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Sbatti l’ateo in terza pagina

Con questo articolo spenderò alcuni minuti per fare delle riflessioni su ciò che da molto tempo (e sempre più, in questi ultimi anni) la mia mente spinta dalla logica, dal pensiero razionale, dagli studi sulla ricerca nel campo delle scienze umane, dagli studi filosofici - in particolare sulla antica filosofia indo vedica - mi ha portato a considerare quanto valore abbia la religione.

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Tutti questi anni spesi nella ricerca mi hanno condotto, passo dopo passo, ad una conclusione per me importante: il valore inestimabile dell’ateismo.
Di conseguenza, già da questa premessa, mi dichiaro profondamente ateo.

Detto questo, per un senso di onestà intellettuale, mi corre l’obbligo di fare una doverosa precisazione: queste righe non hanno assolutamente lo scopo di convincere chi mi ascolta sull’inutilità e dannosità della religione… perché così facendo mi porterei nella stessa posizione di coloro che, in nome di una particolare confessione religiosa - qualunque essa sia - cercano di fare proselitismo.

Per oltre trent’anni ho praticato l’insegnamento, in struttura privata, della filosofia e della letteratura indo vedica e tutti voi, credo, sappiate a cosa mi riferisco: la filosofia dell’India antica. Una materia così vasta che, al confronto, l’antica filosofia classica impallidisce.
Dai Veda ai Brahmana, ai Purana, ai Sutra, ai Tantra e agli Agama, alle Upanishad… solo per citare i testi più noti.

E, a chi ne abbia un minimo di conoscenza, è noto quanto tutta questa letteratura sia impregnata di slanci verso il mondo divino, norme etiche e atti di culto espressi di volta in volta con nomi e modi diversi. In sostanza, adoperando un’espressione assolutamente superficiale, la tipica religiosità dell’india.

E ho sempre proposto questo insegnamento con assoluta passione, coinvolgimento, accuratezza pur non condividendo, nella mia profonda intimità, il messaggio che questi argomenti portavano in sé.
E ciò che sto dichiarando risulta veritiero dall’ascolto di tanti episodi del Podcast Eudemonia relativi a questi argomenti.
Ma un insegnante onesto deve rispettare la materia che sta esponendo, come a farla sua, in modo che chi sta ascoltando e apprendendo non venga influenzato da sopite critiche che potrebbero influenzare il valore delle sue considerazioni.

Ci si professa atei, spesso, per una reazione a volte viscerale rispetto a fatti di cronaca non troppo edificanti da parte di tanti, troppi rappresentanti del clero a danno di soggetti indifesi, ma anche verso persone che sono apparentate con la religiosità, intesa questa non nel senso generale come tendenza al rispetto di tutto ciò che ci circonda, ma come matrimonio indissolubile con un particolare credo confessionale.

E a quest’ultima categoria di persone non risulta difficoltoso bypassare certi comportamenti riprovevoli, giustificandoli con il fatto che siamo tutti esseri umani e quindi soggetti all’errore anche quando questo, senza ombra di dubbio, possa considerarsi grave.
Ed è proprio questa considerazione che ha iniziato a portarmi alla “deriva” (adopero questo termine in forma polemica) sul concetto di religione.

Ritengo di potermi muovere in questo campo con sufficiente disinvoltura anche per il mio vissuto in un ambiente dove il nome di dio non solo non doveva essere pronunciato invano, ma rappresentava la spinta quotidiana all’accettazione di prescrizioni, obblighi e dogmi in periodo adolescenziale.

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Funzione religiosa
l’autore, terzo da destra, in Istituto.

All’età di dieci, e per parecchi anni successivi, sono stato ospite di un istituto, un convitto, per proseguire la mia istruzione giovanile, laica e non destinata al sacerdozio, tenuta però dall’ordine dei “Padri Somaschi”.
Questo Istituto, abbastanza prestigioso fondato nell’anno 1540, era nel cuore di Roma a non più di tre minuti a piedi dal Pantheon.

