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Portati alla follia

Il «Corriere della Sera» ha pubblicato questa notizia:

Tragedia della follia a Gornate Olona, in provincia di Varese.

Stermina la famiglia, poi si uccide.

Ha ucciso la moglie e i figli di 5 e 9 anni. Poi si è asfissiato nel garage. Lei aveva chiesto la separazione.

VARESE - Strage della follia a Gornate Olona, in provincia di Varese. Maurizio Del Cero, 42 anni, ha ucciso moglie e i due figli di 5 e 9 anni, prima di togliersi la vita. L’uomo, rimasto da poco senza lavoro, ha compiuto la strage la scorsa notte.
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A far scattare la molla potrebbe essere stata la richiesta della donna di separazione, giunta dopo il recentissimo licenziamento dell’uomo dall’azienda del suocero dove lavorava.
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Della sua difficile situazione famigliare non ne faceva mistero, almeno secondo i vicini che parlano di una «famiglia tranquilla» e con la quale «si avevano buoni rapporti di vicinato». Sempre i vicini raccontano che solo negli ultimi giorni aveva cominciato a entrare nei dettagli della sua situazione e, inoltre, appariva molto preoccupato.

Un film già visto, fin troppe volte. Nonostante questo ancora una volta i giornali riportano la notizia allineandosi a uno stereotipo ormai consolidato: così si parla di «follia», di «famiglia tranquilla», di «buon vicinato». Per chi questi problemi li conosce bene, non si finisce mai di rimanere stupiti dall’ignavia e dall’ignoranza che circonda questi tragici eventi, molti dei quali avrebbero potuto essere evitati perché i sintomi sono facilmente riconoscibili e soprattutto perché, seppure scatenati da situazioni “domestiche”, sono troppo spesso esasperati da una giurisprudenza ottocentesca e sessista che mette una delle parti con le spalle al muro.

Gli antichi romani dicevano «a nemico che fugge, ponti d’oro»: vuol dire che se metti qualcuno con le spalle al muro, se gli tagli tutte le vie d’uscita, alla fine, per disperazione, reagirà con estrema violenza. Ed è proprio questo quello che succede in questi casi. Non so esattamente cosa sia avvenuto nel caso specifico, ma ne ho visti a centinaia di casi come questo e lo schema è sempre lo stesso. Questa volta l’uomo ha già perso il lavoro, mentre in altre il lavoro lo perde dopo la separazione ma il risultato finale è lo stesso. Inoltre all’inizio è tranquillo, ma tutti lo sono prima di capire come funziona questo meccanismo da macellai, ovvero prima di entrare in un’aula di tribunale o di avere a che fare con gli avvocati della controparte. Spesso l’impatto con una realtà che non viene resa pubblica e che si viene a conoscere solo sulla propria pelle è disruttivo.

A questo punto si possono fare solo delle ipotesi dato che non si conoscono ancora i dettagli, ma è ragionevole pensare che qualcuno abbia detto o anche solo ipotizzato all’uomo che la moglie avrebbe sicuramente avuto in affidamento i figli, che molto probabilmente lui avrebbe perso anche la casa e che comunque avrebbe dovuto pagare un assegno di mantenimento, anche se non si sa bene con quali soldi visto che aveva già perso il lavoro. In pratica, senza casa, senza lavoro, senza figli, ovvero solo e in mezzo a una strada. Ricordate? «...appariva molto preoccupato...».

Certo, arrivare all’omicidio è follia, ma alla follia può essere portato chiunque di noi se si conoscono le leve giuste. Per qualcuno è già sufficiente “solo” perdere la famiglia su cui aveva investito un’intera vita, per altri è necessario perdere anche il lavoro o il tetto che magari era costato immani sacrifici; per altri la crisi scatta con l’allontanamento dai figli, ovvero con il venir trasformati da un giorno all’altro da un’assurda e vergognosa giurisprudenza da genitori a tutti gli effetti in padri ad ore. Per altri ancora tutto ciò non basta: magari il vaso trabocca quando la moglie si porta l’amante in casa ma continua a pretendere l’assegno di mantenimento nonostante sia mantenuta anche da qualcuno molto più ricco dell’ex-marito (è successo), oppure quando si viene accusati falsamente di abusi sui figli per contrastare un’eventuale richiesta di affido condiviso (anche questo è successo), oppure ancora quando qualcuno, magari un poliziotto amico della moglie, ti mette della droga sotto il sedile dell’auto e ti arresta (e anche questo è successo).

La maggior parte finisce per arrendersi (e sono decine di migliaia), altri continuano a combattere con alterne vicende (e sono migliaia), altri ancora iniziano una battaglia civile per portare all’attenzione dell’opinione pubblica questo grave problema (e sono diverse centinaia). Purtroppo però ci sono anche alcune migliaia che, abbandonati da tutti, dopo aver chiesto inutilmente aiuto, disperati, si lasciano completamente andare e finiscono per massacrare la famiglia e poi per suicidarsi. Qualche centinaio, invece, si suicida e basta: per loro due righe sul giornale e la cosa finisce lì.

Questa non è violenza domestica. La violenza sono le percosse domestiche, la violenza sono gli stupri, il vero violento è fondamentalmente un vigliacco: non si suiciderebbe mai. Questi uomini sono vittime come coloro che uccidono, vittime di un sistema che è il vero assassino, un assassino spietato il cui nome, però, sui giornali non finisce mai.

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