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Roberto Benigni e l’unità d’Italia

Esibendosi sul palcoscenico del teatro Ariston di Sanremo, un Roberto Benigni sottotono, meno istrionico e brillante del solito, ha celebrato con enfasi ufficiale il 150esimo anniversario dell'unità d'Italia, sudando e visibilmente a disagio a causa delle direttive imposte dai vertici Rai che lo hanno tenuto a freno, temendo evidentemente qualche frecciatina irriverente scoccata all'indirizzo del sultano nazionale. Ma l'unico sberleffo arguto è stato concesso nel momento in cui il giullare toscano ha menzionato un altro celebre Silvio, autore de "Le mie prigioni", alludendo ai guai giudiziari del premier. 

Nella circostanza sanremese il comico di Prato ha denotato una scarsa libertà istrionica e giullaresca, una vena poco caustica e creativa che ha sempre contrassegnato le sue performance. Senza vincoli Benigni era un ciclone travolgente di surrealismo e satira corrosiva, ma a Sanremo la sua solita verve ironica e dissacrante si è spenta per cedere il posto ad un’insospettabile fede patriottica. Si pensi alla retorica sciorinata sul palco dell'Ariston sul patriottismo e sulla sottile distinzione tra patriottismo e nazionalismo.

Invece, a voler essere davvero onesti intellettualmente, bisognerebbe ammettere che il patriottismo è l'anticamera del fanatismo sciovinista, quindi dell'imperialismo e del fascismo. Nella passerella filo-risorgimentale Benigni non ha mancato di esaltare persino i Savoia, definiti come la dinastia più antica d'Europa, come se il primato derivante da un'ascendenza secolare fosse un motivo di vanto, mentre avrebbe dovuto segnalare le gravi colpe, i demeriti e i crimini storici compiuti dai suddetti sovrani, che nei secoli si sono rivelati come la più sanguinaria, oscurantista e retriva fra le famiglie reali europee.

D’altronde, è estremamente difficile rendere giustizia a 150 anni di menzogne raccontate dai vincitori e a tonnellate di fango e ingiurie scaricate sulle vittime di una vera e propria invasione militare che è stata, come ogni processo di “unificazione” (o, per meglio dire, annessione) nazionale, un’aggressione barbarica e terroristica, una conquista brutale e sanguinosa che non ha avuto nulla di epico o romantico. Si pensi solo ai milioni di contadini meridionali assassinati dall’esercito occupante, non certo per essere "liberati" dall'oppressione della Casa di Borbone del Regno delle Due Sicilie, bensì per subire una spietata colonizzazione, un regime crudele e disumano come quello savoiardo, che ha saccheggiato le enormi ricchezze di un territorio che non era affatto povero come la falsa retorica dominante ci ha voluto far intendere per troppi decenni.

Non a caso nel 1920 sul giornale L'Ordine Nuovo da lui diretto, Antonio Gramsci scriveva le seguenti parole, denunciando con forza e chiarezza quella che fu conosciuta come la “Questione meridionale”: “Lo stato italiano è stato una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l'Italia meridionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori salariati tentarono d'infamare col marchio di briganti”.

Ma tant'è che Benigni di castronerie ne ha dette tante nella serata sanremese, anche a proposito dell'"eroico" pirata nizzardo e dell’astuto conte di Cavour, scorrendo una galleria di figure risorgimentali, noti esponenti della massoneria ottocentesca, fino ad indicare il premier britannico Winston Churchill come il "vincitore" del nazismo. Lo smemorato di Prato ha affermato una falsità storica dicendo che l'Italia sarebbe stata liberata nientemeno che da Churchill, sulla cui figura ci sarebbe molto da obiettare: basti dire che nel 1933 definì Benito Mussolini "il più grande legislatore fra i viventi".