È lì che si è formata, inizialmente, la mia “cultura cristiana” non esente però, data la mia indole, da dubbi e perplessità.
Ammetto di essere stato, sin dai primi anni della mia infanzia, caratterialmente poco socievole. Non per superbia, ma piuttosto perché amavo impiegare il mio tempo su riflessioni e considerazioni, rapportate naturalmente a quell’età, su ciò che avveniva nella vita quotidiana.

Tant’è che mi guadagnai il soprannome di “Gufo”. Ricordo ancora questo soprannome rivoltomi in tono scherzoso e amichevole dai miei compagni di allora: “Gufetto” … quasi sempre accompagnato da uno schiaffo dietro la nuca. Forse un modo affettuoso per farmi risvegliare dalla mia evidente “catalessi colloquiale”.

I tempi a cui mi riferisco, circa 60 anni fa, plasmavano le persone in modo certamente differente da come avviene oggi.
Specialmente in età giovanile, certi principi disciplinari venivano rispettati per un autentico senso di obbedienza anche se, ovviamente, non mancavano momenti di contestazione e di ribellione, che potevano manifestarsi in svariate maniere.

Ricordo un avvenimento che mi lasciò sbigottito quando un mio coetaneo, all’interno dell’Istituto, un ragazzo che è poi diventato nella vita un famosissimo attore comico romano (di cui non posso, per ovvi motivi, rivelare il nome) venire a diverbio con un sacerdote che aveva il compito di gestire le funzioni educative fondamentali (questa figura, allora, si chiamava “padre ministro”).
Dopo i primi alterchi i due vennero addirittura alle mani prendendosi a pugni e calci, cadendo tutti e due a terra. Questa scena, un prete con la tonaca nera e un giovane in abiti comuni, in colluttazione resta ancora viva nei miei ricordi, nonostante il tempo trascorso.

Ma questo fu un caso rarissimo perché la disciplina rigida era il punto fondamentale della nostra educazione.

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Cerimonia religiosa
L’autore, secondo da destra, in Istituto

Per noi la sveglia, tutte le mattine, era alle ore 6 e alle 6,30 la messa nella cappella dell’Istituto dove il momento più importante era la predica di un sacerdote a cui avevamo assegnato, in maniera piuttosto polemica, il soprannome di “il Savonarola”, storico predicatore del 1400 il cui tono minaccioso e terribile era molto conosciuto all’epoca.

Appena alzati da letto, dunque, ancora assonnati, la nostra mente veniva bombardata dalle minacce di castighi, punizioni divine, inferni di sofferenza se non ci fossimo conformati scrupolosamente ai doveri cristiani.
Poi la colazione nella sala refettorio, rigorosamente in silenzio, immagino per farci riflettere ancora sulle calamità che si sarebbero abbattute su di noi, in caso di una condotta cristiana non conforme al dogma, mentre si sorseggiava il caffelatte.
Per buona parte del resto della mattinata, dato che tra i miei coetanei ero l’unico studente a frequentare la scuola pubblica di pomeriggio, ero impegnato a fare il chierichetto durante messe celebrate da un padre ottantenne circa di cui l’unico ricordo che ho è la sorpresa, per un bambino di dieci anni, nella reazione quasi stizzata del sacerdote nel momento in cui, durante la messa, giungeva il momento di versare il vino dall’ampolla che tenevo in mano, verso il calice sacro tenuto dall’officiante.

Ebbene, nessun problema mentre il vino rosso scorreva.
Ma quando si trattava di versare un minimo di acqua, dopo il vino, alle prime gocce il calice veniva bruscamente sollevato per evitare che ne venissero versate ulteriormente.

Alla mia fantasia di bambino, l’unica spiegazione era che “il sangue di Cristo” non dev’essere annacquato! Ma con il passare degli anni, questa spiegazione innocente cedette il posto ad un’altra, leggermente più cattiva.

Comunque, per la mia funzione di assistenza chiericale protratta per anni, conoscevo tutta la relativa liturgia della santa messa e le invocazioni e preghiere pronunciate in lingua latina.

Il resto della giornata proseguiva in modo consuetudinario fino ad arrivare alla sera, prima di andar a letto, con le preghiere davanti alla statua della madonna.

