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Rosarno, il giorno dopo

Rosarno il giorno dopo. Sono arrabbiati i migranti, ce l’hanno con gli italiani e gli agenti che non si vedono mai e quando intervengono, secondo il loro sentire, succedono fatti come quello avvenuto l’otto maggio scorso nella tendopoli di S. Ferdinando. Teatro del dramma una baraccopoli dove alloggiano i nuovi schiavi del raccolto degli ortaggi. 

La tendopoli è nata dopo i fatti del 2010, quando scoppiò una guerriglia urbana per via del ferimento di due migranti; a distanza di sei anni nuove ombre si addensano su quest’amara e triste realtà. Sappiamo allo stato attuale dei fatti che è morto un migrante di nazionalità malese di 26 anni dentro il campo, dopo lo scoppio di una rissa. Rissa nata a quanto pare nell’emporio del campo per futili motivi, che ha visto l’intervento dei militari chiamati a sedare gli animi.

 La situazione però è sfuggita di mano e un carabiniere colpito in viso, aggredito anche con un coltello dalla vittima, si è difeso esplodendo un colpo con la pistola d’ordinanza, ferendo Traore morto dopo il ricovero in ospedale.

La tendopoli di S. Ferdinando accoglie attualmente 500 migranti che vivono nel degrado assoluto per mancanza di condizioni igieniche per l’assenza di fogne ed acqua. Allestita dalla protezione civile regionale, dove non opera nessuna associazione umanitaria per mancanza di fondi, vivere in simili condizioni è disumano. L’esasperazione è tale che basta un niente per dare in escandescenze, così come è stato per la vittima. Intanto il sindaco di Rosarno ha chiesto ad Alfano di smantellare la tendopoli simile alle baraccopoli di Calcutta, in quanto stando alle dichiarazioni del primo cittadino, di fronte ad un numero alto di migranti che arrivano quando è tempo di raccolta, non è possibile garantire né lavoro, tantomeno l’accoglienza.

Rosarno si trova in Calabria, terra di ndrangheta, dove ci sono i feudi di “gente di rispetto” che sfruttano le braccia di quanti venuti da lontano in cerca di un futuro, vivono nell’inferno. I caporali sfruttano la manodopera per tre euro l’ora. Uomini ridotti a bestie che devono comprarsi perfino una bottiglietta d’acqua; che quando è tempo di raccogliere gli agrumi mangiano arance a pranzo e cena, sfiancati da un lavoro che definirlo tale sarebbe una bestemmia. Chi l’avrebbe detto che un giorno ci saremmo trovati di fronte ad una miseria che più nera non si può, con tanti disperati che arrivano da lontano e sono ammassati in campi simili a lager e con una solidarietà di facciata, che se non è foraggiata smette di essere tale?

Alcuni sono privati anche del passaporto e della carta d’identità, fino a quando non soddisfano i bisogni del padrone e così il disagio diventa tale da far sì che un cerino provochi un incendio. Nessuno sa come si vive all’interno di questi centri. Sembrano luoghi la di detenzione ed i riflettori si accendono quando ci sono fatti drammatici come quello avvenuto l’otto giugno. Per la cronaca c’è da dire che il 24 maggio scorso un centinaio di migranti di origine eritrea ospiti del centro d’accoglienza Sant’Anna di Isola capo Rizzuto, hanno inscenato una protesta che si è spostata sulla statale 106 per il ritardo di una mancata consegna di sigarette e ricariche telefoniche. Due situazioni limite ovviamente, che dimostrano quanto la solidarietà per essere tale ha bisogno di soldi.

Una vera ipocrisia che registra in che tipo di situazioni vivono alcuni rispetto ad altri e che fa riflettere sul bisogno di cominciare a considerare persone, coloro i quali tentano una vita dignitosa, salvo ritrovarsi poi, vittima di speculazioni ed affari giocati sulla loro pelle. Che cosa sta succedendo, cosa ne sarà di tante persone che vivono in simbiosi coni topi, fra la melma senza nemmeno la possibilità di lavarsi?

La situazione è esplosiva e vorremmo che qualcuno invece di esercitare il buonismo a parole si facesse carico sul serio di programmare ed intervenire sul disagio dei poveri e degli schiavi che non sono dissimili da noi. I diritti appartengono Basta con gli schiavi. Pensavamo che il tempo della capanna dello zio Tom fosse soltanto un libro, ed invece sta diventando una triste realtà.

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