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Riccardo Rasman: un nuovo caso Aldrovandi

Trieste, venerdì 27 ottobre 2006. E' sera. Riccardo Rasman (34 anni, in cura presso un centro di salute mentale, in quanto affetto da “sindrome schizofrenica paranoide”) viene visto da alcuni condòmini sul balcone di casa, nudo, intento a masturbarsi e a lanciare grossi petardi, uno dei quali esplode vicino alla figlia del portiere del condominio (che sta camminando per strada in compagnia del proprio cane), provocandole una sospetta lesione del timpano.

Gli inquilini dello stabile contattano le forze dell'ordine. Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi - componenti gli equipaggi delle Volanti 3 e 4 della Questura di Trieste - intervengono. Rasman li minaccia di morte, nel caso in cui entrino nell'appartamento. Gli agenti si informano in maniera sufficiente del suo stato di salute mentale e attendono più di 20 minuti nel tentativo di convincere l'uomo ad aprire spontaneamente la porta.

Anche se Rasman interrompe il lancio di petardi, al suo reiterato rifiuto di aprire la porta e senza attendere le informazioni richieste alla centrale operativa, i poliziotti sono costretti ad abbattere la porta d'ingresso e a fare irruzione nell'appartamento insieme a una pattuglia di Vigili del Fuoco.

A questo punto Rasman li aggredisce (mettendo così in atto le pesanti minacce rivolte poco prima), scagliandosi contro di loro con una violenza inaudita e ingiustificata, cagionando agli stessi alcune lesioni. Ne nasce una colluttazione al cui termine gli agenti spingono a terra l'uomo, lo immobilizzano, lo ammanettano e lo costringono a rimanere in posizione prona sul pavimento. A questo punto gli agenti salgono alternativamente sulla sua schiena, esercitando con le ginocchia una notevole pressione. Rasman si dimena, scalcia, si lamenta, respira con affanno, sempre più lentamente, finchè le sue capacità respiratorie si riducono in maniera significativa. Dopo circa 5 minuti e mezzo in simili condizioni, muore per "asfissia da posizione" e conseguente arresto cardiaco.

In tutti i gradi di giudizio - Gip di Trieste (sentenza del 29 gennaio 2009), Corte d'appello di Trieste (sentenza del 30 giugno 2010) e Cassazione (sezione IV penale, sentenza 6 settembre 2012 n. 34137) - i tre poliziotti sono stati giudicati colpevoli di eccesso colposo nell’adempimento del dovere e nella legittima difesa e di cooperazione in omicidio colposo (esclusa la legittima difesa, sono gli stessi, identici reati addebitati ai quattro poliziotti assassini di Federico Aldrovandi).

Nonostante i tre poliziotti siano stati giudicati colposamente responsabili della morte di Riccardo, i giudici hanno scisso in due parti l'intervento degli agenti: il primo legittimo e doveroso, il secondo illegittimo e penalmente rilevante.


1) Fino all'ammanettamento di Rasman l'intera condotta dei poliziotti è stata del tutto corretta e legittima, poichè caratterizzata dall'adempimento del proprio dovere e dalla legittima difesa. Gli agenti hanno agito in stretto adempimento dei propri doveri sanciti dal Codice di Procedura Penale, al solo scopo di porre fine a una situazione pericolosa per l'incolumità di terzi e dello stesso Rasman, posta l'evidente pericolosità derivante dalla detenzione di esplosivi da parte di una persona affetta da patologie psichiatriche. 

I giudici, il responsabile del Pronto Soccorso dell'Ospedale di Trieste e il direttore del Dipartimento di salute mentale di Trieste sono concordi nel ritenere che, spettando soltanto ai poliziotti decidere come agire e non sussistendo protocolli o disposizioni operative applicabili nel caso specifico, sarebbe stato del tutto irrilevante e inutile attendere lumi dal servizio di salute mentale o l'arrivo di un infermiere. 

Pertanto, aver fatto irruzione nell'appartamento di Rasman, averlo bloccato a terra in posizione prona e averlo ammanettato sono azioni per le quali non può essere addebitato ai poliziotti alcun rimprovero penale. 

2) Dopo l'ammanettamento, i poliziotti hanno indebitamente protratto - senza alcuna necessità - la contenzione sul pavimento di Riccardo, in maniera tale da impedire la funzionalità dell'apparato respiratorio per molto tempo, nonostante l'uomo fosse stato immobilizzato a terra, prono, con gli arti superiori e in inferiori legati, sanguinante dalla bocca e dal naso. Condizioni in cui non poteva di certo nuocere. In ciò va riscontrato, da parte dei tre poliziotti, il superamento dei limiti dettati dall'adempimento dei propri doveri e dalla legittima difesa.

Dopo l'immobilizzazione e l'ammanettamento, gli agenti hanno proseguito a premere a terra Rasman, in posizione prona, per più di 5 minuti e mezzo. Per cercare di sedarlo - avendo dato vita a una robusta e duratura colluttazione - gli agenti lo hanno mantenuto compresso a terra in posizione prona, memori del fatto che - dopo aver allentato la presa al termine della lotta sul letto, convinti di averne vinto l'opposizione - l'uomo aveva ripreso a lottare, profittando del loro rilassamento.

