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Salvate il soldato Ronaldo

La Juventus rimedia l'ennesima figuraccia in campo internazionale​. In molti vedono il CR7 il maggior colpevole di questo triennio europeo fallimentare, ma in realtà le responsabilità vanno cercate altrove

Mentre la Juventus si lecca le ferite cagionate dall'ultima, ennesima, debacle in ambito europeo, ci si interroga su cosa abbia condotto anzitempo Madama fuori dal novero delle contendenti la Coppa dei Campioni.

POCO DA STARE ALLEGRI

Il regresso bianconero nell'habitat internazionale è iniziato nel 2018-'19, quando l'eliminazione patita contro l'Ajax ha riportato la Signora ai tempi di post Calciopoli, coi piemontesi di Antonio Conte che faticavano a far luccicare un blasone sin troppo scolorito dalla vicende che li avevano precipitati addirittura in Serie B . Dopo 2 Finali di Champions in cui ci si era arresi soltanto al cospetto di colossi del football come Barcellona e Real Madrid (ed un paio di eliminazioni a testa altissima contro Bayern M. ed ancora Real), la Juventus si era dovuta genuflettere al cospetto di un gruppo di giovani spavaldi ed irriverenti, inducendo l'establishment bianconero a dare il benservito a Max Allegri, dimenticandosi di 5 Scudetti, 4 Coppe Italia e di essere, in ambito europeo, tornati in auge dopo tantissimi anni, riassaporando certe notti proibite. Al suo posto Andrea Agnelli aveva chiamato Maurizio Sarri, sì, proprio lui, il nemico giurato dell'ancien régime veniva condotto sul pulpito del despota più tirannico, per sopraffare quella classe sociale di cui sino ad un attimo prima si professava il patrocinatore assoluto con tanto di spada fiammeggiante. Come volevasi dimostrare, l'amore non sarebbe mai nato, ed il tanto auspicato salto di qualità in Europa, nonostante si potesse disporre di un C. Ronaldo formato xxl, rimaneva recluso tra gli anfratti delle circostanze e di un livello tecnico non trascendentale, cui poco aveva fatto la società per affrancarlo dalla sufficienza (se si eccettua l'acquisto di CR7). Sicché, dopo un solo anno di matrimonio (che un po' a tutti era sembrato una forzatura in piena regola), la dirigenza bianconera decideva di separarsene, optando però per una scelta ancora più audace e per molti versi incomprensibile, ovvero consegnare le chiavi della squadra ad un neofita della panchina, Andrea Pirlo. Risultato? Di male in peggio. La Juve, dopo 9 anni di predominio staliniano, inizia a balbettare anche in Campionato, mentre in Europa, dopo l'illusorio 3-0 del Camp Nou, è già stata silurata agli Ottavi di finale, con le ambizioni europee che vanno a farsi friggere sul padellone delle drastiche illusioni.

LA PERSECUZIONE DI CRISTIANO

Una scoppola del genere, la terza di fila, dovrebbe indurre gli esperti a scorgere in Agnelli e compagnia i bersagli da colpire, eppure non tutti la pensano così, anzi. All'indomani della cocente eliminazione rimediata contro il Porto, infatti, stanno aumentando gli adepti di una sorta di club che potremmo chiamare, “il club dei 'persecutori' di Cristiano Ronaldo”, che sino a poche settimane fa vantava pochi iscritti, ma che adesso sta scalando molte posizioni fra le convinzioni degli opinionisti e pseudo-tali, secondo i quali la causa primaria di quest'inversione di tendenza post Allegri andrebbe ascritta proprio al bomberissimo portoghese. Cioè, paradossalmente, l'unico che in questo triennio internazionale ha saputo ammortizzare coi suoi gol e col suo carattere carismatico le manchevolezze di un team che senza di lui avrebbe faticato persino con le compagini di basso lignaggio. Colui che, con una tripletta da dio, consentì alla bagnarola bianconera di compiere una delle più grandi traversate oceaniche della storia, recuperando un Atletico M. che per poco l'affondava tra i flutti tempestosi, salvo poi andare alla deriva contro i baby aiacidi (e non certo per colpa sua: basterà rivedere il tebellino delle due partite per rendersene conto...). Mister 788 gol in carriera è stato altresì colui che l'anno scorso andò vicinissimo dal ribaltare il Lione, siglando una doppietta che purtroppo non servì, nonché l'unico che in quest'avvio di Champions, prima degli Ottavi, si era mostrato veramente in palla. Altro che principale imputato dell'eurodisastro. Semmai Ronaldo è l'uomo su cui si dovrebbe ripartire per ricostruire una compagine ormai trasformata da gruppo di giocatori in armi a gruppo di giocatori “in..ermi”, alla mercé di un Lione o di un Porto qualsiasi. Proprio il cannibale portoghese potrà essere il trait d'union fra questa Juve timida ed impacciata ed una prossima Juve che dovrà lanciare l'assalto alle proprie paure, alle proprie titubanze, alla propria inadeguatezza. Sarebbe controproducente e stupido come l'attacco giapponese di Pearl Harbor trovare in CR7 il capro-espiatorio. E poi perché incolparlo? Per aver toppato la prima partita decisiva della sua carriera? Premesso che una serata negativa può capitare a tutti (anche agli dei) e che il calcio è uno sport di squadra (le cui responsabilità individuali non sempre risultano disgiunte dal collettivo, come accadrebbe ad esempio nel tennis o nella scherma), ma siamo così sicuri che il match contro il Porto lo abbia fallito lui, o che piuttosto non sia stata l'intera Juve, l'intera società, a fallirlo?

LA CROCE DI ANDREA

Se proprio vogliamo trovare uno su cui gettare la croce, allora che la si getti sul Presidente Andrea Agnelli e sul suo “stato maggiore”, che a suo tempo si privò con imperdonabile leggerezza di un grande trainer (non ancora sostituito a dovere) qual è M. Allegri, che dopo un lungo periodo lugubre era riuscito sin dal suo arrivo a riportare Madama sui dossi più prestigiosi, conferendole (o meglio, restituendole) quella mentalità e quel carattere vincenti che sembravano smarriti. A rinvigorire le responsabilità di Agnelli e compagnia sulla dēmūtātĭo europea della Signora v'è stata la scelta azzardata ed insensata di avvicendare il tecnico toscano con coach non all'altezza, perdipiù mettendogli a disposizione giocatori al tramonto come Bonucci e Chiellini e ragazzi inesperti ed immaturi, dal talento indecifrabile come Demiral, Arthur, “Berna” o “Kulu”, che magari in prospettiva sono stati dei buonissimi investimenti, ma ai quali non ci si può affidare per rinascere dall'oblio della propria storia.

 

Foto di upstairsgbr da Pixabay 

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