proprie notizie sperando di poterci mettere il cartellino con il prezzo, diventassero loro stessi centri di elaborazione e di validazione dei sistemi tecnologici intelligenti, allora forse non andremmo, come richiamo di fare, incontro ad una stagione di nuove subalterneità a potentati centralizzatori.

Nel jukebox il valore era il disco, che attirava gente, nel computer e nei sistemi mobili il valore è il sistema utente, e il software che ci fa cercare, selezionare e scegliere il contenuto da usare.

La chiave è l'algoritmo, il contenuto è il pretesto.

Per questo trovo pericoloso concentrarci sui copisti mentre si sta decidendo come concepire la linotype.

Per un paese come il nostro, che vive di comunicazione e scambio di emozioni, non è cosa da poco.

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