Rigorosamente incolonnati, una serie interminabile di preghiere mescolate al senso di stanchezza e al sonno che non vedeva l’ora di essere placato.
Ma dentro di me le preghiere, oramai pronunciate a pappagallo, lasciavano il posto a domande che non avrebbero mai ottenuto una risposta: “Non sto qui per diventare prete… per quale motivo debbo osservare una così rigida disciplina religiosa, ecclesiastica la quale si affianca e a volte prevale sui miei impegni quotidiani di persona laica?”.

La risposta, naturalmente, non venne mai. La risposta fu solamente, oramai in età più adulta, la mia decisione, dopo aver avvertito mia madre, di andarmene una volta per tutte. Lo feci senza salutare!

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Ricordo di scuola
Ricordo di scuola

Fu così che divenni ateo? Naturalmente no… ancora no. Ma le premesse erano buone!
E così ho iniziato a chiedermi, anzi a rispondermi, su tutte quelle domande che i fedeli di una confessione religiosa spesso fanno ai miscredenti:

  • Forse la fede e la fiducia nella divinità e nell'aldilà, anche se fondate su affermazioni per le quali non ci possono essere prove, possono comunque essere considerate una forza per il bene?
    Per mia esperienza, no!
  • Ma forse offrono guide morali e codici etici senza i quali il mondo sarebbe un luogo crudele e tumultuoso?
    Per la mia esperienza, queste guide morali e codici etici erano essi stessi un luogo crudele e tumultuoso!
  • Molto di ciò con cui viviamo è metafora, anche se la metafora può essere compresa e validata solo da chi è in grado di comprenderla. Quindi, perché non dovremmo accettare una narrazione religiosa, indipendentemente dalla sua verità, come sostegno in questa attuale cultura relativista nella quale oggi viviamo, segnata dalla scomparsa della gerarchia e del significato delle cose?
    La risposta arrivò subito, su un binario preferenziale: per alcune vicende familiari non ho fatto il militare; anzi mi correggo, l’ho fatto a cominciare dall’età dieci anni ed è durato parecchi perché la stretta, rigorosa e a volte ipocrita gerarchia l’ho conosciuta nell’ambito della mia esperienza in ambiente religioso; ancor peggio di quella militare. Certe realtà si possono conoscere solo vivendoci dentro.
  • E che dire della spirituale immanenza divina che tutti sentiamo? Possiamo davvero negare che c'è un regno che la ragione, la logica, i microscopi non possono penetrare?

    Le regole di tutta l'attività intellettuale - sia scientifica che non scientifica - si riducono a un solo precetto, e cioè la prova delle affermazioni sull’incudine della logica e del fatto verificabile. In sostanza debbono avere, tutte, un senso razionale ed empirico.

Nei nostri discorsi ispirati ci preoccupiamo del destino di questa civiltà che, agli occhi delle gerarchie ecclesiastiche, andrà sempre peggio se non mettiamo riparo con la fede in Cristo.
Ma faremmo bene a riconoscere che la combinazione del potere, come quello che si è arrogato la chiesa nell’arco di duemila anni e della stupidità della gente, è ancora più terrificante.

Ad esempio il quarantaquattro per cento della popolazione americana è convinto che Gesù tornerà a giudicare i vivi e i morti nei prossimi cinquant'anni, e secondo l'interpretazione più comune della profezia biblica, Gesù tornerà solo dopo che le cose saranno andate orribilmente male qui sulla terra.

In Europa, nei secoli XIX e XX, le conquiste scientifiche, l’ideale della bellezza come simbolo di un mondo migliore, alimentata dalla esasperata moralità della classe media che proveniva dalla religione cristiana, sono stati tutti aspetti integranti del razzismo.
Libertà, uguaglianza e tolleranza potevano essere considerati realtà sociali solamente se potevano essere contemplate e applicate all’interno della difesa della razza.
A nessuno venne mai in mente che, in ogni tempo e in qualsiasi luogo, ognuno è il “negro” di qualcun altro.

