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Tremonti risuscita Keynes

Può accadere che un esponente del centro-destra come il ministro Tremonti celebri pubblicamente il profeta dello statalismo Keynes. Mala tempora currunt ?

Tremonti incassa l’assenso dell’Unione Europea al suo progetto di trasformazione della Bei in banca di sostegno alle imprese. E adotta in toto il modello keynesiano di intervento dello Stato in economia.

 

Per capire bene quelle che sono le possibili conseguenze di una scelta come questa non resta che dare uno sguardo alle teorie propugnate da John Maynard Keynes, il quale nel saggio "La teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta" diede avvio ad una rivoluzione che porta il suo stesso nome (keynesiana). Con essa l’economista inglese confutò l’idea allora imperante secondo cui l’equilibrio tra la domanda aggregata (di beni, servizi, ecc) e l’offerta aggregata si posizionasse a livello di "produzione potenziale", nonché il teorema classico per cui la curva dell’offerta aggregata fosse piuttosto "verticale" (come si dice in gergo) in ragione di prezzi e salari flessibili; suscettibili quindi di cambiare abbastanza velocemente nel tempo. Keynes sostenne che nei sistemi economici moderni non sarebbe stato sufficiente abbassare i prezzi di offerta del lavoro per creare occupazione, poiché l’equilibrio tra la domanda e l’offerta poteva situarsi ben al di sotto del prodotto potenziale, cosicchè sarebbe stato necessario, per uscire da questa situazione di stallo, aumentare la misura del Pil destinata agli investimenti pubblici e privati. In tal modo e tenendo comunque in considerazione che i prezzi e i salari erano piuttosto vischiosi (la curva dell’offerta era come suol dirsi "orizzontale") era possibile, attraverso una politica di incremento della spesa pubblica e degli investimenti privati, innalzare notevolmente il livello della produzione.

Il modello economico disegnato da Keynes dovette ben presto fare i conti con due problemi spinosi che minarono alle fondamenta l’impalcatura teorica da lui costruita minuziosamente: l’inflazione e il debito pubblico.

Nazioni come l’Italia adottarono il modello keynesiano, dando via libera ad una politica fiscale specifica e facendo lievitare la spesa pubblica. Ma già negli anni ’80 il debito italiano arrivò a cifre stratosferiche, tanto che molti criticarono la visione "assistenzialista" della nostra economia. E da più parti si alzarono voci per smantellare lo Stato sociale.

Oggi con la crisi finanziaria che incombe c’è una sorta di revival delle teorie keynesiane. Hanno iniziato gli Stati Uniti con la nazionalizzazione delle agenzie di mutuo e continuerà l’Europa con la riforma della Banca europea degli investimenti.

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