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Sull’immortalità dell’anima

C'è una vita dopo la morte? Probabilmente sono più di centomila anni che l'uomo si pone questa domanda. Il fatto è che non riusciamo a credere che tutto ciò che siamo, i nostri desideri, le nostre paure, i nostri sogni, le nostre idee e soprattutto i nostri sentimenti spariscano con il dissolvimento del corpo fisico. Sappiamo che gli atomi di cui siamo fatti si sono formati nelle stelle e nelle esplosioni di supernove e sappiamo anche che quando moriremo andranno a formare nuovi legami con altri atomi, in una sorta di immortalità panteistica che tuttavia non ci consola del fatto che quello che veramente siamo, ovvero la coscienza che abbiamo di noi stessi, svanisca completamente.

Così abbiamo sviluppato l'idea che qualcosa di noi, la nostra vera essenza, continui a esistere anche dopo che il corpo è morto, e gli abbiamo dato un nome: anima. Tutto quindi nasce dalla nostra difficoltà a pensare che il nostro io possa scomparire. E se invece fosse proprio così? Se in realtà, alla nostra morte, l'unica cosa che resterà di noi non sarà altro la materia di cui siamo fatti, seppure in altre forme?

Prendiamo un quadro: è fatto di tela e di colori, i quali a loro volta sono fatti di pigmenti organici e inorganici, solitamente amalgamati tramite un collante, un olio o un solvente. In pratica un quadro è fatto di materia. Tuttavia un quadro è anche un messaggio, l'espressione del pensiero di un artista, un messaggio che a sua volta si trasforma e si ricompone nella mente di chi osserva il dipinto finendo per rappresentare qualcosa di unico per ognuno di noi.

In pratica, qualcosa di immateriale assume prima una forma materiale attraverso la pittura, quindi genera un insieme di emozioni e di sensazioni in chi si pone di fronte ad esso, creando così qualcos'altro di altrettanto immateriale. Adesso prendiamo quel dipinto e bruciamolo fino a farlo diventare finissima cenere. Tutta la materia di cui era fatto il quadro a quel punto sarà svanita, trasformata in energia, ovvero calore, e nei residui solidi e gasosi della combustione. Che fine hanno fatto allora le emozioni e i pensieri che l'artista vi aveva infuso? E dove quelle che era in grado di produrre in chi si fermava ad ammirarlo? Un quadro ha forse un'anima?

Perché anche in esso c'è molto di più che la materia di cui è formato, eppure dalla sua distruzione non ci aspettiamo altro che cenere e fumo. Lo stesso vale per un libro, che altro non è che carta e inchiostro: se lo brucio, i pensieri, le idee, il pathos che è capace di generare, che fine fanno? Certo, rimangono in chi lo ha letto, ma per quelli che ancora non lo avevano letto? È perso per sempre? Si potrebbe continuare all'infinito.

Il fatto è che nulla è solo davvero materia, perché nell'interagire con noi essa genera pensieri, idee, consapevolezze, le quali a loro volta possono essere infuse in altra materia attraverso forme, colori, sensazioni, suoni. E non parlo solo delle opere dell'ingegno umano, ma anche di un'alba o un tramonto, del frusciare delle foglie al passaggio del vento o del calore del sole che riscalda la pelle. 

L'uomo ha sempre pensato di essere diverso da ciò che lo circondava: prima si è messo al centro dell'universo, poi in cima all'albero della vita, espressione diretta della creazione divina e come tale quindi in qualche modo divino anch'esso, figlio prediletto di un Dio che ha infuso nella materia proprio quell'anima che disperatamente vogliamo credere di avere.

Se tuttavia ci guardiamo intorno e riconosciamo in ciò che circonda molto più della mera materia con cui interagiamo, allora dobbiamo accettare il fatto che anche le idee, i sogni, le speranze e le consapevolezze possano morire, sparire per sempre, proprio come succede quando bruciamo un libro o le nuvole velano il tramonto del sole. Alla fine la luce si spegne e tutto quello che resta è solo oscurità.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di illupodeicieli (---.---.---.198) 31 ottobre 2011 13:04

    Che cosa dire di chi sostiene di parlare con i defunti? Eppure non saranno tutti cattolici o seguaci di Cristo i medium o chi interroga i medium o coloro che dicono di aver parlato con le persone defunte. Ho evitato, o meglio cerco di evitare, di utilizzare un linguaggio che evidenzi la mia base culturale che,seppure bassa, non può non osservare che troppo spesso il dibattito , la questione si basa su concetti di derivazione cristiano/cattolica. Mi chiedo se invece si osservassero le cose da altri punti di vista? Attraverso altre culture religiose o esperienze diverse? E’ un po’ come quando si sostiene, con buone prove perlatro, che la chiesa cattolica è troppo presente nella vita di ogni giorno: e poi invece di intervistare sulla fecondazione assistita o sulla guerra in Libia , sulle rivolte in Egitto o Tunisia, un rabbino, un membro di scientology o un maestro zen o unduista, si cade sempre nella logica di intervistare o far parlare o riportare le parole di un vescovo, un cardinale o chi per lui. Con ciò ho una tremenda paura della morte e del dopo, sopratutto se non c’è.Ottima cosa parlare di questo argomento che reputo basilare e volutamente occultato e drogato dai media.