Così operando, tuttavia, gli imputati hanno frainteso il dimenarsi di Rasman (accompagnato dal colare del sangue dalla testa alla bocca, da una respirazione affannosa e da rantoli e lamenti uditi persino dai vicini di casa) con il persistere di intenti ancora bellicosi dell'uomo, senza minimamente intuire il pericolo - assolutamente prevedibile - di asfissia, quale concreto rischio per l'incolumità di Rasman, evitabile rimettendolo in posizione supina o comunque allentando la compressione sul torace e sull'addome. 

Anche considerando il presunto rischio di ricevere eventuali pugni o calci una volta "allentata la presa" (ipotesi più astratta che reale), esso non avrebbe dovuto dissuadere i poliziotti dal far assumere all'ammanettato una posizione consona a permettergli di riprendere le normali funzioni respiratorie, in base al prioritario rilievo della salvaguardia dell'incolumità di colui che si trovi sottoposto al loro potere. Tutto ciò in nome del principio fondamentale secondo cui l'impiego della coercizione e della forza fisica da parte delle forze dell'ordine è legittimo e giustificato solo entro i tempi e i modi strettamente necessari per immobilizzare e ammanettare una persona, la quale - resa innocua - deve solo essere protetta. 

Quindi, i poliziotti hanno commesso un errore imperdonabile, poichè frutto di imperizia, colposa negligenza e macroscopica leggerezza per non essersi accertati - una volta definitivamente immobilizzato a terra Rasman, così posto in condizione di non nuocere - del pericolo per la sua incolumità derivante dall'impedimento alla funzionalità respiratoria che la perdurante compressione sul tronco e sull'addome aveva cagionato tanto da provocarne la cianosi del volto (pur riscontrata dal capo-pattuglia della Volante 1 chiamata a rinforzo quando ormai era troppo tardi per impedire l'esito fatale).

Non è infatti necessaria una scuola di polizia per intravedere la sussistenza di notevoli rischi per l'incolumità di un soggetto che venga costretto a terra in posizione prona, sotto la pressione esercitata sul dorso con le ginocchia o con il peso di altri individui. Gli esiti di simili atti (in generale e soprattutto nel caso specifico, date le sopra descritte condizioni) sono così facilmente prevedibili da potersi senza dubbio considerare dati rientranti nel patrimonio di conoscenza comune. Chiunque, infatti, sarebbe stato in grado di intuire l'elevata probabilità di provocare la morte di una persona alla quale - già in fortissimo debito di ossigeno dopo un ingente sforzo fisico sopportato nell'ingaggio di una lotta violenta - venga impedita la naturale funzionalità respiratoria, circostanza palesemente riscontrabile - nel caso di specie - dall'affannosa respirazione di Rasman da una parte e dai suoi continui lamenti dall'altra.

La sua morte va dunque posta in relazione causale con l'ammanettamento di un uomo in forte debito di energia (per aver aggredito gli agenti), sul cui dorso i poliziotti hanno continuato a esercitare pressione per circa 5 minuti e mezzo. Insomma, dopo il legittimo ammanettamento, gli agenti hanno innescato un processo asfittico che ha cagionato la morte di Rasman, morte assolutamente evitabile se gli agenti avessero interrotto l'attività di violenta contenzione a terra, consentendo all'uomo di respirare normalmente. Ovvero se avessero agito secondo il comune buon senso e le regole della comune esperienza umana.


P.S. I tre poliziotti responsabili della morte di Rasman (Mauro Miraz, Maurizio Mis e Giuseppe De Biasi) sono stati condannati in ogni grado di giudizio a una pena di soli 6 mesi di reclusione ciascuno (sospesa dalla condizionale) e al risarcimento dei danni. 

