Rimborsi elettorali, il tesoro dei partiti

Mi faceva notare un caro amico che Luigi Lusi è stato scoperto perché ha commesso un banale errore infantile: in un giorno ha emesso dodici bonifici per una cifra inferiore a 120.000 euro.

Nel suo conto in banca era depositato uno statuto che consentiva di fare tutto in automatico.

Al dodicesimo bonifico ha sbagliato, forse per stanchezza.

Ha scritto 130.000 e così il software in automatico ha inviato la documentazione alla banca d’Italia che ha inviato un ispettore il quale ha scoperto tutto.

Altrimenti nessuno avrebbe mai saputo nulla.

La stessa cosa è successa per i soldi leghisti a Cipro finiti poi in Argentina, dove un solerte funzionario ha inviato tutta la documentazione alla Banca d’Italia perché la formulazione era sbagliata.

Ciò che chiamiamo caso non è e non può essere altro che la causa ignota di un effetto noto: rubano!

Nel 1993 avevamo votato il referendum per eliminare la sovvenzione ai partiti e loro, che sono geniali, hanno ideato il rimborso elettorale.

Dopo i recenti scandali, e le polemiche che ne sono seguite, la Lega e l’Idv hanno deciso di rinunciare alla tranche di rimborsi elettorali che erano previsti per luglio, ma che dopo l'incontro tra i partiti di maggioranza è stata posticipata a data da destinarsi.

Ma perché non rinunciare prima dello scoppio degli scandali che hanno investito Lega e Margherita? 

Hanno fatto i pentiti di mafia: si pentono dopo essere stati catturati, mai prima.

Il tesoriere del Partito Democratico però, Antonio Misiani, ha dichiarato che il suo partito potrebbe chiudere battenti in mancanza di tali rimborsi: “L’anno scorso ci siamo dovuti far anticipare qualche milione di euro per arrivare a luglio”.

Ho paura che, a breve, tra una tassa e l’altra, ci verrà richiesto di aggiungerne qualcuna per aiutare i partiti in ristrettezze economiche.

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