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Il bar della legalità

A Torino, in via Veglia, al numero civico 59, esisteva un bar. Si chiamava "Bar Italia". Il proprietario era Giuseppe Catalano, classe 1942, nato a Siderno (Reggio Calabria) e residente a Volvera, nel torinese (ufficialmente il bar era registrato alla Camera di Commercio di Torino con il nome di "Impresa individuale Stalteri Albina", di proprietà della stessa, moglie di Giuseppe Catalano). Ebbene, Giuseppe Catalano era un affiliato alla 'ndrangheta (si è suicidato il 19 aprile 2012). Ma non un affiliato qualunque.

Secondo i magistrati era il capo del locale di Siderno a Torino e responsabile per Torino e provincia (i locali sono le articolazioni e le ripartizioni territoriali della mafia calabrese). Il "Bar Italia" era un luogo abitualmente frequentato dai mafiosi, costituendo la base logistica degli incontri e delle attività illecite delle più alte cariche della 'ndrangheta della provincia torinese. Ciò è tanto più vero se si considera che il locale mafioso di Siderno a Torino - retto da Catalano - era definito la "cosca del Bar Italia".

Si arriva poi al 31 maggio 2011, quando il Gip del capoluogo piemontese Silvia Salvadori firma un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 150 presunti mafiosi (148 in carcere e 2 agli arresti domiciliari). Tra loro vi è anche Giuseppe Catalano, detenuto presso il carcere di Monza dal 13 luglio 2010 a seguito dell'operazione "Crimine" condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria (gli inquirenti calabresi lo avevano individuato già all'epoca quale capo del locale di 'ndrangheta di Torino).

Ai primi di giugno 2011 scatta così in Piemonte la gigantesca operazione antimafia denominata "Minotauro". Per Catalano il giudice Salvadori ordina la custodia cautelare in carcere per i reati di associazione mafiosa e concorso in scambio elettorale politico-mafioso.

Secondo i magistrati, infatti, i promotori della campagna elettorale per Fabrizio Bertot - candidato per il Popolo della Libertà nella circoscrizione Nord-Ovest alle elezioni europee del 6 e 7 giugno 2009 - avevano promesso di elargire 20.000 euro a Giuseppe Catalano (esponente apicale della 'ndrangheta piemontese) e a Giovanni Iaria (affiliato al locale mafioso di Cuorgnè) per ottenere a vantaggio del politico il voto della "rete dei calabresi". Catalano e Iaria avevano accettato la promessa, impegnandosi a convogliare i voti degli "amici degli amici" sul candidato berlusconiano. Sarà stata sicuramente una coincidenza, ma Bertot sarebbe poi stato eletto al Parlamento europeo, di cui è tuttora membro.

Nel corso della stessa operazione "Minotauro" il "Bar Italia" di Catalano è posto sotto sequestro. Il 1° febbraio 2013 viene concesso in uso alla cooperativa sociale e di consumo "Nanà" (legata all'associazione "Libera" di don Luigi Ciotti), la quale ne riceve gratuitamente la licenza e la strumentazione, ma non i localiTre mesi dopo, il 3 maggio, è inaugurato, dando il via alla nuova gestione. Nasce così il "Bar Italia Libera".

Del 5 marzo scorso è infine la notizia che la Cassazione ha definitivamente sancito la confisca del bar alla famiglia Catalano. Là dove spadroneggiava la 'ndrangheta, oggi si pratica (e si gusta) la legalità.

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