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Traiettorie sociologiche: Lo schermo del sogno come specchio: Doppio sogno e Eyes Wide Shut

di Rossella Lina Visciano
 
Pazienti ed analisti possono condividere in seduta un lapsus comune: chiamare “sogno” il film e “film” il sogno. Questo accade perché i film sono utilizzati come finestra sull’inconscio, come rappresentazione dell’alterazione degli stati di coscienza, come flashback; infatti essi hanno in comune la funzione di rappresentare “ricordi schermo” basati perlopiù sulla scena primaria. In questo senso la seduta psicoanalitica ha qualcosa del sogno e può essere assimilata al cinema, soprattutto in quella particolare fase in cui si manifesta come comunicazione mediata da immagini.

Il sogno rimane per l’analista una preziosa “spia” dei processi inconsci.
 
È proprio il sogno che mette i due protagonisti del film Eyes wide shut, William Hartford e la moglie Alice, di fronte alla consapevolezza del fallimento del proprio matrimonio dovuto alla mancanza di comunicazione e di sincerità da parte di entrambi. Nel film realtà e sogno si intrecciano a tal punto da portare la coppia all’inevitabile ed allo sgomento. Ma nulla succederà se non l’emergere della convinzione di entrambi che la realtà non è totalmente vera e che pure “nessun sogno è interamente sogno”… (Schnitzler, Doppio sogno, 2000, p. 114).

Il film è stato tratto dal racconto di Schnitzler, Doppio sogno, il quale esamina il rapporto di coppia tra un medico di successo, Fridolin, e sua moglie Albertine che, all’apparenza, sembrano coniugi abbastanza soddisfatti e senza problemi.
 
L’opera di Schnitzler, che è un racconto in bilico tra sogno e realtà, prende avvio a partire dall’apparente tranquillità della coppia che si trova a raccontare una fiaba alla figlia. Una scena calma, tranquilla, fiabesca, molto simile a quella rappresentata dal film di Kubrick, che nasconde una miriade di dubbi, incertezze, angosce, desideri repressi che una volta liberati coinvolgeranno i personaggi in una ridda di avventure reali, fantastiche e sognate costringendoli a percorrere le fasi della loro crisi alla ricerca affannosa di una verità che non esiste se non nel tentativo di una comprensione. Nessuna delle avventure erotico-surreali di Fridolin giungerà a compimento, il desiderio di tradire il marito è per Albertine solo un sogno. Entrambi si trovano a vivere situazioni alienanti dove il simbolo di tale estraniazione è la maschera ed il mistero che l’avvolge; non a caso Schnitzler dà alla novella il titolo di “doppio” e, non a caso, la sua storia inizia dalla conversazione fra i protagonisti sul veglione in maschera della sera precedente a cui i due hanno partecipato; infatti sia la festa nel Club, sia il vestito preso in prestito dal costumista, sia l’episodio del ritrovamento del cadavere della donna sacrificatasi per lui quella sera al Club, rappresentano il segno della perdita di identità che connota la crisi dei protagonisti. Dalla conversazione sulle futili avventure della notte (l’avventura di Fridolin nel Club ed il tradimento di Albertine nel sogno) i due passano ad un discorso più serio sui desideri nascosti che li portano ad esplorare regioni apparentemente nascoste che avrebbero potuto ignorare solo in sogno. Il sogno diventa così una “regione” dell’anima in cui si realizzano desideri repressi; infatti sarà proprio Albertine ad intraprendere un viaggio nel sogno dove è chiaro il desiderio di voler tradire il marito con il danese che l’aveva ammaliata durante una vacanza in Danimarca. Analoga situazione la vive anche Fridolin quando prende parte alla festa nel Club, ma con un’unica differenza: Fridolin non riuscirà a possedere la bella sconosciuta; Albertine, invece, si concederà al danese.
 
Schnitzler pone l’accento sulla dimensione onirica come momento rivelatore dei tradimenti di entrambi. Egli, nonostante sia uno studioso di psicoanalisi e contemporaneo di Freud, a differenza di quest’ultimo, rimane affascinato dalla simbologia onirica, dalla ricorrenza dei temi ossessivi, dagli spazi e da dimensioni che in essa si aprono, come l’idea della morte legata al sogno che richiama alla mente l’immagine dell’obitorio.
 
È solo a partire dal Dicembre del 1995 che viene annunciato il nuovo film di Kubrick, tratto dal racconto Doppio sogno di Schnitzler, che si chiamerà Eyes wide shut ed avrà come protagonisti Tom Cruise e Nicole Kidman.
 
I personaggi di Kubrick si muovono in un universo che sfugge alla loro comprensione, in un mondo fatto di menzogne, di inganni e di false rappresentazioni. Questa perdita di controllo e di comprensione si riflette nella progressiva spersonalizzazione dei personaggi che divengono privi di identità. Tale perdita viene evidenziata nell’uso dei primi piani che cercano di indagare l’animo dei personaggi. In questo senso la maschera, anche nel film, così come nel racconto di Schnitzler, diventa il tema ricorrente di tutta la rappresentazione cinematografica, così come la sua ossessione per il tema del doppio. Altri espedienti per denotare la crisi sono un uso distorto del tempo e dello spazio, che perdono la loro neutralità per diventare espressione della soggettività ed emotività dei personaggi.
 
In questo senso per Kubrick il cinema diventa un parallelo del sogno e del suo linguaggio così come il linguaggio dell’inconscio diviene uno sguardo sulla realtà.
 
