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Se scompare il mestiere del fotografo

Internet, con milioni di immagini pubblicate ogni giorno, sta rendendo superflua la figura professionale del grande inviato fotografico. Resiste ancora il paparazzo, perché la foto di un vip con la sua amante ha ancora un rilevante mercato.

Se scompare il mestiere del fotografo

Oramai è una continua lamentela. A seguire i tantissimi forum sull’argomento, ma soprattutto parlando con gli operatori professionali, ci si rende conto che il “mestiere” di fotografo sembra avere i mesi contati. Uno di essi, oggi, sul forum di una delle più importanti case produttrici di macchine fotografiche, lamenta la scomparsa del fotografo di viaggi, quello che, con un budget oggi impensabile con il quale si poteva permettere anche l’affitto di un elicottero, poi pubblicava i suoi lavori sulle riviste patinate del settore. Finito, i mensili di genere stanno chiudendo, o hanno già chiuso. Lui si è inventato un nuovo mestiere. Si è iscritto all’albo egli editori e ha già pubblicato il primo libro fotografico. “È andata bene” scrive, “ed ora sono al lavoro per il secondo libro”. Fantasia italiana.
 
Certo è che i fotografi professionisti non se la passano bene. I fotogiornalisti sono sempre di meno. Le redazioni dei grandi giornali pescano su internet di tutto, acquistano per pochi euro immagini dai siti di stock (quelli che considerano la fotografia alla stessa stregua dei surgelati o delle casse di ortofrutta e che sono foraggiati ampiamente da fotoamatori, anche molto bravi, che così guadagnano qualcosa). I siti on line non hanno alcun problema: clickano su Google e trovano qualsiasi immagine, la maggior parte delle quali di validissimi professionisti, che in questo modo non riceveranno alcun compenso per la loro prestazione originaria.
 
La rete ha sconvolto tutto. Trent’anni fa, si compravano i settimanali “Epoca” e “Tempo illustrato” per vedere i grandi reportages di Giorgio Lotti e di Franco De Biasi. Il grande inviato fotografico pensava a Bob Capa e rischiava la vita per portare a casa una decina di rullini. Il fotogiornalismo aveva un mercato e il fotografo un reddito.
 
Oggi, chi paga di più per un servizio è il direttore di “Chi”, cioè Alfonso Signorini ma è un mestiere diverso. Devi riprendere un vip, possibilmente in compagnia dell’amante o anche della compagna ufficiale e in un luogo pubblico. Lo scoop che oggi interessa i direttori è la trasgressione, il sesso, i corpi nudi. Specchio dei tempi.
 
Nel frattempo è scomparsa la piccola bottega sotto casa, quella dove ci si recava per ordinare il servizio di matrimonio o anche una semplice fototessera. Molto tempo fa, i genitori commissionavano i ritratti per i loro figli o nipoti. Oggi una piccola macchina da dieci megapixel produce buoni risultati, anche se non sono nemmeno lontanamente paragonabili ai ritratti di un Luxardo.
 
La fotografia si è indubbiamente democraticizzata; è diventata di massa. L’elettronica e la tecnologia dei sensori, che hanno soppiantato quasi completamente il rullino chimico, consentono a chiunque di ottenere buoni risultati, a condizione di avere un dito indice per fare click. Chi lo avrebbe detto ai tempi di Nadar? E così, come già è successo ai telegrafisti, alle centraliniste che smistavano le chiamate, ai linotipisti che componevano le colonne di piombo per i giornali, un altro mestiere è a rischio scomparsa. Il progresso non guarda in faccia a nessuno.

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