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Se fallisce MISNA

La chiusura di MISNA non è una notizia secondaria. Con il fallimento di MISNA, l’agenzia missionaria così meritoria negli ultimi vent’anni nello spiegare molti fatti del Sud del mondo, e in particolare dell’Africa, ignorati, impudentemente distorti o strumentalizzati dal mainstream, sembra chiudersi un cerchio, almeno per la lingua italiana.

La destrutturazione della professione giornalistica, imposta non da Internet -come si preferisce pensare- ma dal modello economico vigente, non è dissimile dalla cannibalizzazione della politica e della democrazia. Il giornalismo tradizionale vive giorni nerissimi e crede di salvare se stesso appiattendosi acriticamente su pochi portatori di interessi.

Quello alternativo, partecipativo, sociale, sta dimostrando di non avere strumenti economici per sostenere le professionalità necessarie. Moltissime delle speranze, anche di chi scrive, di un giornalismo non omologato si stanno rivelando illusorie, come la chiusura di MISNA, appoggiata su quattro importanti ordini missionari cattolici che vedevano nell’informare una continuazione naturale del loro specifico, palesa.

Sembrerebbe un epifenomeno, quello della crisi di tutta l’informazione contestuale e di qualità in lingua italiana, un paese che arranca in tutte le classifiche di cultura, informazione, lettura, studi, ma le lingue più diffuse non stanno molto meglio. Per una volta non date la colpa agli analfabeti funzionali o ai gattini di Facebook.

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