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Siamo tutti pazzi su Facebook

I media italiani sono diventati veri e propri maniaci di Facebook e c’è una spiegazione a tutto. Da più di un anno i media di lingua inglese hanno cominciato a puntare i riflettori su Facebook, colpiti dalla crescita stellare, dalla trasversalità intergenerazionale dei suoi membri, dal fenomeno di costume chelo ha reso popolare negli ambienti di lavoro e, non ultimo, dalla valutazione record che Microsoft gli ha attribuito un anno fa, con l’acquisto di una quota azionaria.

Ora che, sul serio, gli Italiani sono saliti sul treno e stanno cominciando ad usare Facebook sul serio - e probabilmente molti giornalisti hanno ricevuto per email inviti al network da amici di vecchia data, colleghi insospettabili e altro - finalmente c’è un pubblico, soprattutto online, che usa lo strumento ed è curioso di ogni cosa si dica su di esso. Da bravi venditori di notizie - l’obiettivo ultimo di un giornale è vendere copie e di un giornale online vendere banner con le pagine viste - i media sono in una fase bulimica in cui citare Facebook genera un picco nell’attenzione dei lettori e quindi se ne parla in ogni occasione utile, a prescindere dal contesto.

Quello che non paga è parlare al tuo pubblico insultandolo. Questo è ciò che hanno fatto La Stampa e Corriere della Sera riprendendo le dichiarazioni di Paola Vinciguerra da ADNKronos Salute: gli articoli sono simili perché entrambi i giornali sono abbonati all’agenzia e possono riprenderne i contenuti integralmente.

Un insulto perché quando parli al tuo lettore, in parte iscritto a Facebook, e gli dici che è certamente affetto da qualche disordine della personalità e non aggiungi nessun contraddittorio, evidentemente non verrai percepito come autorevole, né credibile, visto che il tuo lettore sa che le cose stanno diversamente.

A qualche giornale è mai venuto in mente di scrivere un articolo citando un esperto, vero e presunto, che abbia mai affermato che i lettori dei giornali sono, per definizione, affetti da qualche patologia? Ovviamente no. Per Facebook questo dubbio non se l’è posto né Corriere, né La Stampa purtroppo ed è facilmente immaginabile la reazione dei 1.860.000 utenti italiani di Facebook.


Peccato che su Facebook ci sono fior fior di giornalisti, amministratori delegato, professionisti, dirigenti d’azienda, docenti, studenti, casalinghe, artisti e aggiungi tu altre categorie professionali. Sono tutti malati?

Non ho altre parole per definire articoli di questo genere. Sono però parte in causa, perché alcuni articoli su Facebook li ho scritti anch’io per Il Sole 24 Ore. Ti invito quindi a leggere quello che uscirà su Nova di domani e a commentarlo in maniera spietata: spero di non aver commesso errori così grossolani come gli articoli sopra linkati.

UPDATE 17.33

Aggiungo che un blog del Corriere cerca di equilibrare l’articolo. La reazione dei lettori nei commenti è indicativa dei sentimenti dei lettori di cui sopra. Su FriendFeed ci sono alcuni commenti ulteriori e altri su Twitter.

L’immagine aggiunta sul Corriere non ha nulla a che fare con Facebook, ma raccoglie alcuni avatar di utenti su Twitter: cavoli a merenda.

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