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Serie A: la Dea e il dio

Ed il pallone tornò a rotolare...

Dopo un'interminabile pausa forzata la Serie A ha finalmente rialzato il sipario. Fra i team più in...palla (giusto per rimanere in tema) troviamo l'Atalanta, decisa a non sloggiare dalla dimora della gloria. Mentre la Juventus intravede l'ennesimo orizzonte paradisiaco...

 

Ernst Jünger lo aveva profetizzato

Dopo tanto patire, dopo tanto penare, la Serie A è finalmente ripartita, col suo seguito di emozioni, aspirazioni, inquietudini e quant'altro da sempre fa da corollario al torneo più amato dagli italiani, che da tempi non sospetti ne fanno una ragione di vita (oggi il termine vita è proprio il caso di adoperarlo), esulando dalla mera passione convenzionale. E pensare che sino a poche settimane orsono le probabilità che la massima divisione riaprisse i battenti erano sostanzialmente recondite, occluse da un ammasso ciclopico di disquisizioni più o meno ragionevoli espresse dai vari (ed eventuali) super esperti di turno, che ad un certo punto avevano convogliato il Campionato sul binario che conduceva dritti al deragliamento di qualsivoglia speranza. Poi, meno male, il buon senso è riuscito a tornare appena in tempo dall'esilio forzato, riprendendosi il proscenio ai danni di certi pensieri contorti (ed autolesionisti), riportando, quasi fuori tempo massimo, al centro del villaggio lo sport nazionale per antonomasia, rendendo giustizia al filosofo e scrittore tedesco Ernst Jünger, che un giorno ebbe a dire: “In ogni caso la speranza conduce più lontano della paura”. Aforisma profetico e quanto mai attuale, che descrive perfettamente il contesto in cui si viveva sino ad un mese fa, in cui l'eccessiva paura, appunto, rischiava di affossare ogni speranza di completamento della stagione calcistica, con tutte le deleterie conseguenze del caso.

Ora che la fune del pessimismo è stata opportunamente (e, speriamo, definitivamente) recisa, non ci rimane che reimmergerci anima e corpo nel primo torneo calcistico post Covid, con l'auspicio sincero che possa essere quello della rinascita, confidando che da qui alla conclusione non ci si debba più vedere costretti dagli eventi a riaprire le porte a questioni che non siano prettamente pallonare. Con buona pace di gufi e sciacalli, che dovranno probabilmente rassegnarsi ad attendere un bel po', augurandosi una nuova sciagura, prima di sedersi al prossimo lauto banchetto.

Urca che Dea!

Dopo le prime 3 giornate dalla ripresa, le indicazioni pervenuteci appaiono confortanti, lontane anni luce da certi presagi nefasti, che volevano traumi fisici e psichici d'incomparabile gravità per i giocatori delle squadre coinvolte, le quali, a detta di molti, avrebbero rischiato di pagare dazi ingenti al lungo stop forzato vissuto durante il lockdown. Per non parlare della scarsa preparazione con la quale ci si sarebbe dovuti appropinquare al ritorno sulla verde arena, tanto più che i giocatori si sarebbero trovati impegnati in un tour de force vero e proprio. Fortunatamente tutti questi timori non hanno impedito il ritorno in campo, e sono sfociati soltanto nella collocazione dei match in orari poco ortodossi, per scongiurare il terribile (!?) caldo africano, lo stesso caldo (e persino un po' di più) che in Spagna non temono, visto che da quelle parti si gioca anche nel primo pomeriggio...

