Settembre andiamo, è tempo di votare

Uno sguardo semiserio sulla situazione politica del paese.
Settembre andiamo. È tempo di votare. Ora in terra d’Italia gli “onorevoli” lascian gli scranni e seguono il loro capo.
E che le cose dovessero finire così era scritto da tempo. Anzi era proprio nel DNA del governo Letta, un assembramento raffazzonato dalla disperazione e dallo spettro dell’ingovernabilità che, a onor del vero, ci avrebbe forse danneggiato molto più di questo “governicchio”.
Forse, perché così abbiamo vissuto tre mesi pericolosamente, all’ombra di quotidiane minacce di “staccare la spina” o dietro il paravento di paroloni come “responsabilità”, “senso del dovere”, buttati li giusto per creare un po’ di fumo negli occhi. Come se noi cittadini fossimo così stupidi da non capire che questo perenne ricatto di far saltare il banco non nascondesse in realtà la ossessiva necessità di fare i propri interessi, del partito e del padrone.
“Abbiamo perso tempo” dirà qualcuno, anche se mi permetto di far notare che nel perdere tempo è insito il concetto di voler fare qualcosa. Tranquilli. Qui non si farà nulla, ma proprio nulla delle sospirate riforme, ormai un mitico miraggio dell’immaginario collettivo.
Bisogna però dare atto che la situazione era oggettivamente bloccata. Già perché di fatto il Movimento Cinque Stelle, l’unica vera novità delle passate elezioni, perde il suo tempo a dire quello che non farà e a fomentare polemiche sugli scontrini e sulla carta intestata.
Polemiche appunto, perché di lavoro, tasse, crescita, sprechi, quelli veri, non se ne parla proprio, il tutto mentre il Paese sguazza nella sfiducia e soffoca nella desertificazione industriale. Si respira aria di deprimente dilettantismo. Ma il peggio è che la situazione rimarrà ancora bloccata a lungo. Dico questo perché in assenza di cambiamenti sostanziali, al momento non visibili all’orizzonte, una nuova tornata elettorale porterà a risultati quanto meno simili alla precedente.
Ancora ingovernabilità certa. E questo anche con una nuova legge elettorale, una legge che peraltro questo parlamento non farà mai. Non solo perché si litiga su tutto, ma anche perché proprio non conviene. Meglio infatti essere nominati che eletti, molto meglio per quell’esercito di impresentabili e camerieri che oggi scalda la sedie del Parlamento. Qualunque altra cosa sarebbe un suicidio.
Per questo visto da fuori il nostro paese emana più il senso di un pollaio ingovernabile che non di serietà e determinazione verso la soluzione degli atavici problemi che ci attanagliano ormai da millenni.
Nani e prostitute hanno poi fatto il resto, e pure i mercati e la fiducia degli investitori. E tutto questo il nostro paese non lo merita proprio, e neppure una buona parte dei cittadini che ormai hanno smesso di rimpiangere Pertini, Moro o Berlinguer.
Io francamente mi accontenterei anche di Craxi, Poggiolini, Leone e perfino De Lorenzo. E il divo Andreotti? Santo subito!
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