Le prime differenze che emergono dal confronto tra il film e la novella è che il primo è concentrato in quattro giorni ed è ambientato in una odierna New York natalizia (a differenza di Vienna, nella quale Schnitzler ha ambientato il suo racconto). Il film si apre con la scena dei due coniugi che si recano come ogni anno alla festa natalizia di Victor Ziegler (tale personaggio comparirà anche alla festa in maschera tenutasi in un Club privato al quale si poteva accedere solo tramite parola d’ordine che nel libro era “Danimarca”, nel film è “Fidelie”). Durante la festa, così come accade nel racconto, Alice viene corteggiata da un ungherese mentre Bill ritrova un vecchio compagno di università che lavora come pianista e che più tardi sarà colui che lo inviterà alla festa privata nel Club. Tornati a casa inizia il calvario dell’alienazione; infatti, a questo punto Kubrick riprende una scena del racconto di Schnitzler dove i coniugi fumano insieme marijuana, la quale da vita a stati alterati di coscienza. Resa eccitata ed aggressiva da questa, Alice, spinta dall’insensibilità e dalla mancanza di comprensione da parte del marito, decide di togliersi la “maschera” e dà il via ad un gioco di verità che la porta a confessare a Bill di aver provato una forte attrazione durante un viaggio a Cape Cod per un ufficiale di marina, ma una telefonata interrompe il discorso. Interessante è in questa scena, da parte sia di Kubrick che di Schnitzler, l’eliminazione della reciproca confessione del mancato tradimento, in quanto esso si verificherà solo dopo il ritorno a casa dalla serata trascorsa nel Club.
  
Il viaggio onorico-reale-surreale dei protagonisti è proposto e ricreato sia mediante l’uso di un contrasto cromatico (rosso-blu) che delinea il conflitto tra realtà psichica e realtà materiale tra giorno e notte, sia mediante l’utilizzo di movimenti di macchina che sembrano inghiottire e avviluppare il protagonista maschile in un luogo “proibito”, in un luogo intermedio tra conscio e inconscio. Nel racconto di Schnitzler non ci sono riferimenti cromatici ma la mente del lettore è incentrata sull’elemento del “doppio” e sul dubbio se quel che sta leggendo è il sogno dei protagonisti o è la “realtà”.

Anche in Kubrick gli elementi del doppio ritornano non solo attraverso i personaggi ma, anche grazie all’uso degli specchi, come nell’immagine di apertura con Alice riflessa nello specchio, o quando tornati a casa i protagonisti si accingono a fare l’amore davanti allo specchio.
 
Centrale nel film è la maschera che rappresenta il desiderio di nascondersi dietro ad un qualcosa che si è commesso al fine di non essere scoperti. Inoltre, da non trascurare il ritrovamento di essa sul cuscino, il posto occupato durante il sonno, dove il sogno dei protagonisti “smaschera” il tradimento, mancato, di Bill la notte precedente. Al contempo la maschera è la prova che i vissuti hanno valicato il confine tra sogno e realtà, guadagnandosi una forma concreta. Finisce così per riaffiorare il principio del desiderio e della ricerca della verità che muove i due protagonisti ad agire una confessione reciproca.
 
Quel che è certo, però, è che Eyes wide shut si presenta, così, come un capolavoro che abbatte ogni confine tra sogno e realtà penetrando in profondità nell’animo umano, rivelando le più inconfessate debolezze e le più intime pulsioni dell’uomo. 
 
 
Bibliografia
Freud S.,  Die Traumdeutung, 1899, trad. it L’interpretazione dei sogni Bollati Boringhieri, Torino. 
Schnitzler A., Traumnovelle, 1931, trad. it Doppio sogno Adelphi, Milano.
 
Filmografia
Kubrick S., Eyes Wide Shut, USA/GB, 1999. 

Commenti all'articolo

  • Di verygood (---.---.---.118) 17 ottobre 2009 11:15
    Glaros - scrittura creat(t)iva

    Suggerirei di estendere la (psico)sociologica traiettoria dell’interessante articolo, a quell’altro più ampio speculare doppio fondo storico di cui tratta Jacques Derrida it.wikipedia.org/wiki/Jacques_Derrida in particolare ne La Disseminazione. Il ’piucchepresente’ del quale tratta lo studioso francese ora scomparso, sembra problematizzare un diffuso ’specchio storico’ ben ulteriore a quello (soltanto) cinematografico. Anche Mario Lavagetto nel suo Freud, la letteratura e altro, Torino 1985, affrontava già la materia che qui si ripropone.
    Nel mio CortocircuitOne. Storia di un’astrazione fatale, presentato nel 2006 alla Fiera del Libro di Torino, ho rilanciato tutto l’insieme della derridiana question (Cfr. Jacques Derrida De l’esprit. Heidegger et la question, Milano 1989).

    • Di Roxy (---.---.---.91) 17 ottobre 2009 17:55

      Sicuramente Eyes wide shut è un film che si pone a molte interpretazioni non solo psicologiche ma anche sociologiche e filosofiche. 
      Tra Derrida e Freud c’è un "filo conduttore" che parte dalla visione del perturbante ( in ne la Disseminzione) al principio di piacere (in Speculare -su Freud). Entrambi elementi che si trovano anche nel film dove il perturbante si esprime sui volti dei personaggi; mentre il principio di piacere è il film stesso, dove i protagonisti vivono in una realtà che soddisfa le loro libido ma che occulta il vero, il reale. Il film anticipa problemi che sono attuali come l’assenza di comunicazione tra i coniugi(oggi, ad esempio si parla molto meno in familgia perchè si peferisce guardare la tv o navigare in internet), la paura di raccontarsi, il voler vivere una realtà che non è quella reale ma che ha la funzione di proteggere l’uomo dai suoi problemi rimandandoli... La realtà che racconta il film è solo una parte della realtà che viviamo, una parte dello "specchio storico" di Derrida. 

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