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"Tanto ormai"...

 

Intendiamoci.

Non sono un moralista né un giustizialista. Più volte nella vita sono venuto meno ad obblighi morali di cui facevo gran propaganda; mi è successo di condannare l’evasione fiscale e poi farmi fare uno sconto maggiore su un acquisto “non avendo bisogno” dello scontrino. Ho promesso la monogamia e ho tradito, l’onestà intellettuale e ho mentito.

Fatico molto a perdonarmi gli errori che faccio, soprattutto quando nuocciono gli altri.

Quest’autocritica spassionata mi colloca di diritto nella nutritissima gang degli imperfetti, d’altra parte mi rende abbastanza lucido, e incredulo, rispetto a ciò che sta succedendo adesso in Italia.

Vedo un sistema la cui corruzione permea l’economia (che tradotto in un microcosmo da dipendente equivale a lavoro e diritti annessi), la politica, gli organi teoricamente predisposti alla tutela dalla corruzione stessa e, non ultimo, il sociale, spesso rilegato a costume.

Mi ha colpito l’intervento di Don Luigi Ciotti a “L’infedele” di qualche giorno fa. Con partecipazione il reverendo esortava al disgusto chi osserva e rileva le suddette degenerazioni, e spronava alla responsabilità chi, governando , dovrebbe trasmettere valori opposti alla corruzione stessa.

Tali affermazioni cozzano fortemente con la troppo diffusa formula del “Tanto ormai..” o in altre parole “tutto molto vicino agli occhi ma tanto lontano dal cuore”.

Il “Tanto ormai...” è una lama tagliente che scinda gli italiani non più in destrorsi o sinistrorsi, moderati di destra o di sinistra, né, agli estremi , in comunisti o fascisti. Ma in Illusi o Disincantati, Abbindolati o Abbandonati.

Personalmente vorrei la cittadinanza in un’ipotetica terra di mezzo fra queste dicotomie. E ciò che spero avvenga, senza abbandonarmi a utopie enfatiche che attraggono sempre i bicchieri mezzi pieni come me, è recuperare un senso della dignità del lavoro per coloro che quotidianamente tentano di fare del loro meglio per gli altri e sé stessi.

Avere diritti civili che mi facciano percepire un’integrazione su tutti i livelli, già sperimentata con successo altrove, senza che questo corrisponda ad un’amalgama spersonalizzata o priva di quelle fisiologiche differenze vitali per l’evoluzione della società.

Opporsi energicamente ma pacificamente a ciò che ci sembra ingiusto senza lasciarsi permeare dall’odio e dalla diffidenza per chi la pensa diversamente da noi.

Avere la possibilità di informarsi trasversalmente e approfonditamente sin dai sistemi scolastici dell’infanzia. E, indicazione che considero un personale promemoria più che un auspicio, ridurre al minimo atteggiamenti lesivi e autolesivi di incoerenza e disonestà.

Le nuove reti ci connettono negli scambi di stati d’animo, pensieri, cultura e informazioni.

Perché non sfruttarle per riavvicinare il cuore a ciò che vediamo?

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