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Salvini corre ancora. Fase due

La giornata di ieri ha dato la dimostrazione plateale che la politica può essere ancora avvincente e financo spettacolare. Perché spettacolo c’è stato. Da circo Barnum, se vogliamo essere precisi, ma indubbiamente c’è stato. Addirittura qualcosa più di un caotico “popularsi di populismi” (copyright Manzo).

Al via dello starter un dignitoso discorso introduttivo del premier Giuseppe Conte che ha usato, verso il suo ex vice, parole taglienti, ma “di alto profilo istituzionale” (definizione forse mandata a memoria da una Paola Taverna che per l’occasione ha smesso i panni da borgatara). Anche se sarebbe più che lecito chiedersi, come hanno fatto poi Emma Bonino e Nicola Zingaretti, se tanto sdegno, pur condivisibile, era legittimo sulla bocca di uno che ha avvallato fino al giorno prima tutte le proposte salviniane comprese quelle di “basso e bassissimo profilo istituzionale”, tipo farsi salvare le chiappe in parlamento dalle accuse di sequestro di persona. Ma tant’è.

La giornata ha proposto anche altre perle di rara bellezza, da un Salvini che sembrava sgranocchiare un rosario in diretta tv facendo le facce da guitto e sgranando gli occhioni a ogni passaggio forte di Conte, fino a immortalare un annichilito san Luigi decollato che ha avuto per tutto il pomeriggio l’espressione tetra delle mummie aragonesi di San Domenico Maggiore a Napoli. Da un Morra che ha attribuito al leader leghista nientemeno che una messaggistica da ‘ndrangheta a un Renzi tornato in grande spolvero a occupare la scena (forse più che momentaneamente) dopo essere entrato in Senato scavalcando una transenna a mo’ di testimonial dell'Olio Cuore.

Per finire con la sorprendente farsa finale ­della mozione di sfiducia presentata, ma all’ultimo momento ritirata, dalla Lega stessa. Mossa a sorpresa che ha permesso un colpo di scena di rara intensità con cui Conte, mostrando l'ignudo petto al piombo nemico, ha solennemente levàto il suo grido di dolore: “se non avete il coraggio di farlo voi, lo farò io”.

Per ora ci è stato solo concesso di vivere la soddisfazione somma di vedere un Matteo Salvini ridotto a farsi vittima di un presunto complotto ­– un ipotizzato, ma poco credibile, inciucio di lunga data fra 5Stelle e PD – per impostare la prossima campagna elettorale all’ombra di rosari sbaciucchiati, Sacri Cuori e Grandi Papi, in cui cercherà di far dimenticare all’elettorato che dopotutto è stato lui a dar fuoco alle polveri che l’hanno arrostito, con un modus operandi di apparentemente incomprensibile stupidità suicidale. Segno forse di un delirio di onnipotenza che gli ha mandato in pappa il cervello oppure di una sottile strategia di cui ancora non si hanno segni manifesti.

Aveva in mano il governo, aveva accanto a sé un comprimario di tangibile inconsistenza e alta insipienza politica, aveva di fronte un'opposizione frammentata, titubante, intimorita e paralizzata dalle sue stesse controversie interne oltre che una serie di appoggi internazionali tutt’altro che trascurabili e sembrerebbe essersi azzoppato sparandosi da solo un colpo in un piede mentre maneggiava la pistola con cui teneva in scacco tutti.

Con il corollario ex post del procuratore di Agrigento che ha imposto lo sbarco dei migranti sequestrati sulla Open Arms e il sequestro dell’imbarcazione. Mossa che ha messo la parola fine a una vicenda ignobile quanto disumana oltre che palesemente fuori da ogni logica giuridica. Basti pensare che il primo migrante a tuffarsi in mare pur di rompere lo stallo, è stato un cittadino siriano; vale a dire una persona che, fuggendo da un conflitto, aveva il pieno diritto, internazionalmente riconosciuto, di ottenere l’asilo nel nostro paese, non di stare in balìa delle onde per settimane.

Per questa vicenda Matteo Salvini ha paventato una seconda denuncia per sequestro di persona, cosa che, se accadesse, lo troverebbe a chiappe scoperte con un parlamento non più amico. Rischia molto questa volta. Così come rischia molto a non essere più al governo e al Ministero dell'Interno nel caso emergesse qualche novità di peso dalle indagini sulla corruzione russa.

Questo - e, purtroppo, non altro (per ora e forse per lungo tempo) - sembra essere l'unico modo perché il disegno reazionario populista-sovranista vada incontro a una seria crisi. Fino a stoppare una Lega che oggi sembra aver subìto solo una battuta d'arresto (che, grazie al cielo, c'è stata, sia chiaro).

E fine, sembrerebbe, di questa storia. Da domani, a meno di novità imprevedibili (o quasi), ne comincerà un’altra. Che, inutile rifugiarsi in false speranze, si mostrerà anche più aspra.

Foto: Pietro Piupparco/Flickr

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