L'aver attribuito al primo ministro inglese l'appannaggio esclusivo della vittoria sul nazismo rappresenta uno sbaglio eclatante commesso di proposito per compiacere i dirigenti RAI e i politici di destra seduti in platea. Ad aggravare le colpe di Benigni sono stati i mancati richiami alla Resistenza antifascista, per cui avrebbe dovuto ricordare quanto in termini di lacrime e sangue è costata la conquista della libertà al popolo italiano. Invece non ha proferito nulla a riguardo per non urtare la suscettibilità di qualche irascibile e nostalgico ministro presente in sala. Insomma, nell'intervento a Sanremo l'ispirazione ironica e mordace di Benigni è stata soffocata dalle direttive RAI, per cui l’artista toscano ha dovuto esibire una serie di corbellerie e falsità storiche. Si vede che con l'avanzare dell'età il povero giullare è diventato fiacco e remissivo, mentre agli esordi della carriera era un uragano incontenibile di sagacia, comicità e poesia.

Del resto, già nel film "La vita è bella" il Roberto nazionale ha preso un abbaglio clamoroso, mistificando la storia per accattivarsi le simpatie dello star system hollywoodiano e aggiudicarsi l’Oscar. Nel film attribuisce agli americani la liberazione di Auschwitz, quando entra in scena il carro armato con la stella bianca, mentre è noto che il 27 Gennaio 1945 (in tale data si celebra la Giornata della memoria) ad Auschwitz entrarono i soldati dell'Armata Rossa liberando i prigionieri sopravvissuti. E' vero che nel film non si specifica che il lager sia quello di Auschwitz, tuttavia lo lascia intendere chiaramente. Diciamo che è stata una "sviolinata" concessa ai signori di Hollywood.

Credits Foto: lanostratv.it

Commenti all'articolo

  • Di Diego (---.---.---.114) 22 febbraio 2011 17:03
    Diego

    Mi tolgo il cappello davanti al coraggio che hai dimostrato nello scrivere un articolo del genere. Hai perfettamente ragione: il risorgimento è un periodo con più ombre che luci. Un periodo nel quale vili saccheggi vengono spacciati per gloriose vittorie e mascalzoni innalzati ad eroi. Gramsci disse anche, riferendosi a chi costruì l’ Italia: "razza di furfanti, che prima faceste l’ Italia e poi la divoraste". Si sa come vanno queste cose: chi vince scrive la storia e detta la morale e quindi credo che questo articolo, molto vero, non riceverà l’ approvazione che merita, ma è importante che chi conosce la verità la dica. Ancora complimenti.

  • Di (---.---.---.83) 22 febbraio 2011 19:18

    Ti ringrazio per i complimenti. So che le mie, le nostre idee, che una volta si sarebbero chiamate "meridionalistiche" ed avrebbero ricevuto maggiore attenzione e rispetto, in un momento di falsa esaltazione e di strumentalizzazioni retoriche come quelle a cui assistiamo in questi giorni, almeno fino al 17 marzo prossimo, con una serie di cerimonie e ricorrenze da celebrare ma che saranno presto dimenticate, sono idee assai scomode e difficili da sostenere. Ma proprio per questo bisogna avere il coraggio di manifestarle, anche se bisogna procedere contro la corrente e in clima di ostilità e diffidenza, per cui si fa molta più fatica, ma la soddisfazione è senza dubbio maggiore...

  • Di (---.---.---.83) 22 febbraio 2011 19:20

    Scusa, ho dimenticato di mettere la firma: sono Lucio Garofalo, l’autore dell’articolo...

  • Di Diego (---.---.---.114) 22 febbraio 2011 22:55
    Diego

    Chi ti ha risposto è ligure, quindi in teoria non drovei essere troppo sensibile alla questione meridionale; ma quel poco di storia che so mi basta per affermare che il Regno Duosiciliano sotto i Borboni era uno degli stati più evoluti e floridi d’ Europa nel periodo pre-risorgimentale: uno stato che spesso fungeva da esempio e modello per gli altri. E fu questa ricchezza che fece gola ai Savoia (una casata che più volte nella storia diede prova di viltà) e spinse Garibaldi ad intraprendere la sua spedizione. Non c’e’ neppure da meravigliarsi che Garibaldi si alleò con la mafia per raggiungere i suoi scopi (esepio poi ripreso dagli alleati che presero il posto del fascismo conqusitandoci de facto). La tua gente paga ancora oggi, dopo 150 anni di storia, per l’ ingordigia di quei furfanti. Credo che se solo le genti del sud avessero coscienza del loro passato e riacquistassero l’ orgoglio perduto spazzerebbero via in pochi istanti tutte quelle mafie che dal risorgimento ad oggi vi logorano. Se ti può consolare (si fa per dire), la Serenissima Repubblica di Genova non ebbe migliore sorte o rispetto dai Savoia. Un saluto

