• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Cronaca > Terzigno: cronaca giudiziaria

Terzigno: cronaca giudiziaria

Dal 1994, in Campania, lo sanno anche i sassi, non si è mai venuti a capo del sistema dello smaltimento dei rifiuti. Ribadiamo sin da subito: non se ne è mai venuti a capo grazie alla stretta collaborazione tra camorra locale, mafia bianca e apparati deviati dentro lo Stato. Non nei governi, se fosse stato così sarebbe bastato cambiare legislatura per risolvere la questione rifiuti, invece, è sotto gli occhi di tutti, che il governo in carica fosse di destra o di sinistra non è cambiato mai nulla. Si chiama centralizzazione politica, quando la classe dirigenziale, le segreterie partitiche sono unite da affari e condividono porzioni di territorio. Anche l'OMS (l'Organizzazione Mondiale della Sanità), ha dimostrato più volte con i suoi studi, passati o più recenti, come l'accumularsi dei rifiuti, legali ed illegali, urbani ed industriali, abbiano contaminato il suolo, l'acqua e l'aria con una serie di agenti tossici tra cui la diossina. È stata riscontrata, inoltre, un'alta correlazione tra l'incidenza di cancro, malattie respiratorie e malformazioni genetiche e la presenza di discariche di rifiuti industriali e tossici.

Le comunità locali continuano ad organizzarsi e a protestare, rischiando l'arresto, al fine di essere ascoltate dal Governo che finora le ha escluse dai processi decisionali. La cronaca recente ci racconta che ad essere sotto accusa, oggi a Terzigno, sarebbe finito il Corpo Forestale dello Stato sezione di Boscoreale, reo, secondo i comitati locali, di non vigilare, come espressamente richiesto ma, non si sa bene da chi; dicasi scarica barili istituzionali, esperti nello scaricarsi responsabilità. La cronaca riporta anche dell'ennesima ordinanza a firma del presidente dell'Ente Parco Vesuvio, Ugo Leone, dove esprime l'urgenza di chiudere cava Sari a causa dell'importante stato di degrado e inquinamento del territorio vesuviano. L'ordinanza sarebbe stata inviata ai gestori, occulti, della società S.A.R.I. (Società Agricola Recupero Industriale srl), cava Sari. La storia di questa società si intreccia con nomi vecchi, capaci di rinnovarsi anche da dentro il ''gabbio''. I La Marca, i Fabbrocino, famiglie camorriste che ricordano la faida del secolo, quella tra cutoliani e anticutoliani. Ma che ancora dettano legge sull'area vesuviana, la camorra bianca, quella con la cravatta e la ventiquattrore, quella delle banche.

San Giuseppe Vesuviano: un'amministrazione sciolta per infiltrazioni camorristiche nel 1993 e risciolta lo scorso novembre. Il sindaco, Antonio Agostino Ambrosio, “Tonino ‘o biondo”, amico dei clan della zona, Alfieri e Fabbrocino, in ottimi rapporti con vip della prima e della seconda repubblica. La giunta viene nuovamente sciolta per infiltrazione camorrista: affari, appalti, monnezza, abusivismo, abuso di ufficio, corruzione e quanto serve a far soldi. "E' un caso clamoroso – hanno commentano dalla procura di Napoli - una rete collusiva ramificata, radicata, perpetuatasi tranquillamente negli anni". Ambrosio ha subito svariati processi, ma, come fosse prerogativa di tutte queste persone indagate per collusione con mafia, camorra o n'drangheta, è riuscito a farla sempre franca. San Giuseppe Vesuviano confina con Terzigno e Somma VesuvianaAntonio Cutolo, soprannominato Tonino ´a mulletta, elemento di spicco della camorra vesuviana. Il boss è stato a lungo capozona a San Giuseppe Vesuviano della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Il nipote di Antonio Cutolo, Luigi Oncia, viene indicato dall'autorità giudiziaria il tramite tra il sindaco Antonio Agostino Ambrosio e l'organizzazione criminale locale. Cutolo Antonio ha dichiarato di aver avuto un incontro, nel giugno 2006, presso l'abitazione di suo cugino, Domenico De Angelis, architetto responsabile dell'ufficio tecnico del comune di San Giuseppe Vesuviano, con il sindaco Ambrosio. Nella riunione Cutolo, in vista delle elezioni amministrative, maggio 2007, “mercanteggia” - come sottolinea il Gip - con il sindaco la propria capacita' di condizionare l'elettorato locale, chiedendo in cambio l'affidamento della responsabilita' dell'intera area tecnica comunale, estesa anche alla gestione della raccolta dei rifiuti, proprio al cugino, architetto Domenico De Angelis". L'architetto affidava, dal canto suo, l'incarico di superconsulente di tutta l'area tecnico-urbanistica ad un ingegnere, Settimio Perillo, faccendiere, notissimo agli inquirenti, del clan Fabbrocino.

