• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Siria: Aleppo devastata dai bombardamenti. Le immagini satellitari

Siria: Aleppo devastata dai bombardamenti. Le immagini satellitari

Il 6 agosto dello scorso anno, con l’intensificarsi degli scontri tra opposizione armata e forze governative e l’offensiva militare avviata da queste ultime, Amnesty International aveva diffuso immagini satellitari di Aleppo avvisando che se la principale città della Siria fosse stata ridotta a un campo di battaglia, le conseguenze per la popolazione civile sarebbero state durissime.
 
Ciò è puntualmente avvenuto e una nuova serie di immagini riprese tra settembre 2012 e maggio 2013 e analizzate dall’American Association for the Advancement of Science (Aaas) in collaborazione col programma Scienza per i diritti umani di Amnesty International Usa, lo dimostra in modo drammaticamente inequivocabile.
 
Documentando i vasti danni alle infrastrutture subiti da allora dalla città, la nuova analisi condotta dall’Aaas lascia pochi dubbi sul motivo principale della fuga di metà della popolazione: una campagna di bombardamenti aerei indiscriminati da parte delle forze governative, che ha ridotto in macerie intere zone della città e ucciso e ferito un numero incalcolabile di civili.
 
Comparando, ad esempio, le immagini (in basso) dei quartieri devastati da tre attacchi missilistici lanciati dalle forze del governo tra il 18 e il 22 febbraio 2013, si capisce bene il costo umano delle tattiche impiegate dalle parti in conflitto. Questi tre attacchi, da soli, hanno ucciso più di 160 abitanti e causato centinaia di feriti, oltre a distruggere decine di abitazioni, lasciando senzatetto centinaia di persone.
 

Oltre alla distruzione di aree residenziali (in particolare i quartieri controllati dall’opposizione), luoghi di culto, esercizi commerciali e siti industriali, l’analisi documenta ampi danni al Suq al-Madina e alla Città vecchia (patrimonio dell’umanità dell’Unesco), così come la distruzione del minareto della Grande moschea.
 
Si riscontra inoltra il progressivo accerchiamento e assedio della popolazione, con oltre un migliaio di posti di blocco visibili in un’immagine di maggio. Alle riprese dall’alto si aggiungono le prove riscontrate sul campo da Donatella Rovera, ricercatrice di Amnesty International che ha trascorso lunghi periodi di tempo in Siria, e dalle testimonianze dirette.
 
Come quella di Hussein al-Saghir, 15 anni, che ha perso 16 parenti in un attacco missilistico contro il quartiere di Jabal Badro, il 18 febbraio 2013:
 
“Tutta la mia famiglia allargata viveva qui, avevamo 10 case. Mia madre è rimasta gravemente ferita e ora è ricoverata in un ospedale in Turchia. Non sa che i suoi figli sono morti. A mio zio, Mohamed Ali, sono morti 27 parenti. Ha perso la testa, non ricorda più nulla. Vaga per il paese. Chiunque è sopravvissuto è andato da parenti o amici altrove. Qui sono rimaste solo macerie…”
 
O quella di Sara al-Wawi, che ha perso 20 parenti in un attacco aereo contro il quartiere di al-Marje il 18 marzo 2013:
 
“Yousef, 7 anni; Mohammed, 5 anni; Ali, 2 anni; Hamza, 12 anni: Zahra, 10 anni; Husna, 8 anni: Fatima, 10 anni; Ahmad, 7 anni; Abdel Karim, 2 anni; Hassan, 18 mesi…  Perché hanno bombardato qui? C’erano solo civili. Il nostro quartiere era pieno di vita, i bambini giocavano ovunque. Ora siamo tutti morti, anche chi è rimasto vivo è morto dentro, siamo tutti sepolti sotto queste macerie.”
Intanto, quasi sei milioni di siriani sono stati costretti a lasciare le loro case per colpa dell’escalation di violenza: molti di essi, 4.250.000, sono in Siria. Decine di migliaia di profughi interni hanno trovato riparo in campi improvvisati sorti nei pressi del confine con la Turchia da quando, lo scorso autunno, Ankara ha di fatto chiuso le sue frontiere ai rifugiati siriani.
 
Molti di questi profughi interni, specialmente nelle aree controllate dall’opposizione, ricevono pochi aiuti internazionali o non ne ricevono affatto, da un lato a causa della situazione di pericolo e delle difficoltà di accesso dall’altro per via delle limitazioni di movimento imposte dal governo siriano alle agenzie umanitarie internazionali.
 
Le agenzie delle Nazioni Unite hanno sollecitato il governo di Damasco a consentire l’accesso alle zone controllate dall’opposizione, dove i profughi interni hanno maggiore bisogno di assistenza e dove le loro vite sono ancora più a rischio a causa degli incessanti e indiscriminati bombardamenti delle forze governative.
 
Insieme alle ricerche condotte sul campo da Amnesty International e ai video diffusi dagli abitanti, le immagini satellitari vanno ad aggiungersi alle crescenti prove di possibili crimini di guerra nel corso del conflitto siriano.
 
Amnesty International ha più volte chiesto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di deferire la situazione della Siria al procuratore della Corte penale internazionale, in modo da inviare alle parti in conflitto l’inequivocabile segnale che chiunque abbia ordinato o commesso crimini di guerra o crimini contro l’umanità finirebbe per essere chiamato a risponderne.
 
Sulle autorità siriane dev’essere esercitata una pressione coordinata ed efficace, affinché le agenzie delle Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie internazionali possano avere pieno accesso ai profughi interni e ad altre persone in stato di necessità in tutto il paese e possano attraversare le frontiere verso altri paesi o la linea interna del fronte.
 
Analoga pressione dev’essere esercitata sui gruppi armati di opposizione, affinché non ostacolino le operazioni di soccorso nelle aree sotto il loro controllo.
 
Allo stesso tempo, nel rispetto degli obblighi internazionali, tutti i paesi confinanti devono tenere sempre aperti i confini per chi fugge dalla Siria.
 
La comunità internazionale, in particolare l’Unione europea e i suoi stati membri, deve impegnarsi a condividere le responsabilità verso i rifugiati siriani in modo concreto e tangibile, ad esempio, reinsediando un numero assai maggiore di rifugiati siriani e fornendo immediato sostegno tecnico e finanziario ai paesi che confinano con la Siria, che ospitano la stragrande maggioranza delle persone fuggite dalla violenza.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares




Ultimi commenti