  • Di Lucio (---.---.---.135) 23 febbraio 2011 15:56

    Il fatto che tu sia Ligure ed esprima una sensibilità meridionalistica che nemmeno molti meridionali che conosco dimostrano, è solo un ulteriore punto a tuo favore. L’aspetto che più mi ha indignato nell’esibizione di Benigni a Sanremo è proprio questa totale mancanza di sensibilità e, soprattutto, la disonestà intellettuale di un giullare (non lo dico in senso dispregiativo, anzi: nel Medio Evo i giullari di corte non erano semplicemente buffoni, giocolieri, cantastorie, poeti, attori, acrobati e saltimbanchi, e come tali addetti ai piaceri e ai divertimenti dei sovrani e del loro seguito di cortigiani, ma erano gli unici ad avere la "licenza" di criticare e sbeffeggiare il potere, dunque erano una sorta di antagonisti del potere) e di un artista che è stato premiato con l’Oscar proprio per la sensibilità manifestata nel film "La vita è bella" rispetto al tema dell’Olocausto, e che in altre occasioni si è rivelato sensibile ed aperto ad altre situazioni di sofferenza ed ingiustizia. Aggiungo che nell’esibizione sanremese la satira mordace e corrosiva di Benigni ha risentito delle briglie imposte dai vertici RAI, tuttavia questa “attenuante” non mi impedisce di criticare Benigni per le sue improvvide affermazioni storiche, anzi per le sue gravi dimenticanze storiche. A cominciare dal fatto che non ha mai sottolineato il carattere aggressivo e coloniale dell’unificazione nazionale, almeno per quanto riguarda il processo di annessione e conquista del Regno delle Due Sicilie, il successivo massacro delle popolazioni meridionali, l’estorsione e il saccheggio delle ricchezze del Sud. A mio modesto avviso, Benigni ha fin troppo esaltato il ruolo della casa savoiarda, mentre ha descritto i Borbone quasi fossero un cancro storico. Eppure, re Carlo di Borbone fu molto amato dai Napoletani, riuscendo ad entrare in sintonia con il popolo e fu artefice di un periodo di grande risveglio economico e culturale per il regno di Napoli dopo secoli di dominazione straniera. Proprio nel periodo di massima crescita avuto con Ferdinando II di Borbone, il regno precipitò improvvisamente nella miseria e nella disperazione a causa dell’avidità e della rapacità dell’imperialismo britannico e piemontese, che in pochi mesi affossarono i risultati positivi che i Borbone erano riusciti ad ottenere nell’arco di un secolo. Si pensi solo all’istituzione della comunità di San Leucio, che alla fine del Settecento rappresentava un esperimento sociale ed economico all’avanguardia. Senza dimenticare i numerosi primati che il Regno di Napoli vantava in diversi ambiti: economia, industria, giurisprudenza, assistenza sociale, scienza, arte e cultura. Pertanto, come si può continuare a credere alla mistificazione risorgimentale che descrive il Regno borbonico come il più regredito d’Italia? Come si può spiegare il fatto che prima del 1861 non esisteva praticamente il fenomeno dell’emigrazione, mentre dopo la cosiddetta "unità d’Italia" sono partiti quasi 20 milioni di contadini meridionali, in pratica un esodo biblico? Questo esodo e questo massacro furono accompagnati da una campagna ideologica per screditare il Mezzogiorno, di cui ancora oggi si avvale la Lega Nord. Per la serie "oltre al danno, anche la beffa". Insomma, per farla breve (si fa per dire) chiarisco che non sono filo-borbonico, ma ciò non mi impedisce di attribuire alcuni meriti storici importanti alla casa reale borbonica, così come non mi impedisce di riconoscere i demeriti e le colpe criminali dei Savoia. Potrei andare avanti, anzi andare indietro e criticare Benigni anche per le sue inesattezze a proposito della storia antica. Infatti, se bisogna rimandare a settembre Benigni in materia di storia contemporanea, bisogna altresì ammettere che il giullare toscano non è stato ineccepibile nemmeno rispetto ad alcuni passaggi sulla storia antica. Roberto Benigni non è certo uno storico, ma un giullare eccezionale, un poeta satirico irriverente e mordace, un maestro sagace della comicità e dell’ironia surreale. Quando l’estro istrionico e creativo di Benigni è ispirato ed è libero di esprimersi, può raggiungere vette artistiche sublimi. Ricordo altri monologhi di Benigni indubbiamente migliori di quello esibito a Sanremo. Aver messo le briglie alla genialità caustica e dissacrante di Benigni è un po’ come se un allenatore avesse imprigionato l’immenso talento calcistico di Maradona, costringendolo a giocare in difesa. Ho reso l’idea? Lucio Garofalo

