Siria: continuano a volare minacce
Tre anni di atrocità con 100mila morti, un milione di profughi minorenni e altrettanti che hanno perso tutto, compresa l’infanzia; città distrutte e razziate, un patrimonio culturale disperso, una convivenza perduta per una migrazione interna in cerca di un rifugio da parenti e amici di 4milioni di persone e di 2milioni che hanno varcato i confini per fuggire dai massacri.
In questo panorama di guerra civile sono numerosi gli appuntamenti di confronto tra i belligeranti e i loro padrini annullati, vari slittamenti di conferenze di Pace e soluzione finale del conflitto da ottenere solo sul campo di battaglia.
Le aspirazioni di pace infrante vanno ad arricchire la già copiosa lista d’insuccessi diplomatici europei. Impegni diplomatici che sembrano più indirizzati a boicottare la riconciliazione tra le comunità e aprire le porte ad una futura devastazione del Medio Oriente piuttosto che essere degni del Nobel per la Pace.
È grazie all’interminabile foraggiamento militare russo e iraniano oltre alle incertezze dell’Occidente per le sue precedenti collusioni che l’attuale potere siriano deve la sua esistenza per continuare a dominare un paese dilaniato dall’odio e dalle bombe.
L'Occidente è impegnato a fare stretching dialettico perché riscaldare i muscoli per intervenire in Siria, anche se inorridito dal sospettato uso di gas nervino o sarin contro la popolazione civile di Ghouta, sobborgo a est di Damasco, comporta affrontare non solo le Forze armate di Bashar al-Assad, ma anche la Russia e l’Iran, mentre la Cina che detiene strumenti di dissuasione finanziari su tutto l’Occidente cerca di essere sopra le parti per continuare a stipulare contratti con tutti.
È orribile l'atroce morte inflitta a donne e bambini, ma non si può ritenere meno atroce rimanere vittima di missili lanciati su scuole e ospedali. Certo i missili sono un'arma convenzionale, i gas sono un'arma di distruzione di massa, ma utilizzare indiscriminatamente le armi è comunque un crimine contro l'umanità.
Un concetto affermato lapalissianamente anche da Ian Buruma nell’articolo La moralità delle bombe su La Repubblica del 3 settembre, e ribadita da Adriano Sofri il giorno successivo sullo stesso quotidiano, perché una barbarie è una barbarie, quali siano i mezzi con la quale viene perpetrata, rimane un crimine verso le popolazioni civili coinvolte, loro malgrado, in uno scontro d’interessi e di ideologie.
Morire per una pallottola alla nuca o in pieno petto non può essere diverso dall’essere uccisi dal rilascio di armi biologiche o per un colpo di machete. Bambini che gridano dalla televisione il loro mutarsi improvvisamente in adulti senza aver spensieratamente giocato in un giardino e non tra le macerie delle proprie abitazioni.
Vedere quei visi sembra rivedere quello di Kim Phuc colpita dalle bombe al napalm che divenne il simbolo della guerra in Vietnam. Oggi la signora Kim Phuc è ambasciatrice per la pace per l’Unesco, occupandosi dei bambini vittime di guerra, ma forse il futuro di quelli della Siria sarà stroncato da un missile per diventare le vittime collaterali del senso di colpa dell’Occidente che non ha la capacità di fermare sul nascere dei conflitti che mietono vittime tra i civili più che tra i belligeranti.
Visi di bambini nei campi profughi dove l'Unicef cerca di alleviare la loro vita in tende e baracche, per cancellare il loro sguardo inebetito. Sembra di rivedere le immagini dal Libano degli anni ’80 o dai Balcani dei ’90: occhi sgranati pieni di paura e rabbia, con tante domande sul perché tutto questo a loro, alle loro famiglie, al loro paese, ma tutto questo non può bastare perché si rischia un confronto tra potenze. Un motivo in più per gli Stati uniti ad essere così cauti nel prendere una decisione anche se è stata superata la linea rossa, senza avere la certezza di chi è stato ad oltrepassarla.
Il cinismo di questa guerra è ben esplicato dalle ipotesi sugli autori di tanta atrocità nel liberare il gas in una zona abitata da oppositori o sostenitori di Bashar al-Assad, per un machiavellico ragionamento che si spinge a teorizzare un eccidio per mano di amici per far ricadere la colpa sui nemici.
I dubbi dilaniano Obama e il suo Nobel per la Pace, ma anche la sfida che l’Occidente ha intrapreso per ostacolare la conquista dell’anima dei siriani da parte dei jihadisti è motivo di cautela per “punire” la deplorevole azione di Bashar al-Assad senza spodestarlo dal potere.
Solo gli oppositori di Bashar al-Assad vogliono la sua testa, mentre tutti i paesi cosiddetti amici della Siria, che siano favorevoli o no al regime instaurato dal clan alawita, sono interessati che rimanga alla guida per un cambiamento morbidamente guidato, per evitare il caos terroristico iracheno e libico.
Il G20 di San Pietroburgo non ha portato alcun contributo nel trovare una via di dialogo tra schieramenti, né tanto meno a fissare la data per la conferenza di pace denominata Ginevra 2, mentre la Siria ammette di possedere un arsenale chimico e promette di smaltirlo entro un anno, ma è come avverrà lo smaltimento che potrebbe preoccupare.
Intanto la Russia ha le sue proposte per il controllo delle armi chimiche e al-Assad, attendendo le sue ragionevoli condizioni di per dialogare, invia all’Onu un documento di 13 pagine in arabo, il primo inventario sui propri arsenali.
Sono solo parole più che speranze coltivate nella 68° sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York. I risultati possono venire solo dai responsabili della politica estera statunitense Kerry e russo Lavrov, con l’appoggio cinese, nell’accordarsi su di una Risoluzione che eviti che la Siria cada nelle mani dei jihadisti e qaedisti.
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