Il cristiano crede che la sua confessione sia una fonte impareggiabile di bontà umana.
Crede che Gesù abbia insegnato le virtù dell'amore, della compassione e dell'altruismo, meglio di qualsiasi altro profeta che abbia mai vissuto sulla terra.
Crede che la Bibbia sia il libro più profondo mai scritto e che il suo contenuto abbia resistito così bene alla prova del tempo, che deve essere stato divinamente ispirato.

Il cristiano può dimostrare che Allah non è l'unico, il vero Dio?
Può dimostrare che l'arcangelo Gabriele non ha visitato Maometto nella sua grotta? Certo che no.
Ma, per lui, per il cristiano, non è necessario dimostrare nessuna di queste cose per rifiutare le credenze dei musulmani come assurde.
Secondo il cristiano l'onere della prova spetta a loro: dimostrare, cioè, che le loro credenze su Allah e Maometto sono valide.
Ma non possono farlo, ovviamente.
I musulmani semplicemente non stanno facendo affermazioni su una realtà che può essere dimostrata. Questo è perfettamente evidente, tranne ovviamente certe frange di estremismo, anestetizzate con il dogma dell'Islam.
Ma ogni musulmano devoto ha le stesse ragioni per essere musulmano; esattamente quelle che ha il fedele cristiano, per essere un cristiano. Eppure il cristiano non trova le loro ragioni convincenti.

Uno degli effetti più perniciosi della religione è che tende a separare la moralità dalla realtà della sofferenza umana e animale.
La religione permette alle persone di immaginare che le loro preoccupazioni siano morali quando non lo sono, quando cioè non hanno nulla a che fare con la sofferenza o il suo alleviamento.
In effetti, la religione permette alle persone di immaginare che le loro preoccupazioni siano morali quando sono altamente immorali, cioè quando queste preoccupazioni infliggono sofferenze inutili e spaventose su esseri umani innocenti.

Questo spiega perché i cristiani spendano più energia "morale" contro l'aborto, che combattere il genocidio.
Spiega perché sono più preoccupati per i pochi embrioni umani, che le possibilità della ricerca sulle cellule staminali, la quale potrebbe alleviare forme di malattia gravissima oltre a potenziali benefici per l’umanità intera.
E spiega perché si può predicare contro l'uso del preservativo nell'Africa sub-sahariana mentre milioni di persone muoiono di AIDS ogni anno.

Si crede che le preoccupazioni religiose sul sesso abbiano qualcosa a che fare con la moralità. Eppure, gli sforzi della religione per limitare il comportamento sessuale degli adulti consenzienti e persino per scoraggiare figlie e figli dal fare sesso prematrimoniale non sono quasi mai orientati verso il sollievo della sofferenza umana.

Si consideri, ad esempio, il papillomavirus umano (HPV). L'HPV è ora la malattia a trasmissione sessuale più comune negli Stati Uniti.
Il virus infetta oltre la metà della popolazione americana e provoca la morte di quasi cinquemila donne ogni anno a causa del cancro della cervice; il Center for Disease Control (CDC) afferma che Il papillomavirus umano è l'infezione a trasmissione sessuale più comune negli Stati Uniti. 

Alcuni tipi di HPV possono causare verruche genitali e sono considerati a basso rischio. 
Altri tipi sono considerati ad alto rischio, causando il cancro in diverse aree del corpo, tra cui la cervice e la vagina nelle donne, il pene negli uomini e l'ano e l'orofaringe sia negli uomini che nelle donne.

Il papillomavirus è così comune che quasi tutti gli uomini e le donne sessualmente attivi contraggono il virus ad un certo punto della loro vita.
Si stima che più di duecentomila muoiano in tutto il mondo. Ora abbiamo un vaccino per l'HPV che sembra essere sia sicuro che efficace.

Tre vaccini contro l'HPV - vaccino contro l'HPV 9-valente (Gardasil 9, 9vHPV), vaccino contro l'HPV quadrivalente (Gardasil, 4vHPV) e vaccino contro l'HPV bivalente (Cervarix, 2vHPV) - sono stati autorizzati dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense. Tutti e tre i vaccini proteggono contro i tipi di HPV 16 e 18 che causano la maggior parte dei tumori HPV.