Veniamo alla questione rifiuti: un gruppo di società che hanno fatto regolarmente man bassa del ghiotto appalto, presentandosi come imprese singole, o associate, oppure passandosi il testimone: tutte scoperte, a danno compito, “non in regola” con la normativa antimafia. Una società, la DE.LE.CO, diventata in seguito S.A.I. e ancora Cooperativa San Marco. Tutte sigle che delineano, senza margine di dubbio, l'asse Ambrosio-Colucci-La Marca. «Permeabile ai voleri della criminalità organizzata e segnatamente al clan Fabbrocino», come mette nero su bianco il decreto prefettizio. Un boom di appalti in mezza Italia fino alla globalizzazione via Waste Management. Seguendo le mollichine come Pollicino, queste società e clan locali finiscono per portarti ad altri pezzi da novanta del settore, in particolare il gruppo Emit dei fratelli Pisante con le loro società fino al porto di Napoli e quindi ai misteri somali. Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. La Marca, famiglia camorrista, gli imperatori della monnezza partenopea, con la discarica di Pianura, fino agli scontri nei giorni bollenti dell'emergenza targata Bertolaso, per terminare con lo strano suicidio di Giorgio Nugnes. Il clan La Marca ha rapporti privilegiati con i servizi segreti. Gaetano Vassallo, da un paio d'anni collaboratore di giustizia, intende far luce sul business di rifiuti e degli appalti. Avrebbe fornito documentazione sull'asse massonica interessata a curare certi - viaggi radioattivi - tra cui le frequenti visite di Francesco Bidognetti a Villa Wanda, di Licio Gelli. Ecco cosa riporta il decreto di scioglimento del comune vesuviano avvenuto pochi mesi fa:


«I collegamenti tra il Colucci e Vittorio Ambrosio, rappresentante legale della Deleco nonche' direttore tecnico della Sai e figlio del consigliere di maggioranza Gennaro Ambrosio, emergono in modo chiaro dalla decisione del Consiglio di Stato laddove si riconosce la presenza occulta del Colucci e del collegamento di questi con il gruppo La Marca collegata alla societa' Nuova SPRA, anch'essa interdetta ai fini antimafia». Una storia che parte da lontano: Antonio Gava e Vincenzo Scotti. Dalla Dc al Pdl, grazie all'opposizione complice omertosa. Comandanti della prima come della seconda Repubblica: ministri ovunque infilati per servire e ubbidire. Scotti nel 1991, Nicola Mancino, dopo la strage di Capaci; entrambi ministri degli Interni, paladini dei segreti criminali perpetrati dentro le pareti dello Stato.

Scotti è il numero due di Frattini, esponente del Movimento Per le Autonomie - al quale ha aderito il sindaco Agostino Ambrosio - di Raffaele Lombardo. L'asse dove giustizia e diritti muoiono affogati.

Alfredo Vito, primo pentito democristiano, colui il quale giuro' davanti ai magistrati del tribunale di Napoli che non avrebbe mai piu' fatto politica. Oggi è al parlamento, oltre che essere nella Commissione d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare dal 10 novembre 2006, amico di Ambrosio. Sergio De Gregorio, senatore di Forza Italia, altro amico dell'ex sindaco Ambrosio. L'omicidio del giornalista Siani, cronista del Mattino: alla redazione della Voce di Napoli arriverà un messaggio anonimo. Nel documento si accenna ad una pista politica con particolare riferimento al sindaco di San Giuseppe Vesuviano, il quale - viene ricordato - aveva querelato Siani per un articolo che riteneva diffamatorio. Siani viene assassinato da un commando di camorristi nemici di Cutolo ma non della Dc. Nel frattempo l'amministrazione dello smaltimento dei rifiuti è peggiorata, come risulta dal fallimento della separazione dei rifiuti secchi da quelli umidi, dalla conseguente incapacità di produrre concime organico (necessario per la rigenerazione del suolo contaminato) e dalla produzione delle impropriamente dette “ecoballe” che continuano ad accumularsi a causa dei ritardi nella costruzione degli inceneritori. Questi ritardi hanno reso necessaria la creazione di nuove aree di stoccaggio, la riapertura di vecchie discariche così come la creazione di nuove. Nonostante lo smaltimento illegale dei rifiuti sia uno dei problemi più urgenti in Italia, l'opinione pubblica e i media continuano a tacere sul tema. La regione Campania ha il 25% del totale delle aree protette in Italia.

Ci sono quattro riserve naturali dello Stato, otto parchi nazionali regionali, quattro riserve naturali regionali, 106 siti di interesse comunitario e 28 aree protette. L'emergenza è stata pubblicizzata come un problema di smaltimento dei rifiuti con l’intento di nascondere le questioni di fondo ai cittadini. Ad un esame più attento, la crisi dei rifiuti rivela un quadro molto più complesso. Per più di vent'anni lo smaltimento illegale e lo smaltimento dei rifiuti industriali ha contaminato il suolo, le acque e l'atmosfera, minacciando ogni essere vivente. Sono molte le cause che hanno generato la crisi dei rifiuti in Campania: attività illegali della Camorra e comportamenti criminali da parte dei politici e degli amministratori pubblici, degli imprenditori. L'assessore all'ambiente del comune di Napoli incolpa i cittadini per i debiti che attanagliano il palazzo Santa Lucia ora impossibilitato a pagare gli stipendi degli operai del consorzio unico di bacino Napoli\Caserta; dice che i cittadini non pagano la Tarsu, la tassa sullo smaltimento dei rifiuti, ma quale smaltimento?

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares




Ultimi commenti