Se dopo il caso di Federico Aldrovandi (identico nello svolgimento dei fatti criminosi commessi da alcuni membri della Polizia di Stato) qualcuno pensava ancora che l'Italia fosse un Paese civile e uno Stato di diritto, ora dovrà necessariamente ricredersi.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.191) 6 novembre 2012 18:51
    • La verità è scritta anche nella cartella clinica quella vera PERò ,perchè dopo qualche mese dalla morte di rICCARDO un psichiatra di Domio ci diede una cartella clinica solo descrivendo numeri. Avete mai visto che l’ospedale vi consegni una cartella clinica solo con numeri? Questo perchè per loro siamo solo numeri. Dalla vera cartella clinica dopo qualche anno- AALLORA- abbiamo scoperto che a nostra insaputa nel luglio del 2005 gli avevano cambiato drasticamente la cura, voi sapete che questo è molto pericoloso per la salute per prima cosa , poi sucessivamente scrivono che varie volte incoraggiavano la famiglia A denunciarlo, e negli ultimi mesi prima della morte hanno insistito di chiamare la polizia diverse volte, insistendo per portarlo via cosi’- SARà FINITA UNA VOLTA PER SEMPRE -ci dissero- noi ci siamo opposti e dopo circa 3 mesi il custode che lavora per il centro del csm di Domio chiamò la polizia .. il giorno dopo come riporta la cartella clinica fa rapporto a Domio - comportamenti clamorosi li chiama- non parla ne di petardi ne del ferimento a sua figlia- non poteva menzionarli dato che non era vero-E questa cartella clinica conferma che Riccardo viveva con i suoi genitori e che quindi non poteva essere di disturbo a NESSUNO in via Grego.Dato che nel mese di luglio i dottori sarebbero venuti con la polizia in casa dei genitori per portarlo via , non ci hanno mai spiegato perchè volevano fare questo dato che non esisteva un TSO, come non ci hanno mai spiegato perchè si sono inventati una motivazione con il custode per buttare giù la porta e colpirlo subito con il piede di porco. Ce da dire che il custode ha l’ ufficio sociale nello stabile a anche a disposizione dalla azienda sanitaria un telefonino che è disponibile a tutti dello stabile 24 su 24 se necessitano di assistenza dal distretto 3- che risulta essere il CSM di Domio. Cosi’ risulta che il custide era in servizio quella sera QUANDO chiamò la polizia, come lui dice 15 minuti prima dello scoppio del primo petardo, CHI CHIAMò IL CUSTODE QUELLA SERA ’? prima che la moglie chiami la CENTRALE di polizia 25 minuti dopo, parlando dei petardi , non era preoccupata per sua figlia ma per l’ascensore che non funzionava. Negli stessi minuti l’ ispettore afferma di aver ricevuto dalla CENTRALE notizia del ferimento al timpano di una ragazza. CI CHIEDIAMO COME FACEVA LA CENTRALE A DIRE UNA COSA DEL GENERE QUANDO LA STESSA MADRE NON NE PARLAVA????....

  • Di (---.---.---.191) 6 novembre 2012 18:59
    E noi vorremo sapere quali condomini ? dove si trovavano? per vederlo dato che il terrazzino è di muro e arriva più su della vita , videro i comportamenti clamorosi oltre i muri?? Vorremo sapere come, la ragzza che passeggiava con il cane sotto casa COME CONCLUSE, LEI !!! che era Riccardo al quarto piano ad aver lanciato il petardo !!! se immediatamente dice lei guardò in su e non vide nessuno??? Vorremo sapere come faceva a dire la centrale all’ ispettore un minuto dopo CHE LA MADRE PARLO’ CON LORO del ferimento al timpano di una ragazza quando la madre della ragazza non lo disse al telefono , parlò solo di petardi e dell’ascensore che non fuzionava!!!! AVEVANO DETTO anche CHE BEVEVA ... Volete sostenere a tutti i costi la vostra versione ,ora parlate di sospetto lesione al timpano!! RICCARDO LO AVETE MASSACRATO PER UN SOSPETTO!!!!???? disprezzandoLO callunnniandoLO, un ragazzo che se anche avesse fatto quello che dite non cera ragione di intervento con la forza e copirlo con il piede di porco e legarlo con il filo di ferro da uomini che si ritengono SANI DI MENTE. Dalla telefonata registrata delle vostre comunicazioni risulta che eravate preoccupati insistendo alla centrale di verificare se era LUI, insistendo di chiamare Domio o stanza 29 -ospedale dianosi cura- quando avete ricevuto CONFERMA Riccardo era già a terra legato, avete mandato via i vigili del fuoco , chiusa la porta , avete concluso il lavoro. COSI’ NON DISTURBERà PIù NESSUNO -avete affermato in questo modo che non è stato uno sbaglio- sulle scale avete scritto il suo cognome con la Z , lo avete cancellato con una riga sul cognome e una croce vicino , il lavoro era concluso . Avete messo una bottiglia di vino vuota fuori la porta per disprezzare la sua persona .. LE VOSTRE RAGIONI SONO AL QUANTO DISCUTTIBILI , difatti davanti al Giudice avete parlato solo della posizione ...
  • Di (---.---.---.191) 6 novembre 2012 19:24

    Sul sito http://www.illampeggiante.it/index....

    spigano il loro compito come polizia - SAPEVANO CHE SI TRATTAVA DI UN SCHIZZOFRENICO - ma allora non era un loro compito dato che non fanno parte della scquadra adetta per i TSO che si trovano in viale miramare a Trieste e questi sono chiamati quando hanno a che fare con questi tipi di persone,intervenire senza danni alla persona agitata gia per conto suo, Ma qui sono stati loro ad agitarlo senza bisogno , devono spiegare perchè si sono inventati la motivazione!!!!!! E QUINDI PERCHè SONO INTERVENITI invece come scquarda CELLERE?? Si stava forse in via Grego giocando una partita di pallone???

  • Di (---.---.---.191) 16 novembre 2012 13:21

    Non ci sono parole ma solo fatti amari

    VIDEO

    http://www.youtube.com/watch?v=yYbH...

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