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Tra Zaia e Profumo le prime scintille local contro global

Continua il braccio di ferro sulla futura governance di UniCredit. Da una parte l’amministratore delegato Alessandro Profumo. Dall’altra le fondazioni azioniste che, dopo la tornata elettorale favorevole per la Lega Nord, reclamano il federalismo bancario.

Continua il braccio di ferro sulla futura governance di UniCredit. Da una parte l’amministratore delegato Alessandro Profumo. Dall’altra le fondazioni azioniste che, dopo la tornata elettorale favorevole per la Lega Nord, reclamano il federalismo bancario. Ieri Luca Zaia, neogovernatore del Veneto, è corso in sostegno di Cariverona di Paolo Biasi, ricordando che «più la banca è local, più ci piace». Immediata la replica di Profumo: «Con la Banca unica riavviciniamo al territorio tutta una serie di decisioni. Insomma, continueremo a parlare il dialetto dove abbiamo le radici, ma anche l’inglese». Merito di una figura, il country manager italia, che accontenterebbe tutti. Il nome più indicato per questo ruolo potrebbe essere quello di Paolo Fiorentino, attuale vice di Profumo, e al centro di una rete di rapporti, tra i quali c’è una vicinanza a Fabrizio Palenzona, vice presidente di Piazza Cordusio.

Fiorentino, classe 1956, si autodefinisce napoletano doc. Si è laureato in Economia a Napoli e nel 1981 entrò al Credito italiano. Da sempre si è occupato di reti commerciali e clientela retail. Dopo un decennio passato presso la divisione Risorse umane, il cambio. Nel 1999 diventa condirettore centrale di UniCredito e Chief operating officer di Bank Pekao, secondo istituto di credito polacco.
A Varsavia inizia l’ascesa di Fiorentino. Sale alla guida di Pekao per completare la sua riorganizzazione gestionale. In pochi mesi, si dice negli ambienti di Piazza Cordusio, «è riuscito a fare quello che altri avrebbero fatto in anni, razionalizzando una società che usciva da una dolorosa privatizzazione». L’esperienza polacca di fatto apre le porte a Fiorentino, che diventa direttore centrale nel 2002 e vice direttore generale nel 2003, con delega Global banking services (Gbs). Questa mansione sarà mantenuta anche nel 2007, quando assume la carica di Deputy chief executive officer, in pratica numero due di Profumo, insieme con Sergio Ermotti e Roberto Nicastro.

Fiorentino è l’uomo che ha governato l’ingresso di Capitalia in UniCredit, al tempo della fusione. A Roma ha gestito una vicenda chiave, la trattativa tra l’Italpetroli della famiglia Sensi e UniCredit per i debiti della squadra giallorossa, negoziando anche il rapporto tra la società dei Sensi e il Campidoglio.

Ai tempi della fusione, Fiorentino ha saputo mediare fra le richieste di Geronzi e gli obiettivi di Profumo su Capitalia. Sarebbe stato lui in prima persona a trattare con l’advisor nominato da Capitalia, Claudio Costamagna, ai tempi da poco uscito da Goldman Sachs e vicino agli ambienti di Romano Prodi. Nel gioco della diplomazia bancaria, gli è toccato anche di gestire il complicato rapporto con Salvatore Mancuso, presidente del Banco di Sicilia che si era messo di traverso alla fusione. Andarono via Mancuso, il direttore generale Giuseppe Lopes e l´amministratore delegato Beniamino Anselmi. Al vertice arrivò Nicastro, legato a Profumo – anche dal comune passato in McKinsey – per traghettare il passaggio verso Ivanhoe Lo Bello.

Profumo lo considera «diretto, semplice e rapido» e lo considera un buon diplomatico e un efficiente operativo.

Ora bisognerà capire in che modo si troverà l’accordo. La fondazione Cariverona guidata da Paolo Biasi ha chiesto di ottenere una subholding per il territorio italiano, da far rientrare come parte integrante del progetto Banca unica. Durante l’ultimo comitato strategico, lunedì scorso, Profumo e il presidente Dieter Rampl avrebbero convenuto che la miglior soluzione sia il country manager, sul modello austriaco, polacco e tedesco. Certo, con malizia qualche osservatore fa notare che un napoletano farà storcere il naso ai poteri veronesi pressati dalle suggestioni padane. Profumo dovrà evitare attriti e difendere la soluzione del country manager. Le fondazioni azioniste, specialmente Cariverona, hanno molte riserve sulla reale operatività. Avrebbero preferito la subholding, per poter far valere le rispettive posizioni di forza in chiave di seggi della nuova struttura.
Ora tocca a Profumo convincere tutti che questa è la soluzione migliore.

 

Credits Foto: Il Riformista del 31 marzo 2010

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