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Russia nello spazio con la Cina contro l’embargo occidentale

Oleg Ostapenko, boss della russa Roskosmos, ha approfittato del China Airshow 2014 a Zhuhai, Cina meridionale, per contattare i cinesi in vista di eventuali joint ventures e collaborazioni.
 
L'embargo occidentale, a seguito della crisi ucraina - oltre al tracollo del Rublo - minaccia assai seriamente il programma spaziale russo, il più importante tra i fiori all'occhiello di Putin. La Russia infatti importa ben il 90% della tecnologia spaziale con cui costruisce i propri sistemi e vettori. La situazione cinese è invece diametralmente opposta con il 90% prodotto in casa e solo il 10% importato.
 
Sinora tuttavia tra i due Paesi le relazioni per l'aerospace sono state improntate da reciproca diffidenza: da parte russa, come risulta proprio da uno dei dossier Roskosmos, si lamenta la non condivisione tecnico scientifica e tecnologica dei cinesi; da parte cinese invece la scarsa qualità dei prodotti e dei materiali russi, specie dopo la precipitazione della sonda Phobos Grunt nel 2011 con a bordo tra l'altro un microsatellite cinese.
 
Per Ostapenko ormai le premesse per un capitolo nuovo e nuovi orizzonti - peraltro già avviato a giugno dal vicepremier Dmitrij Rogosin - ci sarebbero tutte: razzi vettori russi ed elettronica e componentisca cinese, una integrazione che risolverebbe tutti i problemi. I cinesi, dal canto loro, hanno proposto uno scambio di visite cosmonautiche: cosmonauti russi al modulo spaziale Tiangong 1 e cosmonauti cinesi alla stazione orbitale internazionale ISS, quest'ultima anch'essa invero impossibilitata dal veto USA.
 
Che ci sia già nell'aria qualcosa di più che delle semplici proposte da Airshow lo testimonia una dichiarazione di Lew Seljony, capo dell' IKI, l'istitituto russo per la ricerca spaziale, secondo il quale già a gennaio dovrebbero aversi i primi incontri tra gli scienziati dei due Paesi per elaborare le premesse concrete di una collaborazione.
Questo articolo è stato pubblicato qui

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