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Un avvincente Rustioni per Il Trovatore lagunare

A Venezia un allestimento già visto, ma con molte interessanti novità.

Seconda opera della Trilogia Popolare che valse fin da subito un successo trionfale ad un Verdi appena uscito dagli anni di galera, Il Trovatore si caratterizza come un’opera ricca di tutto: passioni straripanti, colpi di scena, competizioni guerresche e morte, il tutto immerso in un contenuto musicale raffinato e coinvolgente. L’allestimento proposto quest’anno dal Teatro La Fenice è del 2011 ed è firmato da Lorenzo Mariani, che narra la vicenda attraverso una regia purtroppo un po’ statica, nella quale i cantanti troppe volte si esibiscono fermi al proscenio per cantare le loro arie che per contro sarebbero portatrici di potenti moti interiori.

Le scene di William Orlandi sottolineano in maniera minimalista la “tinta” notturna della vicenda e sono valorizzate dagli azzeccatissimi costumi dello stesso e dalle luci di Christian Pinaud. Novità di questa produzione è Daniele Rustioni, giovane promettente bacchetta che ha saputo dare vita a questa partitura melodicamente bella e coinvolgente e dall’orchestrazione fortemente evocativa, pur staccando tempi piuttosto stretti, ma di questi tempi pare che questo sia il trend. La vera star della serata, attesissima, è stato Gregory Kunde, al suo debutto nel ruolo di Manrico. Un ruolo impervio, impegnativo, che richiede doti di tenore lirico, ma anche una notevole potenza di emissione: Kunde ha convinto tanto carezzevolmente lirico in “A sì ben mio coll’essere” quanto potente e risoluto in “Di quella Pira”, cantata in tono e non abbassata, sempre nobile nel fraseggio e chiaro nella pronuncia. Meno strega delle Azucene alle quali siamo abituati, Veronica Simeoni ha delineato un personaggio coraggioso, nuovo rispetto all’Azucena torbida della tradizione. Il mezzosoprano romano ha dato prova delle sue qualità vocali soprattutto in “Stride la Vampa” e in “Condotta ell’era in Ceppi”.

Il ruolo di Leonora è stato interpretato da Carmen Giannattasio, corretta, dotata di una morbida linea di canto, ma a tratti lontana dal suo personaggio. Artur Rucinski è stato un Conte di Luna che non ci ha propriamente convinto, diversamente dal basso Roberto Tagliavini, un Ferrando dagli accenti nobili e decisi. A completare il cast, molto dignitosamente Lucia Raicevich (Ines), Dionigi D’Ostuni (Ruiz), Salvatore Giacalone (vecchio zingaro), Bo Schunneson (un messo). Il coro preparato dal m° Claudio Marino Moretti è stato all’altezza di questa interessante compagnia di canto. Pubblico entusiasta, lunghi applausi e ripetute chiamate al proscenio.

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