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Storia e mito, ovvero la falsificazione dei fatti

Benedetto Croce sosteneva che ogni storia è “storia contemporanea”, nel senso che il giudizio di conoscenza di un avvenimento, vicino o lontano, nasce da un bisogno pratico della vita presente dello storico, il quale ricrea nel suo animo quei fatti, rievoca nella sua coscienza i sentimenti, gli stati d’animo, che caratterizzarono quell’avvenimento indagato, e quindi lo fa rivivere, consegnandolo ai posteri come fatto storico rivissuto e come documento per le indagini successive.

Lo storico ricerca il passato in tutte le sue relazioni, nella sua logica e nella sua necessità. Non cerca la perfezione definitiva dei fatti, ma si rivolge con sguardo ampio ad indagare il carattere delle azioni compiute ed il significato che esse assumono nello svolgimento storico.

La Storia, meglio si dovrebbe dire la Storiografia, è il pensare criticamente i fatti; è un polemico ragionare con il passato di cose attinenti alla vita umana.

Buon libro di storia noi consideriamo quello che possiamo chiamare di storiografia filosofica, in cui è possibile cioè cogliere sparse considerazioni e pensieri sulle cose della vita, idee scaturenti dalla comprensione di quei fatti del passato, che siamo spinti ad indagare dal bisogno di spiegare, illuminare, aiutare a risolvere i nostri problemi della vita presente.

Fuori da questa visione, realistica e drammatica insieme della realtà, allo storico non resta che uno sforzo impossibile e la caduta nel vuoto, cioè il rifugiarsi nel mito o nella verità rivelata delle religioni. 

E’ quel che capita di constatare spesso in questo nostro mondo presente, dominato da un’esagerata visione ideologica dei fatti.

A questa specie di problemi ha dedicato un bel libro, pubblicato di recente, intitolato “Lo strano caso di Federico II di Svevia”, il giornalista Marco Brando.

Nel piacevole e brillante volume, che reca la prefazione e la postfazione rispettivamente di due storici del periodo medievale, i professori Licinio dell’università di Bari e Cardini dell’università di Firenze, l’autore dimostra come intorno soprattutto ai grandi personaggi storici possa fiorire la leggenda, sorgere la mitizzazione, aver luogo la strumentalizzazione dei fatti, ovvero lo stravolgimento degli avvenimenti e la falsificazione della Storia, per motivi estranei all’indagine dei fatti stessi.

Egli dimostra con ricerche ampie e documentate che l’imperatore svevo fu ed è quasi idolatrato dai meridionali specie dai pugliesi, additato come esempio negativo dalle popolazioni centro-settentrionali e dalla Chiesa e quasi sconosciuto in Germania.

Qualche esempio.

Nella città di Oria, in provincia di Brindisi si svolge ogni anno un corteo con palio finale, manifestazione, secondo gli abitanti del luogo, indetta da un bando emanato dall’imperatore Federico II di Svevia nel 1225, per celebrare le sue nozze con Isabella di Brienne. Bando esistente, ma falso.

Cosi come, alla fiera dell’antiquario tenuta a Foggia nel 2007 fu esposto da un’associazione culturale palermitana un busto di Federico ventunenne, attribuito alla scuola dello scultore Pisano. Il tutto si rivelò un clamoroso falso; e la speculazione (quella di accreditare la scultura come busto di Federico scolpita al suo tempo) fu ritentata l’anno dopo a Napoli.

In Germania, invece, non è mai stato amato, perchè sentito come straniero; spesso gli è stato preferito Federico II Hohenzollern, Federico il Grande di Prussia. E’ conosciuto a livello di specialisti storici, utilizzato come simbolo patriottico in alcuni periodi, quando vi era necessità di esaltare i valori nazionali o nazionalistici, come durante il Nazismo, quando Goering tentò di far portar via dal duomo di Palermo le spoglie di Federico e degli altri personaggi storici ivi sepolti. Ma a livello di massa è sconosciuto, ignorato anche dagli studenti ed in un sondaggio televisivo addirittura in coda a personaggi di attualità, anche di dubbia reputazione.

I leghisti dalla loro nascita ne hanno fatto un simbolo negativo di tirannide ed assolutismo imperiale, per le sue lotte contro i Comuni della pianura padana come il nonno Federico Barbarossa. Volgare strumentalizzazione politico-elettorale esattamente contraria a quella dei ciechi innamorati dello svevo, manifestazioni che contrastano ed offendono la storia del personaggio e la storia in sé.

Un altro libro, che ha la pretesa di essere un libro di storia, finito di stampare nell’ottobre 2007, s’intitola “L’Italia nella luce e nell’ombra”. L’autore, Enzo Erra, ex-repubblichino, fa una carrellata attraverso la storia d’Italia dal 1200 alla seconda guerra mondiale, per analizzare le occasioni perdute dalla penisola italica per diventare nazione. E la prende da lontano, sostenendo che se la dinastia sveva non fosse stata sconfitta a Benevento, la realizzazione del progetto imperiale di Federico II avrebbe potuto fondare uno stato moderno come avvenne in altre parti d’Europa. Poi sostiene che ugualmente fallì il tentativo di Cesare Borgia, perché in ritardo di due secoli. Critica il modo casuale ed insoddisfacente della unità risorgimentale, fatta con “carabinieri e picciotti”, senza consapevolezza e partecipazione di popolo. Per concludere che l’Italia unita “non aveva un significato ideale da lanciare nel mondo”, che dannunzianamente l’intervento nella prima guerra mondiale “era l’Italia che riconosceva e realizzava se stessa, era l’intervento per l’intervento, che stava per irrompere sulla scena, per dominarla, sospinto e lanciato con forza da Benito Mussolini. Era l’idea-forza del Fascismo”. Tutti i salmi finiscono in gloria.

Un altro esempio di come non bisogna trattare la complessità dei fatti umani, ossia scrivere la storia.

Commenti all'articolo

  • Di Francesco Rossolini (---.---.---.103) 5 giugno 2009 17:29

    La Storia è una disciplina meravigliosa e molto complessa. La Storia Contemporanea che, si badi, non ha nulla a che fare con la cronaca, è straordinariamente insidiosa. 

    Per iniziare a comprendere che cosa sia consiglio a tutti gli interessati la lettura di " Sei Lezioni Sulla Storia", di Edward Carr



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