Ebbene, fatte salve tutte le riserve del caso (e fatti i debiti scongiuri), sinora i calciatori non sembrano aver sofferto più di tanto l'impatto col rientro in scena. E la prova più attendibile ci perviene dalla...deposizione dell'Atalanta. Gli orobici sono ripartiti dallo stesso punto su cui s'erano fermati, ovvero dalla stazione dell'eccellenza, viaggiando sul treno della gloria, carrozza di prima classe. A farne le spese giovedì scorso è stato anche il Napoli di G. Gattuso, soltanto l'ultima vittima illustre di un cospicuo numero di squadre tramortite dalla forza d'urto della Dea, che in questi ultimi 7/8 mesi ha tracciato un percorso encomiabile, effigiando un'andatura inedita per una provinciale del terzo millennio. Manifesto di cotanta grazia sono senz'altro gli 82 gol sin qui realizzati, per un “gruzzolo” che rappresenta meglio di ogni altra esegesi l'entità strabiliante di un team che ha esportato il proprio brand anche al di là dei confini italici, inscenando la propria magnificenza persino in Coppa dei Campioni, vissuta non proprio da matricola bensì da compagine pluridecorata. I bergamaschi, difatti, dopo aver superato “indenni” lo scoglio della prima fase a gironi, sono riusciti nell'impresa miracolistica di accedere ai quarti di finale, schiaffeggiando impunemente una veterana qual è il Valencia, dapprima superandolo 4-1 a Bergamo, quindi affossandolo definitivamente al Mestalla (4-3), con uno storico poker dello sloveno J. Ilicic. E che ad ergersi ad emblema della ripartenza d.C. (dopo Covid) sia proprio l'Atalanta, ovvero la rappresentante di una delle città più funestate dalla pandemia - incarnando al meglio la sofferenza atroce vissuta dall'intero Stivale - appare come un segnale soprannaturale, di quelli che fanno riflettere non poco sul mistero della vita, andando ben al di là di quelli che sono le normali attività ludiche.

Tornando alla “fecondità” del gioco espresso dalla Dea di G Gasperini - che oltre ad essere efficace è estremamente divertente, ricordando in maniera approssimativa il calcio predicato da Z Zeman, sebbene gli effetti siano ben diversi... - in virtù delle ultime 7 vittorie di seguito i neroblù hanno ormai blindato il 4° posto valido per l'accesso alla massima Europa, rendendolo, coi 12 punti di vantaggio (più che di divario bisognerebbe parlare di vuoto oceanico), immune a qualsiasi attacco esterno, pregustando un traguardo che sino a pochi anni fa sarebbe stato messo in preventivo soltanto da qualche mente malata, ma che al giorno d'oggi rasenta la consuetudine: per il tifoso bergamasco, non più un sogno ma quasi una velata pretesa.

 

Il dio del gol colpisce ancora

 

Fra le squadre che non si sono per nulla decentrate dal proprio asse pre-Covid troviamo proprio la capolista Juventus, che, smaltita la delusione della finale di Italy Cup - vinta dal Napoli - e scrollatasi di dosso la naftalina di cui era impregnata, s'è cimentata in campionato con lo stesso piglio e gli stessi risultati registrati prima dell'apocalisse. Così sono arrivati 3 successi consecutivi, che le permettono al momento di godersi il panorama con + 4 sulla diretta antagonista della Lazio (che ha un po' perso lo smalto dei tempi migliori). Salta all'occhio la ritrovata condizione (era ora!) di P. Dybala, che durante lo stop era stato colpito in maniera non superficiale dal virus: evidentemente la malattia lo ha trasformato in meglio, fisicamente e caratterialmente, un po' come succede a certi eroi dei fumetti, che, una volta colpiti da sconosciuti influssi radioattivi, si ritrovano coi super poteri. Chi i super poteri li possiede già di suo è certamente Cristiano Ronaldo, che con il gol “alla Ferenc Puskas” (mi riferisco alla potenza del tiro) siglato contro il Genoa si è erto a quota 24 reti su 26 partite: non male per un 35enne, a cui in molti, sino a pochi mesi fa, avevano previsto un pensionamento anticipato in stile “quota 100”. Cento come il numero di reti che più o meno mancano all'asso portoghese per diventare il più prolifico marcatore di tutti ii tempi, lasciandosi alle spalle miti del calibro di Pelè, Romario e J. Bican, gli unici che attualmente lo precedono fra i più munifici goleador d'ogni epoca, e che di questo passo CR7 potrebbe sorpassare nel volgere di un paio d'anni o poco più.

 

 

 

 

 

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