  • Di (---.---.---.154) 23 febbraio 2011 17:12

    evviva siamo diventati tutti leghisti, da nord a sud. Per fortuna la mia unica figlia se ne andata a vivere in Inghilterra, abbandonando questo paese di matti e mafiosi.

  • Di Lucio (---.---.---.135) 23 febbraio 2011 17:16

    Cosa c’entra la Lega con il meridionalismo? Lo spirito leghista è esattamente antimeridionalista...

  • Di (---.---.---.82) 23 febbraio 2011 21:01

    Bell’articolo. Incluse le considerazioni che fai succcessivamente.

    Giuseppe Fusco

  • Di paolo (---.---.---.67) 24 febbraio 2011 00:11

    Mi permetto di fare alcune osservazioni . Benigni nella serata di San Remo non ti è piaciuto ,lo abbiamo capito . Ti aspettavi quel di più che non c’è stato , eppure sono bastati pochi secondi ed un paio di battute per graffiare più di Bersani negli ultimi due anni . Detto questo , non credo che Benigni in 51 minuti volesse rifare la storia d’Italia dalla Roma antica ai nostri giorni e non credo neppure che ci sia stata una mancanza di rispetto per il meridione e per la sua tragedia storica fatta di dominazioni ed esodi biblici .

    Ha tentato semplicemente di dare un senso ed un significato ad una identità nazionale che è indubbiamente molto difficile da raggiungere , esaltando alcune peculiarità culturali e storiche che sono ormai patrimonio comune .
    Io sono toscano e non ho alcuna difficoltà nel riconoscere profonde differenze tra un lombardo ed un napoletano . Il piemontese o il ligure è sicuramente culturalmente e quindi anche socialmente molto più simile ad un francese che ad un calabrese .Dicevo che sono toscano e francamente ho grosse difficoltà nell’accettare la mentalità di un campano o di un siciliano . 
    Tuttavia i meridionali ,o borbonici come tu giustamente li definisci , hanno speso vite per difendere i confini dell’Italia e hanno sputato sangue per far sviluppare l’economia del Nord . Ormai , nel bene e nel male , il paese è questo e sarebbe veramente paradossale se anche i meridionali cominciassero a emulare i leghisti veneti e bergamaschi .

    L’Italia è questa , una ed indivisibile , parte d’Europa che è parte del mondo e,soprattutto in questa economia globalizzata che sposta i baricentri in altre zone geografiche , diventa veramente demenziale e stucchevole questa polemica sul tricolore . Diamoci un taglio.

    ciao
  • Di Lucio (---.---.---.252) 24 febbraio 2011 16:35

    A questo punto mi associo anch’io al grido corale e patriottico di "W l’Italia" ed aggiungo "Non ci resta che piangere". Nel senso del titolo del celebre film che nel 1985 vide recitare insieme il noto giullare toscano e il grande e (giammai a sufficienza) compianto comico napoletano Massimo Troisi: un sodalizio umano ed artistico che, a mio avviso, costituisce un esempio straordinario di vera unità d’Italia...

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