  • Di daniele gabas (---.---.---.179) 1 novembre 2011 00:00

    Per affrontare certi argomenti in maniera seria l’unica opportunità di cui disponiamo,con la quale otterremo delle risposte,è fare esperienza.L’esperienza si guadagna seguendo delle pratiche spirituali,vuoi cattoliche come buddiste e via dicendo,a seconda delle peculiarità di ciascuno.

    La religione è di fatto una scienza esatta coloro che non la conoscono e comprendono sostengono che sia semplicemente una droga.La difficoltà principale che tutte le religioni devono affrontare è spiegare attraverso la mente ciò che la mente non può comprendere,per questo si parla spesso di fede in ambito religioso;avere fede vuol dire escludere l’intelletto,da qui la necessità di fare esperienza.Con la mente capiamo, con l’esperienza comprendiamo, due cose apparentemente simili ma fondamentalmente diverse,la prima più superficiale e "volatile" la seconda più profonda e viva.
    Questo rappresenta il punto fondamentale di tutte le religioni:andare oltre la mente, oltre l’ego,
    oltre il desiderio e il volere.Mentre per noi queste cose rappresentano la nostra vita ci identifichiamo in esse,per questo motivo i filosofi non hanno mai dato delle risposte concrete
    a questi quesiti,ricavandone soltanto un mucchio di discorsi contorti:hanno usato solo la ragione per spiegare la vita.
    La saggezza orientale suggerisce di morire senza morire per poter comprendere.La morte in realtà non esiste ma esiste un modo sbagliato,distorto dalla nostra mente,di vedere la vita.
    La nostra anima non è un’idea è la sola cosa che abbiamo,siamo realmente noi.
    Se noi non vediamo delle cose che altri hanno visto non è detto che queste non esistano.
    Se qualcuno ci dice che un’altra vita c’è,dopo la morte,se io ci credo ho più probabilità di verificare rispetto a uno che dice di non crederci.
    Saluti Daniele
  • Di dejudicibus (---.---.---.40) 1 novembre 2011 00:10
    dejudicibus

    @gabas Che la religione sia una scienza esatta è quantomeno discutibile. La maggior parte della gente non sa neppure cosa sia la scienza o quale siano i principi sulla quale essa si basa. Spesso la scambiano con la tecnologia e l’aggettivo scientifico è altrettanto spesso usato in modo improprio.

    La fede è ambito della religione, non della scienza. Come tale non si discute, ma non va neppure confusa con il metodo scientifico. Non c’è nulla di esatto nella religione, né è scritto che ci debba essere. Sono due cose diverse e come tali vanno trattate.

  • Di paolo (---.---.---.131) 1 novembre 2011 00:46

    Caro Daniele ," la religione è di fatto una scienza esatta " ,come tu affermi è a dir poco disarmante , per dirla in modo soft ..
    La religione è tutto tranne che una scienza , anzi ne è l’esatto opposto , dal momento che prescinde sia dal metodo ipotetico-deduttivo ,sia dalla sperimentazione e ,soprattutto ,prescinde dal "dubbio" che è il vero motore che spinge verso la conoscienza .Su questi tre presupposti si fonda il pensiero scientifico e non ha nulla a che vedere con il "fideismo ", il "dogmatismo" o peggio ancora il "fondamentalismo" .Nella scienza non esistono verità assolute ma semmai la ricerca della verità (o delle verità) .

    Nel sentimento religioso , al contrario di quello che tu asserisci , non c’è proprio nulla da capire perché non c’è nulla da spiegare ,bisogna soltanto prenderne atto come fenomeno partorito dalla mente dei "credenti" che vivono la loro suggestione per spiegare ciò che al momento non è spiegabile o quantomeno loro non sanno spiegare . La "fede" si può soltanto giustificare come una esigenza umana di esorcizzare la morte ,creando una vita trascendentale dopo la vita terrena .

    Venendo al tema dell’articolo è evidente che l’universo mondo esiste se c’è qualcuno dotato di coscienza che è in grado di percepirlo .Non è possibile testimoniare l’esistenza di qualcosa se non esiste il testimone . L’essere umano (stiamo parlando del livello superiore di coscienza logica e non solo percettiva) è il testimone( probabilmente non l’unico) della natura che ci circonda e che è in grado di descriverla con la parola e la scrittura.
    Mi fermo.
    saluti

  • Di paolo (---.---.---.131) 1 novembre 2011 00:50

    D’accordo con l’articolista che mi ha preceduto per una frazione di secondo.

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