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Samuele Bersani: l’enfant prodige è un poeta adulto che canta

Samuele Bersani: l’enfant prodige è un poeta adulto che canta.

Ovazione a Sassari per il cantautore riminese. Manifesto Abusivo inaugura Abbabula, festival di parole e musica.

Una platea gremita di giovani e non solo, ha accolto e tributato il meritato successo a Samuele Bersani, intervenuto giovedì sera a Sassari, al teatro Verdi, ospite musicale nel festival Abbabula, giunto quest’anno alla sua tredicesima edizione. Il cantautore nato a Rimini, accompagnato sul palco dalla sua band di quattro musicisti, ha presentato il suo ultimo album, "Manifesto Abusivo" che titola l’omonimo tour che lo vede impegnato in tutta Italia.

Dopo 18 anni di luminosa carriera e nel pieno dei fatidici 40, relegare Bersani nel recinto o nel parco protetto della musica d’autore, neo melodica post anni ’70, sarebbe a dir poco riduttivo. Lo spettacolo assume un insieme nuovo dove le radici colte (difficile non cogliere la scuola di Lucio Dalla, peraltro mai citato da un allievo che ne ha superato il maestro nella mirabile "Canzone", scritta a quattro mani nel 1996), evolvono in improvvisazioni orali che spiegano i brani.

Metafore (l’iniziale rassegna stampa dei quotidiani che dedicano le prime pagine all’ Bersani, il segretario PD, è solo l’inizio di un gioco a doppi sensi) e poesie ancorate ad una realtà terrena che non sfugge: "Un periodo pieno di sorprese", prima della track list nel nuovo disco, esterna interrogativi non risolti, soffocati nell’ansia della solitudine. Altre, storiche, sono cantate con tutto il pubblico. Avviene subito all’inizio con "Spaccacuore", secondo brano nella scaletta di un programma che supera le due ore abbondanti, diviso in due tempi. Nei monologhi Bersani sfoggia una dialettica brillante che non allontana la tensione dal testo musicato, piuttosto lo arricchisce con aneddoti e flashback legati in gran parte alla sua infanzia. Dove è forte la presenza della madre e degli "altri", riconosciuti nei cantautori dell’epoca. Di questi, l’unico citato è il Faber, vero ispiratore del suo talento con tanto di leggio al seguito sul palco.


Le canzoni ricreano luoghi suggestivi, dove parole e musica (ottimi gli arrangiamenti di Giampiero Grani e compagnia) fanno molto cool con il pubblico corista: "Giudizi Universali" è un campione come "Il mostro", eseguita solo al piano. S’infittisce il contraddittorio con la platea: Samuele non trascura il loggione e le riflessioni diventano più intime, quasi come un confessionale amicale. Distinto, tiene bene a sottolinearlo, con rimarchi che accarezzano la finzione ("..siamo in una finta democrazia...") dai vari formati televisivi. La dissociazione dall’intrattenimento forzato mira più volte a personaggi telegenici in rosa, opportunamente rappresentate nella diarchia del piccolo schermo (la D’Urso x Mediaset, la Clerici per la Rai) ed al recente concertone del primo maggio romano di piazza San Giovanni.

Il rifugio dal trash mediatico, evita i riti usuali della retorica distribuita in mille rivoli, con la ricerca di canoni nuovi, diversi per ogni tappa del tour. Difficile da applicarsi ad una scaletta di un cantante pop ma originale nell’idea di Bersani nel personalizzare fortemente ciò che canta e racconta. Così "Sedici Noni" narra una attrazione fantasiosa per una ragazza bolognese incrociata nelle notti raminghe dopo le ore trascorse in studio.

Non manca l’introspezione sui temi etici e sociali: "Pesce d’aprile" è un panorama dissacrante sulle assurdità che imperano nella nostra società mondiale. Il brano associa la realtà cruenta dei conflitti ad un enorme e macabro scherzo. C’è un momento toccante dopo la parentesi pro Emergency che rievoca la tragedia di Enzo Baldoni, il reporter free lance ucciso nel 2002 in Iraq. "...Ho lasciato la mancia al boia per essere sicuro che mi staccasse la testa in una volta sola e ti assicuro non lo pagai sperando di fermarlo..・

L’incipit eloquente di ・Occhiali rotti・, ironica e sprezzante visione di un film già visto, "non merita" nuovo sdegno popolare per una abietta assuefazione alle tragedie globalizzate.

Applausi e ancora applausi, musica e atmosfere calde per luci soffuse e colori mediterranei. Sullo sfondo, i trailer in bianco e nero, proiettano un Novecento lontano, troppo vicino e ingombrante per essere sdoganato.

Nel mezzo un rapporto costante con il pubblico: ・parole scritte a macchina・ (parafrasando un altro grande autore) ma recitate con il cuore. La lunga fila di fan, assiepati fuori al camerino, protrae l’incontro ben oltre la mezzanotte, l’appendice più bella per il cantattore e poeta romagnolo. 

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