Questo vaccino ha prodotto il 100% di immunità nelle seimila donne che lo hanno ricevuto come parte di uno studio clinico.

Eppure, i conservatori cristiani negli Stati Uniti hanno resistito a un programma di vaccinazione sulla base del fatto che il papillomavirus è un prezioso impedimento per il sesso prematrimoniale.
Questi pii uomini e donne vogliono preservare il cancro alla cervice come incentivo all'astinenza dal sesso, anche se ogni anno sacrifica la vita di migliaia di donne.

Non c'è niente di sbagliato nell'incoraggiare gli adolescenti ad astenersi dal fare sesso. Ma sappiamo, al di là di ogni dubbio, che l’insegnamento all’astinenza, da solo, non è un buon modo per frenare la gravidanza adolescenziale o la diffusione delle malattie sessualmente trasmissibili.

Infatti, i bambini a cui viene insegnata l'astinenza, da sola, hanno meno probabilità di usare i contraccettivi quando fanno sesso.
Ma, nel frattempo, questi adolescenti vergini sono più propensi dei loro coetanei a impegnarsi in sesso orale e anale, che secondo la morale cristiana è peccaminoso.
Quindi, la rigidità della fede cristiana si ritorce contro di essa.

Il problema è che i cristiani non sono principalmente preoccupati per la gravidanza adolescenziale e la diffusione della malattia. Cioè, non sono preoccupati per la sofferenza causata dal sesso; sono preoccupati per il sesso.

I missionari nei paesi in via di sviluppo sprecano molto tempo e denaro per fare proselitismo ai bisognosi; diffondono informazioni imprecise sulla contraccezione e sulle malattie sessualmente trasmissibili, mentre nascondono informazioni accurate.

Al contrario, i volontari di organizzazioni secolari come Medici Senza Frontiere non perdono tempo a raccontare alla gente della nascita vergine di Gesù. Né dicono alla gente dell'Africa sub-sahariana, dove quasi quattro milioni di persone muoiono di AIDS ogni anno, che l'uso del preservativo è peccaminoso.

Potremmo anche chiederci, di passaggio, cosa è più morale: aiutare le persone per la loro sofferenza, o aiutarle perché pensi che il creatore dell'universo ti ricompenserà per questo?

Madre Teresa è un esempio perfetto. “[Madre Teresa] non era amica dei poveri.
Era un'amica della povertà. Ha detto che la sofferenza era un dono di Dio. Ha trascorso la sua vita opponendosi all'unica cura conosciuta per la povertà, che è l'emancipazione delle donne e l'emancipazione da una versione da bestie della riproduzione obbligatoria”
.

Vi consiglio la lettura di un famoso libro di Christopher Hitchens, autore e giornalista britannico, scomparso nel 2011: “La posizione della missionaria”.
Una reale e veritiera revisione dell’immagine di Madre Teresa, aldilà delle sdolcinate e patetiche celebrazioni da parte di coloro che non l’anno conosciuta realmente, ma solo per adeguarsi al sentito dire.

Secondo un recente sondaggio Gallup, la notissima società americana di analisi, solo il 12% degli americani crede che la vita sulla terra si sia evoluta attraverso un processo naturale, senza l'interferenza di una divinità.
Mentre il trentuno per cento formato da persone per lo più aderenti al cristianesimo evangelico – per intenderci quello vicino al signor Donald Trump - crede che l'evoluzione sia stata "guidata da Dio".
Se la loro visione del mondo fosse messa al voto, la nozione di "progetto intelligente" cioè quello di Dio, sconfiggerebbe la scienza della biologia di quasi tre a uno.

Coloro che hanno il potere di eleggere i membri del Parlamento e non solamente negli Stati Uniti – insieme a molti che vengono eletti – come cristiani credono che i dinosauri vivessero a due, a due - maschio e femmina - sull'arca di Noè, e che i primi membri della nostra specie siano stati modellati dal fango e dal respiro divino, in un giardino con un serpente parlante, per mano di un Dio invisibile.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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