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Taranto affoga nell’inquinamento. A quando una rivolta dei camini

Il grido di dolore da una delle città più inquinate d'Europa

Vivo a Taranto, la più grande città inquinata d’Europa. Abbiamo l’Ilva del signor Riva, abbiamo la raffineria ENI, abbiamo la Cementir. Tutto in una ristretta area che va dal quartiere Tamburi fino alla Ss106; se si passa da li vieni investito dalla puzza del gas della raffineria.

L’altro giorno la raffineria ha sversato in mare idrocarburi che hanno fatto del mare limpido jonico una pattumiera di oli e combustibili inquinanti. Nessuna testata nazionale ha riportato la notizia e, solo grazie ad alcuni volontari ecologisti, si è potuto approfondire il dramma del disastro ecologico. Fa più notizia il caso Sara Scazzi con le telecamere piantate come avvoltoi su corso Italia dinanzi al tribunale che, invece, questo ennesimo scempio alla città.

Le istituzioni politiche, in primis col governatore Vendola, sembravano aver condotto un'azione quasi personale contro la grande industria ma, pochi giorni fa, con le dichiarazioni felici e ottimistiche del caro Nicky nazionale nei confronti dei dati sulle emissioni di diossina sul territorio tarantino tutto si è ridimensionato e ha creato, nell’area ambientalista, grande preoccupazione e sconforto.

I dati non sempre vengono forniti in continuazione come dovrebbe essere e quindi quelli enunciati da Vendola non sembrano attendibili. Si continuano a verificare poi casi di morte per neoplasie polmonari, aumento di tireodismo infantile e inquinamento di latte negli animali (che vengono poi abbattuti). Taranto non deve essere la città della morte per scopi economici della grande industria, non può essere violentata quotidianamente da parte di chi, della produzione, ne fa un uso personale a discapito della sicurezza ambientale. Sveglia Taranto. Adesso più che mai bisognerebbe agire di forza, con azioni spettacolari per richiamare l’attenzione dei media sul continuo suicidio che sta avvenendo in questa comunità jonica. Molti hanno dato risalto accostando il caso della Costa Concordia all’Ilva di Taranto, adducendo una simbiosi su due femomeni, inquinanti, che destano allarmismo mediatico (Costa) e scarsa informazione dall’altra parte (Ilva, Eni...). Rivolte dei forconi, degli avvocati, dei notai. A quando la rivolta dei camini?

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.171) 28 gennaio 2012 15:59

    rispetto il parere ed il livello di questo articolo, ma non mi è piaciuta la scritta "l’Ilva del Sig. Riva"...da dipendente ILVA, Taranto dovrebbe ringraziare il Sig. Riva per tutte le attività e l’impegno di ogni giorno a migliorare l’azienda...L’ilva non è stata di certo creata dal Sig. Riva ma dallo Stato Italiano intorno agli anni 60...il Sig. Riva da poco piu di 15 anni che si impegna ogni giorno a migliorarla...la nostra fortuna è che l’ilva non sia rimasta nelle mani dello stato...altrimenti...provate ad immaginare un po...

    • Di luca (---.---.---.137) 29 gennaio 2012 09:59

      Ho scritto signor Riva e non patron per dire appunto che lui ha ereditato cio’ che era prima dello stato,se pur comprandolo a suon di milioni.Patron mi sembrava azzardato e troppo presuntuoso.Poi circa le migliorie che il signor Riva attua giornalmente,bhe quella e’ un’altra questione..tutta da vedere!Grazie comunque per aver letto l’articolo.Ciao.

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