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Silvia e Giulio, una storia italiana che il sistema vorrebbe silenziare, ma non verrà permesso

Mentre in Egitto si celebra quella che viene raccontata come una storia tutta italiana, i 150 anni del Canale di Suez, inaugurato sotto le note della Marcia Trionfale di Verdi, mentre l'ambasciatore italiano in Egitto svolge il suo lavoro diplomatico perfettamente per saldare i rapporti tra Italia ed Egitto, alla presenza di illustri professori italiani ed egiziani, rimane un amaro indigesto in bocca su quell'altra storia italiana, che in Egitto non si può raccontare.

Che da quasi quattro anni è la spada di Damocle sui rapporti amichevoli tra la dittatura criminale egiziana e l'Italia che avrebbe una Costituzione nata dall'antifascismo, cioè l'esatto opposto di quello spirito malvagio che uccide giorno dopo giorno il popolo egiziano. E che purtroppo ha ucciso anche Giulio.
 
Una storia italiana che in Egitto non si può raccontare, perché fa tremare la dittatura, ed i suoi amichetti, ma la si racconta lo stesso anche perché i nodi da risolvere continuano ad essere tanti, ed i sospetti che siano coinvolti in qualche modo anche gli alcuni "amici" dell'Egitto, magari anche dalle parti del Bel Paese, in questa vicenda tremenda, ci sono, almeno sino a prova contraria. Altra storia tutta italiana che si cerca di silenziare è quella di Silvia Romano. Un anno di angoscia per la sua famiglia. Volontaria in Kenya, finita, pare, in Somalia.
 
Di certo non c'è nulla, ogni tanto trapela qualche notizia, di mandati di arresto, di quale gruppo potrebbe tenerla prigioniera, si dice che sarebbe stata vista a settembre 2019. Una storia italiana di ricerca di libertà, ed una storia italiana di verità e giustizia, storie che una parte del sistema vorrebbe silenziare, ma ciò non verrà permesso.
 
mb

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